Pompei, l’antenata della pizza e la comunicazione della scoperta

Torno sul tema della comunicazione delle scoperte archeologiche presso il vasto pubblico, tema che chi segue questo blog sa che mi è molto a cuore.

Già quando si è trattato della comunicazione della scoperta dei Bronzi di San Casciano dei Bagni avevo analizzato come era stata affrontata e rilanciata la notizia sui social e sui media tradizionali. In quell’occasione sul banco degli imputati era finita l’affermazione che paragonava la scoperta di San Casciano a quella dei Bronzi di Riace 50 anni fa.

Un nuovo affresco con natura morta da Pompei

In questo caso invece finisce sul (mio) banco degli imputati l’aver tirato in ballo un termine anacronistico per far su qualche like in più. Mi riferisco alla (ennesima) scoperta archeologica da Pompei: un affresco nel quale è raffigurata una natura morta piuttosto vivida e ricca di dettagli: come la coppa in argento piena di vino. Ma non è la coppa di vino a fare notizia, quanto un altro oggetto, meglio, una pietanza posta sul tavolo: una focaccia, parrebbe sulla quale sono posti diversi ingredienti (li vediamo a breve). Fin qui tutto bene. L’ennesima scoperta fatta a Pompei – che ormai ci sta abituando (assuefacendo?) a nuove scoperte settimanali rischierebbe di passare poco osservata. La notizia viene così diramata dal Parco archeologico di Pompeii sui social e ripresa dalle principali testate del settore e quotidiani nazionali. La testata più onesta è quella di Finestre sull’Arte, che nel titolo parla di una focaccia. Ma da lì in poi i titoli si sbizzarriscono, fino ad arrivare all’“antenata della pizza” del Messaggero:

Il titolo clickbait de Il Messaggero

Dalla presunta focaccia all’antenata della pizza (e oltre)

Ma come si è arrivati dalla focaccia all’antenata della pizza? E’ stata un’abile azione del Parco archeologico di Pompeii, il quale nel divulgare la notizia della scoperta, corredandola con bellissime fotografie e con una descrizione molto puntuale dell’affresco, apre il testo con queste parole: “Sembra una pizza“; salvo poi aggiungere, dopo un inciso, “ma ovviamente non lo può essere, a rigore, dato che mancavano alcuni degli ingredienti più caratteristici, ovvero pomodori e mozzarella.” Il danno però ormai è fatto.

Anche sul sito web del Parco archeologico di Pompei l’incipit della pagina web dedicata al rinvenimento è “Sembra una pizza” con tutto quel che segue. Pazienza la comunicazione social (più o meno), ma sul sito web mi aspetto una comunicazione più istituzionale fin dalla prima riga, perché così si vanifica tutta la bontà e la correttezza dell’informazione fornita nel testo a seguire. Tra l’altro, alla fine dell’articolo sulla pagina web del Parco si fornisce il link alla pubblicazione scientifica sull’e-journal Scavi di Pompei, n. 3, uscita odierna 27.06.2023.

E qui, nella pubblicazione scientifica non si fa nessun paragone – giustamente – con la pizza moderna, anzi, l’elemento incriminato nella pubblicazione scientifica viene a malapena indicato in parentesi:

Parte di questi frutti sono dipinti al di sopra di un elemento di colore bruno (forse una cesta o, più probabilmente, una focaccia) che occupa l’intera porzione sinistra del vassoio.

L’affresco con raffigurazione di natura morta da Pompei. Crediti Fotografici (come la foto di copertina): Parco archeologico di Pompei

Quindi, da interpretazione dubitativa messa tra parentesi nella pubblicazione scientifica, la nostra presunta focaccia salta direttamente nella prima riga della comunicazione ufficiale del Parco archeologico di Pompei e da lì, ulteriormente ingigantita, sulle altre testate (ho citato il Messaggero, ma pure Artribune non scherza, anzi: nel titolo salta via l’antenata e rimane soltanto la pizza!)

Comunicazione dell’archeologia, giornalismo culturale e perdita dell’innocenza

Lo sappiamo bene, il giornalismo culturale in Italia ci ha abituato alle piccole Pompei di qualcosa, agli Indiana Jones de noartri, ai tesori ad ogni costo e ai segreti che segreti non sono. Leggendo i vari articoli nati dalla notizia odierna di Pompei si capisce che sono tutti tratti da un comunicato stampa originario diramato dal Parco archeologico di Pompei. Quindi il vizio sta alla fonte. Sta in quell’incipit “Sembra una pizza” al quale l’archeologo risponde “ma che ***** dite?” mentre il giornalista ci si butta a capofitto perché invece dice “no, dai! Ma è una figata pazzesca!

Insomma, quel “sembra una pizza” mette al riparo il Parco archeologico di Pompei dall’aver fatto una dichiarazione sbagliata e anacronistica, ma intanto viene recepita e amplificata in un bell’esercizio di telefono senza fili, fino a diventare una pizza vera e propria. Quel “sembra una pizza” strizza l’occhio e butta l’amo per attirare l’attenzione, per farsi leggere. Poi poco importa se le persone non leggeranno la riga successiva in cui si dice che non può essere una pizza sul serio, perché tanto il tuo like e l’attenzione mediatica li ha già guadagnati.

E poi, ricordiamoci che voler usare paragoni degni di Alberto Angela per attirare il pubblico più ampio possibile non significa raggiungere quel pubblico concettualmente: ci sarà sempre qualcuno che dopo aver letto quel titolo o quell’incipit penserà che a Pompei mangiavano la pizza, senza riflettere sul fatto che la pizza, per come la conosciamo noi e per com’è intesa in quanto patrimonio immateriale UNESCO, è tale solo se col pomodoro e la mozzarella, altrimenti è una semplice focaccia.

Solo che la focaccia – che effettivamente è una pietanza nota fin dall’antichità – non fa notizia. E io, da buona ligure, un po’ me ne dispiaccio.

Nella mia bolla social fatta di archeologi e addetti ai lavori, naturalmente si sono fatte sentire le prime rimostranze. Monstre non poteva non regalare subito alla sua community un meme azzeccatissimo (come sempre, del resto):

Il post di Monstre a commento della scoperta del giorno

Ma il resto della rete (e dell’opinione pubblica, perché ‘sta notizia passerà pure ai tg)?

Il resto della rete, che non è addentro la materia e non sa che, come sottolinea ad esempio Archeoricette, le focacce in antico erano usate come piatti e che quest’uso viene ricordato anche nell’Eneide (Libro VII), dalla profezia dell’Arpia (“tanta fame che addenterete anche le mense“), si ferma alla pizza; qualcuno, come dicevo prima, non rifletterà sul fatto che non può darsi pizza senza pummarola. Ed ecco che da notizia di comunicazione archeologica a disinformazione il passo è davvero breve.

Per chiudere, la comunicazione fatta da Pompei oggi è secondo me un caso di studio non indifferente, che ancora una volta porta a interrogarci sul valore della divulgazione, sulla sottile linea di confine che separa la notiziabilità di un evento dal sensazionalismo. Ed è un caso di studio perché parte da una comunicazione istituzionale.

Quell’espressione “Sembra una pizza” è tutt’altro che innocente, ed è tutt’altro che casuale. Pompei torna di nuovo, come sempre, a far parlare di sé. E da questo punto di vista ha vinto di nuovo. Ma ne esce sconfitta l’innocenza della notizia in sé e della comunicazione archeologica, che tra l’altro sposta l’attenzione dal generale – la scoperta di un nuovo ambiente affrescato – al particolare – la “pizza”.

UPDATE 17 gennaio 2024: Giornata internazionale della Pizza

Che bello venire a sapere che il 17 gennaio è il Pizza Day; che bello che a farmelo sapere sia l’account instagram di @Museitaliani (Direzione Generale Musei Ministero della cultura); che bello che me lo faccia sapere così:

Io alzo le braccia e mi arrendo. Nonostante sia acclarato che non si tratta di una pizza – né forse di una focaccia – ancora il superiore ministero persevera nel veicolare quest’informazione col solo scopo di fare su due like in più. Non è il like in più lo scopo della comunicazione culturale istituzionale, men che meno ministeriale. Spiace che nel 2024 ancora non si sia capito fino a che punto si può “giocare” sulle metafore azzardate e chi sia eventualmente autorizzato a farlo. Di sicuro non dovrebbe farlo chi ha la responsabilità della custodia, della conservazione e della valorizzazione del nostro Patrimonio Culturale.

10 pensieri su “Pompei, l’antenata della pizza e la comunicazione della scoperta

  1. Quindi se ordino una pizza con …tonno e cipolla non la posso chiamare Pizza? Quindi la vera pizza è quella romana-sottile mentre quella napoletana più alta e con il cornicione la devo chiamare focaccia?

    "Mi piace"

    1. Ma ha letto l’articolo e tutta la questione o è venuto qui solo a trollare? Ma si faccia un regalo, tenga le mani impegnate a mangiare la pizza invece che commentare a caso un articolo di cui non ha capito il senso

      "Mi piace"

      1. Badi bene ad usare le parole, non sono un troll. Come vede, a differenza di lei, io ci metto la faccia, il nome e il cognome. Prenda una camomilla e mi chieda scusa.

        "Mi piace"

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.