Instagram è il mezzo, il fine è l’evento culturale…

Nel bene e nel male, instagram è sulla bocca di tutti: chi lo condanna perché scattare foto con lo smartphone applicando dei filtri non è fare fotografia; chi lo esalta perché vi vede la funzione social della condivisione; chi proprio per questo lo condanna, perché è una condivisione portata agli eccessi (cosa mangio, cosa indosso, cosa vedo dal finestrino bagnato dell’auto, quanto taggo tutto ciò…); chi sapientemente sfrutta la tensione alla condivisione per creare occasioni. Occasioni che escono dal virtuale ed entrano dirompenti nel reale; occasioni che creano socialità vera, incontro e, perché no, crescita culturale.

Queste riflessioni nascono all’indomani (in realtà già in corso d’opera, ma ora hanno forma più compiuta) dell’instameet che si è svolto ieri a Firenze, organizzato da InstagramersItalia nei suoi distaccamenti toscani. L’instameet prevedeva un tour a piedi per le vie di Firenze, lungo le quali ogni partecipante doveva scattare foto, con lo smartphone, instagrammarle e taggarle con #instameettoscana2012, #igerstoscana e #firenzecard. Uhm, tag interessante quest’ultimo. Ma andiamo avanti. Il ritrovo era alle 15.00 in P.za Santa Maria Novella; alle 16.30, poi, i primi 50 iscritti all’instameet avevano l’occasione di visitare gratis la mostra, allestita presso la Strozzina, “Francis Bacon e la condizione esistenziale nell’arte contemporanea“, mentre tutti gli atri potevano visitarla al ridicolo prezzo di 3 €, non senza aver avuto prima un’introduzione guidata per meglio comprendere un artista altrimenti sconosciuto a buona parte dei presenti e una mostra di non immediata comprensione. Alle 17.30, quindi, i partecipanti potevano andare anche a Palazzo Vecchio ed entrare gratuitamente al Salone dei Cinquecento. La serata si concludeva poi con un aperitivo al Caffé delle Oblate.

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Ciò su cui mi voglio soffermare è che, con la scusa delle “fotine” (come le definiva ieri sera @_Robertina__ su twitter) è stato creato quello che a tutti gli effetti è un evento culturale: gli organizzatori hanno trovato un partner, la Firenze Card, una collaborazione con la Strozzina e una con Palazzo Vecchio. Non mi soffermo più di tanto su Palazzo Vecchio nel quale si poteva entrare per ammirare, e naturalmente fotografare, gli splendidi affreschi del Salone dei Cinquecento. voglio invece riflettere sulla visita alla Strozzina. Riccardo Lami, che ci ha illustrato la mostra prima della visita, è stato talmente bravo da trovare la chiave di lettura per entusiasmare gli instagramers presenti: anche Francis Bacon era un manipolatore di immagini, e di immagini fotografiche, sulle quali interveniva fisicamente, stropicciandole, ritagliandole, macchiandole; manipolatrice è anche Annegret Soltau, che ritocca le sue foto autoritratto cucendoci sopra fili neri che disegnano vere e proprie trame, mutando la fisionomia. E ancora: Bacon vuole che il pubblico entri in contatto con le opere, si rifletta in esse non solo concettualmente, ma fisicamente, attraverso il vetro che lui vi appone sopra, così ognuno vede riflesso se stesso, e diviene parte integrante del messaggio dell’opera. Gli instagramers così istruiti potevano fotografare tutto quanto all’interno della mostra colpisse il loro interesse. Dall’esterno diventa anche interessante vedere la mostra con i loro occhi, dall’interno è stato interessante ponderare ogni scatto, non fare foto per il gusto di farle, ma andando dietro a un intento, che fosse estetico, di suggestione, di documentazione o di esperimento/esperienza non importa. Paradossalmente, lasciati liberi di scattare, abbiamo scelto con cura i nostri soggetti, realizzando pochi scatti che avessero un senso per noi. E questo è un bel segnale, un’inversione di tendenza rispetto a quella bulimia fotografica che spesso prende i visitatori dei musei – soprattutto i più giovani – che scattano senza neanche guardare. Un ritorno ad un uso consapevole del mezzo fotografico, insomma.

Francis Bacon, Turning figures, Strozzina

F. Bacon, Turning figures. Francis Bacon vuole che il pubblico si rifletta nelle sue opere, così questa foto, che sembra mal fatta con lo smartphone, acquista tutto un nuovo significato

La possibilità di visitare una mostra gratuitamente o quasi all’interno di una manifestazione apparentemente frivola come un raduno di instagramers deve far riflettere. Perché con la scusa delle “fotine” sono state trascinate alla mostra persone che altrimenti (mi sento di poter dire) non l’avrebbero mai visitata (io compresa, eh?) e che sono uscite da lì con qualcosa in più da raccontare, da condividere. Con la scusa di instagram i partecipanti sono stati attirati come api sul miele a visitare una mostra di non facile lettura, cosa che hanno vissuto con partecipazione e interesse. L’evento, in questo caso, è stato promosso “dal basso” vvero dagli instagramers promotori dell’iniziativa. In una parola, dal pubblico. Ma.. e se fossero le strutture museali a proporre eventi di questo tipo? Se la prossima volta fosse il museo che contatta gli @igersitalia per promuovere se stesso creando un evento culturale tutto da fotografare? E’ un’idea che si può sviluppare, basta che il museo ci pensi. E poi è davvero a costo zero, basta solo saper fare la giusta promozione su internet: l’evento di ieri aveva avuto un’ampia pubblicità online già prima, ma ieri – e stamani con un articolo a doppia pagina sul Corriere Fiorentino e La Nazione online – ha avuto anche un risalto mediatico non indifferente. Solo una nota negativa, ma non è certo colpa degli organizzatori: con una sola eccezione, grandi assenti erano i più giovani, gli adolescenti e i ventenni, quelli che spippolano tutto il tempo col cellulare e quindi con instagram e che ti aspetteresti di vedere in massa; ho intercettato il discorso di un’insegnante che lamentava il fatto che aveva invitato i suoi studenti a partecipare, ma nessuno ha raccolto. E dire che era sabato pomeriggio. E il segnale non è per nulla positivo: i nativi digitali sono i grandi assenti di questa manifestazione 2.0.

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L’articolo a 2 pagine de Il Corriere Fiorentino dedicato all’instameet di Firenze. Foto di @igersitalia

Ma non voglio concludere con questa vena di tristezza, voglio invece ancora ribadire che se questa volta l’occasione per l’evento culturale è stata voluta e creata dal pubblico, dal fruitore, la prossima volta dovrebbe essere creata direttamente dal museo, o dall’istituto culturale. Un’ultima nota, e davvero è l’ultima: quest’evento si è potuto realizzare in tutto il suo splendore perché la Strozzina fa capo alla Fondazione Strozzi, che è privata e che dunque non ha le mani legate come invece le strutture statali, che ancora vietano la riproduzione in vista della pubblicazione di opere di propria pertinenza (ricordate la recente storia di Wiki loves monuments?). Prima si supererà questa vetusta questione della riproducibilità dei BBCC statali mobili e immobili e meglio sarà. Allora sì che si potrà parlare di vera condivisione della cultura.

5 pensieri su “Instagram è il mezzo, il fine è l’evento culturale…

  1. Ciao, il post ha una parte che condivido in pieno ed altre che mi lasciano un po’ di amaro in bocca. Faccio parte dell’organizzazione dell’instameet fiorentino. Gestisco @igersPisa e ti assicuro che noi ManIgers (come ci piace a volte chiamarci) non percepiamo un euro soltanto per fare quello che facciamo e, anzi, quei kit che avete ricevuto sono frutto di una mia spesa personale che nessuno mi rimborserà.

    Non voglio fare una polemica sui costi, lungi da me, vorrei invece sposare la tua “richiesta” da parte di musei, enti, istituzioni ma anche privati a fidarsi del mezzo di comunicazione che è Instagram per fare condivisione, promozione, divulgazione e perché no, anche business.

    Cerchiamo fin troppo spesso di promuovere le nostre attività a manager e burocrati fin troppo sordi per capire che quello che ci sta dietro è un piccolo investimento per una resa “media”, sì perché non mi piace esagerare. Ma a mio avviso, 80 persone per un pomeriggio di pioggia a Firenze è stato un grande risultato.

    Grazie per la tua analisi e spero tanto sarai con noi nei prossimi appuntamenti con Instagramers Italia.

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  2. Provo a dare una spiegazione all’assenza dei ggiovani (intendo i giovani veri, gli ipotetici studenti della professoressa dispiaciuta). Premetto che il mio unico campione è l’unica diciottenne che conosco; le ho posto la questione: “Andresti per un pomeriggio in giro a fare foto per Firenze? Ti regalano anche l’ingresso ad una mostra che potrebbe interessarti” -Aspetta, ma che ce devo anna’da sola?- “Ma no, non saresti da sola, anzi! Conosceresti un mucchio di gente!” -Ho capito ma chi ll’ha mai visti a questi- “Ma fai conto che siano quelli che segui ogni tanto su internet, di cui segui i blog, i canali di YouTube…”-Vabbè scusa ma chi li conosce ugguale, no? Poi vado là, nessuno mi parla, e io devo sta’ tutto il pomeriggio tipo visita della scuola co’questi che fanno foto ebbasta? Eppoi se nun ce vanno l’amici miei io nun ce vado- “Va bene, non importa!”. Insomma, temo che la questione sia ricollegabile al fatto che è un tipo di attività che può essere vista come appannaggio di venticinque-trentenni intellettuali, categoria che notoriamente i liceali rifuggono. Inoltre l’assenza di un “gruppo di protezione” potrebbe fare da deterrente. Ma questa, ripeto, è solo la mia personalissima indagine. Ciao! 🙂

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  3. Rispondo innanzitutto a Giorgia: ottimo ritratto di ggiovane d’oggi, mi stupisce che dei venticinque/trentenni che vanno in giro a far foto e a visitare mostre possano essere visti come degli intellettuali e mi stupisce comunque che questi ggiovani tanto attivi in rete poi all’atto pratico che dal virtuale passa al reale si tirano indietro. Ma hai sicuramente ragione tu, senza un gruppo di protezione non si faranno mai avanti o forse per loro, come per molti, instagram e i social network in generale sono solo un giochetto, un passatempo, una scusa per spippolare col cellulare e nulla di più.
    Quanto a Nicola: sono molto onorata del tuo commento. Immaginavo che ci aveste messo soldi di tasca vostra, così come ero certa che per una Strozzina che accetta di ospitare un evento del genere ci sono decine di altri enti o personaggi che non si abbassano a queste “bischerate”. Ma ho visto un bel ritorno mediatico dell’evento, e la prossima volta forse qualche porta in più si aprirà. Potevo scrivere un resoconto dell’instameet in almeno 3 modi diversi, uno per ogni blog che ho, ma ho scelto questo spazio perché mi sembra che l’aspetto più rilevante del meet sia stato proprio la creazione dell’evento culturale a partire da un evento che alla luce dei più poteva sembrare una frivolezza. Io stessa quando mi sono iscritta all’instameet non ho dato più di tanto peso alla visita alla Strozzina, che invece mi si è rivelata come il momento centrale e fondamentale di tutta la giornata. E siccome sto molto attenta a quanto si fa in giro per la comunicazione della cultura, l’instameet è stata un’esperienza che sono contenta contentissima di aver sperimentato sulla mia pelle verificando che funziona!
    Detto questo, se mi sarà possibile naturalmente voglio partecipare alle future occasioni cui darete vita!

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