Libri per appassionati di archeologia (e storia antica) da regalare a Natale

Disclaimer: questo post è valido tutto l’anno e vuole essere un suggerimento per letture di argomento archeologico/storico con un taglio saggistico e di ampio respiro, adatte a tutti i lettori che siano appassionati di archeologia, di storia antica e, perché no, di mitologia.

Sono tutti saggi divulgativi eccetto uno, un romanzo di un giovane storico italiano esordiente, che mi sento di consigliare perché i giovani talenti vanno assolutamente incoraggiati! Non si tratta di novità editoriali, ma di saggi che trattano temi tutto sommato originali nella loro ricerca, senza dubbio intriganti (anche se, certo, è questione di gusti)

Ma andiamo con ordine. Ecco i saggi che voglio consigliarvi.

Martin Zimmermann, I Luoghi più strani del mondo antico, Einaudi 2019

Ho trovato questo saggio davvero curioso. Il titolo non corrisponde a verità. Non si tratta dei luoghi “più strani” del mondo antico. Ma certo si tratta di luoghi peculiari, ciascuno a suo modo. Si attraversa il mondo classico, greco e romano, da parte a parte, da est a ovest del Mediterraneo. Si incontrano città, passi di montagna, memoriali, mauseolei, luoghi non necessariamente noti, anzi sconosciuti ai più, ma che raccontano storie di una forza incredibile.

I luoghi scelti sono esemplificativi di alcune tematiche molto esemplificative: i punti centrali della terra legati agli inizi del mondo (come l’adyton di Delfi o l’umbilicus urbis di Roma); le città fantasma; i luoghi dei vincitori (come il Trophaeum Augusti a La Turbie, Costa Azzurra, Francia); i luoghi dell’amore (come la tomba di Cleopatra e la città di Antinoupolis); e ancora i luoghi della guerra (tra cui Vindolanda); i luoghi del divino e i luoghi del sapere (come la biblioteca di Assurbanipal a Ninive); infine i luoghi dell’orrore e della morte e i luoghi ai confini – o oltre i confini – del mondo (come Thule o le porte dell’Ade).

Si tratta di un saggio che offre infiniti spunti di riflessione sull’antico e sull’immaginario classico e preclassico. Per quanto mi riguarda, mi sono focalizzata su un aspetto: per la prima volta infatti, grazie a questo saggio, ho focalizzato il concetto che anche nell’antichità esistesse una qualche forma di turismo, tale per cui chi se lo poteva permettere visitava quei luoghi che sulle guide dell’epoca erano consigliati, oppure attorno alle quali si erano creati dei falsi miti, quasi dei moderni parchi a tema. Ho trovato tutto ciò meravigliosamente moderno.

Giorgio Ieranò, Eroi, Feltrinelli 2013

Già dal prologo si intuisce l’intenzione dell’autore: “Il mestiere dell’eroe“. Perché nella mitologia greca l’eroe è un essere, non un personaggio, del tutto particolare, a metà strada tra il divino e l’umano. Solitamente costretto o destinato a compiere imprese che gli diano la gloria, ma anche vittime di un destino che dimostra tutta la sua follia, o il suo genio. Cito direttamente l’autore: “L’eroe è colui che libera il mondo dai mostri, che dissolve le tenebre dall’orrore, che porta la civiltà laddove esiste solo la vita selvaggia“. Ma l’eroe è molto di più. E le sue gesta sono state raccontate di volta in volta in miti, nell’epica, nelle tragedie, nei poemi greci e nelle odi latine. E gli eroi sono tanti nella mitologia greca, e i nomi li conosciamo benissimo, a partire da Giasone, Eracle, Teseo, Perseo, Edipo, Orfeo, Achille e Ulisse.

Noterete che in quest’elenco, accanto a eroi figli di una divinità, come Eracle o Achille, si affiancano personaggi che sono diventati eroi per le loro imprese, primo tra tutti Ulisse, e poi Teseo, Perseo, lo sfortunato Edipo. Il volume offre una formula letteraria interessante, in cui lo storytelling gioca un ruolo fondamentale. Ovvero, siamo davanti a un saggio romanzato, in cui ogni eroe diventa protagonista di una storia e noi siamo partecipi delle sue vicende, dei suoi drammi interiori, delle sue vittorie e soprattutto delle sue sconfitte. Che assumono sempre una dimensione umana, dopotutto.

Danielle Jouanna, Vicino, lontano. Come i greci vedevano il mondo, Carocci 2020

Come immaginavano il mondo i Greci? Quali erano i confini fisici del loro mondo e dove iniziava l’immaginazione? Come venivano recepiti dalla gente comune i luoghi narrati nell’epica prima e poi dai primi viaggiatori e geografi?

Non è un libro di archeologia questo, ma un libro di storia della geografia delle origini, e dell’immaginario collettivo legato all’altrove, lungo tutto il corso della storia greca. Si spazia tra tutte le fonti letterarie possibili per l’età greca: dall’epica alla filosofia e alla drammaturgia, dai trattati di geografia ai saggi storici (se così si può definire l’opera di Erodoto). E’ anche un saggio sui viaggi nell’antichità, sulla necessità dell’uomo di conoscere, di segnare e misurare ciò che è noto e allo stesso tempo di voler superare i propri limiti e orizzonti per andare oltre, a esplorare sempre più. Talvolta, questi territori lontani sono descritti con toni favolistici, le popolazioni hanno abitudini sovrannaturali. Ma sempre più spesso, col passare del tempo, al racconto quasi mitologico si sostituisce una descrizione più puntuale, antropologica nel senso moderno del termine, quasi.

Quando il mondo diventa misurabile e descrivibile, vuol dire che le distanze si sono accorciate e che si sono stabiliti nuovi confini e nuovi orizzonti. Il saggio è interessante perché racconta un aspetto dell’immaginario greco che si intuisce, ma non si approfondisce, nell’epica, nella filosofia e nella storiografia greca, ateniese in particolare.

E.H. Cline, 1177 a.C. Il collasso della civiltà, Bollati Boringhieri 2014

Personalmente non sono un’esperta del Vicino Oriente Antico, per cui la lettura di questo volume mi ha ampliato davvero degli orizzonti. Lo scopo del saggio sta tutto nel titolo: cercare di capire perché a un certo punto, nell’XI secolo a.C. si sia riscontrato nel Mediterraneo orientale un sostanziale collasso di tutte le civiltà che durante l’età del Bronzo avevano governato, costruito, commerciato, ampliato i propri orizzonti.

Il sunto da cui parte il libro di Cline è proprio questo: nell’Età del Bronzo il mondo mediterraneo era una società globalizzata, proprio come ora (fatte salve le opportune differenze in materia tecnologica e non solo), nella quale i singoli stati commerciavano, scambiavano merci e doni con gli altri stati del Mediterraneo, ogni tanto si combattevano in guerra ma poi, ristabiliti gli equilibri, tornavano a commerciare e a scambiarsi missive con una certa intensità.

La domanda, provocatoria, Cline non la enuncia mai direttamente. Tuttavia da più parti emerge nel libro il confronto con l’oggi, con la nostra società globalizzata. Nell’approccio scientifico che lo contraddistingue, Cline dice fin da subito che ci sono pesanti analogie tra la società contemporanea e quella antica, e che tutto va passato sotto il filtro della teoria della complessità. Il che significa, in soldoni, che esistono infinite variabili per le quali un corso comportamentale lineare si modifica.

Se il filo conduttore e lo scopo del volume è spiegare il collasso delle civiltà del Vicino Oriente antico intorno al 1177 a.C., questo libro ha senz’altro un altro merito: raccontare una serie di microstorie, microscoperte e microracconti con i quali ci spiega ancora meglio e sempre di più il carattere globalizzato del Mediterraneo nell’età del Bronzo.

Nunzio Giustozzi, The Colosseum Book, Electa 2017

Per noi oggi il Colosseo è un’icona: in Italia è il simbolo della cultura, dell’archeologia, della romanità e dell’essere italiani. Il Colosseo è probabilmente, insieme alla Basilica di San Pietro, il monumento italiano più noto presso tutta la popolazione italiana. Il Colosseo di fatto è un’icona. Questo vuol dire che è un monumento che ha attraversato i secoli non solo sopravvivendo alle distruzioni e agli stravolgimenti della Storia, ma anche divenendo oggetto e soggetto di artisti e opere d’arte lungo tutto il corso della storia.

Il volume di fatto percorre la storia del monumento in età postantica basandosi principalmente sulle fonti iconografiche. Una bella sezione è dedicata all’età contemporanea, che è quella in cui noi siamo immersi, per cui forse non ci rendiamo conto di certe finezze artistiche e architettoniche. Il saggio è molto accattivante, con un ricco apparato iconografico – non potrebbe essere altrimenti – e con un altrettanto valido apparato critico.

Per approfondire: The Colosseum Book: l’immagine del Colosseo nei secoli

Giulio Guidorizzi, Silvia Romani, La Sicilia degli Dei, Raffaello Cortina Editore, 2022

Una guida della Sicilia, sulle orme del mito. Questo è il fine de La Sicilia degli Dei, che nel sottotitolo lo dichiara espressamente: “una guida mitologica“. Percorriamo così l’isola da una parte all’altra, compiendo un periplo che dalle Eolie e lo Stretto di Messina, scende lungo la costa orientale toccando Taormina, Catania e l’Etna, si sofferma su Siracusa, si addentra poi nel cuore dell’isola, tra Enna e Morgantina, per tornare sulla costa che guarda dritta in faccia l’Africa, e quindi Agrigento, Mazara e Selinunte; infine risale a nord-ovest, a Mozia e Palermo e chiude con un approfondimento su Eracle in Sicilia.

Approccio narrativo interessante, che si completa con un ricco apparato iconografico e con i disegni in stile carnet de voyage che aprono ogni capitolo e che meglio ci accompagnano in questi luoghi sospesi tra il presente contemporaneo e il senza tempo del mito. E siccome il mito è racconto, i racconti all’interno di questa guida sono tantissimi, non solo relativi al passato greco dell’isola, ma anche più recente: racconti mai scontati, racconti che dimostrano come gli dei non se ne siano mai andati dall’isola.

Nicola Terrenato, La grande trattativa. L’espansione di Roma in Italia tra storia e archeologia, Carocci Editore 2022

Quello della romanizzazione dell’Italia antica è un tema storico – e archeologico – al centro di un dibattito destinato a non esaurirsi mai. Il tema non rimane rinchiuso tra le mura accademiche: la mostra del 2021, Tota Italia, alle Scuderie del Quirinale, aveva per tema proprio questo: il percorso della romanizzazione, intesa come conquista graduale dell’Italia da parte di Roma lungo il corso dell’età repubblicana, concludendosi con Augusto, sotto il cui impero, come scrisse nelle sue Res Gestae (riportate oggi nel Museo dell’Ara Pacis, copia fascista del Monumentum Ancyranum che riporta appunto le Res Gestae Augusti) costituì tota Italia conducendola diversis gentibus una.

La corrente storiografica prevalente vede la romanizzazione quale conseguenza di una serie di guerre condotte da Roma contro tutti i popoli italici da Nord a Sud della penisola, dai celti ai Liguri, dagli Etruschi, ai Sanniti, ai Piceni, dai Dauni e Messapi ai Brettii, solo per citarne alcuni. E in effetti come dimenticare le Guerre Sannitiche, la conquista di Tarentum, e prima ancora l’espansione nel Lazio a danno degli Etruschi da una parte, di Equi e Volsci dall’altra (e sto ancora ulteriormente semplificando). In maniera meccanicistica la romanizzazione viene spiegata così: Roma combatte e conquista, i territori conquistati adottano le forme amministrative romane e pian piano iniziano a parlare latino, ad affiancare alle proprie divinità le divinità romane, in una parola si romanizzano.

Nicola Terrenato nel suo saggio spiega che così è troppo semplice, che bisogna mettere sul piatto della complessità di un processo di lungo periodo come quello della romanizzazione, diversi aspetti di cui quello militare e di conquista è solo uno tra i tanti. L’autore approfondisce in particolare le connessioni che si creavano di volta in volta tra le élites locali e Roma e mette il ruolo della diplomazia sullo stesso piano di quello della guerra. Da qui il titolo, La grande trattativa, che si comprende solo se si guarda, effettivamente all’importanza che le contrattazioni, la diplomazia, i rapporti interpersonali giocarono in quella fase.

IL ROMANZO STORICO: Fabrizio Roscini, Il figlio d’Europa, 2022

Dal punto di vista storiografico, il periodo tardoantico, soprattutto il momento di passaggio tra la caduta dell’Impero Romano d’Occidente e i decenni immediatamente successivi, è un periodo piuttosto oscuro e incerto, confuso, nel quale si presentano sulla scena nuovi attori – i famosi Barbari – mentre la stella di Roma tramonta per sempre.

Il romanzo storico “Il figlio d’Europa” di Fabrizio Roscini si sviluppa proprio in questi anni cruciali, andandosi a infilare nei meandri di una storia che conosciamo davvero poco, anche perché abbandona il terreno forse più comodo dell’Italia post 476 per spostarsi in Gallia, alla corte di Clodoveo. L’incertezza nella storiografia deriva dall’incertezza che regnava effettivamente in chi affrontò quei momenti di passaggio, con i Romani rimasti senza i vecchi punti di riferimento amministrativi, politici e giuridici innanzitutto, i Barbari che volevano inserirsi in questo vuoto cercando di prendere il posto, ma al tempo stesso senza comprendere tutte le dinamiche di una burocrazia, intesa come macchina amministrativa, che era stata fino a un momento prima capillare ed efficiente. Pagina dopo pagina si coglie il senso di straniamento, di crisi, di cambiamento senza sapere dove si andrà a finire. Si colgono le atmosfere, nei palazzi antichi decadenti, nelle chiese nuove e splendenti, negli accampamenti e nelle ville. E si colgono i drammi interiori dei personaggi, molto sfaccettati, mai troppo buoni né troppo cattivi. O forse no. Un romanzo interessante, assolutamente da leggere.

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