Le cose migliori nascono per caso. Basta un tweet, come ne lancia tanti, di @museiincomune di Roma, con un’immagine di Antinoo dalla Centrale Montemartini, e subito si accende la lampadina: al Museo Archeologico Nazionale di Firenze abbiamo una testa di Antinoo, perché non pubblicarla anche noi? È la mia collega che ha l’idea, io la approvo immediatamente e decido che per fare la cosa ancora meglio, si può coinvolgere in questo scambio l’altro museo del quale seguo il profilo su twitter: il Museo Archologico Nazionale di Venezia. Un Antinoo, infatti, è anche nella sua collezione. E tweet sia!
I Musei in Comune di Roma non si fanno sfuggire l’occasione, rilanciano e giocano con noi e propongono un altro Antinoo, e un altro ancora, mentre a Firenze dal ritratto di Antinoo ci spostiamo sulla città di Antinoe, in Egitto, dedicata ad Antinoo dall’imperatore Adriano per celebrarlo dopo la sua morte nel Nilo (morte che gli comporterà anche la divinizzazione), della quale al Museo Egizio di Firenze si trova una bella collezione di tessuti di epoca copta provenienti dalla Necropoli Nord della città e scavati durante il Novecento dall’Istituto Papirologico “G. Vitelli” di Firenze. Il Museo di Venezia interviene invece con un post del suo blog dedicato ai busti, esposti al museo, di Adriano, l’imperatore che amò Antinoo.
Fin qui tutto bene, io e la mia collega tutte contente di questo trastullo 2.0, anche se non so quanti all’infuori dei protagonisti si siano accorti di questo “gioco”. Ma su twitter se si vuole creare attenzione non su un singolo tweet, ma su una conversazione, c’è solo una cosa da fare: uno storify.
Ed eccolo qui: http://storify.com/maraina81/fare-rete-con-antinoo
Detto fatto, e lo storify il giorno dopo invade twitter e le bacheche facebook di Archeotoscana e del Museo Archeologico Nazionale di Venezia. Da lì all’invasione il passo è breve: il Mibac condivide su facebook e diffonde su twitter, la gente comincia a commentare, a rispondere e a ritwittare. Mi piace dire che si crea il caso. La mattina dopo lo storify è finito addirittura sulla bacheca facebook del ministro Bray, nonché su twitter, dove partecipa anche alla conversazione che si viene a creare. Chissà, tra l’altro, se il ministro, che questa sera alla festa del PD a Genova parlerà di “Cultura in 140 caratteri” citerà questo esempio come una buona pratica…
Anche il sito Daringtodo dedica un articolo, contribuendo a spargere la voce.
Vissuta dall’interno, sia del museo di Firenze che del museo di Venezia, sono molto soddisfatta, perché su twitter certo dobbiamo ancora fare molta strada, nonostante facciamo del nostro meglio. Sono contenta della collaborazione spontanea che è sorta con i Musei in Comune, i quali, avendo migliaia di followers (rispetto a noi che ne abbiamo appena qualche centinaio, ma cresceremo!) hanno contribuito a spandere ulteriormente la voce e a creare più coinvolgimento ancora con i twitteri italiani. Sul blog del Museo Archeologico Nazionale di Venezia è già stato pubblicato un post su questa esperienza.
Da più parti è partita la richiesta di farlo ancora, di farlo spesso, magari con un appuntamento fisso, magari coinvolgendo più musei, magari facendolo non nell’ottica della sfida, ma in quella del racconto (come suggerisce Maria Pia Guermandi). Io sono piacevolmente colpita dal successo avuto, successo che ha superato ogni mia aspettativa, sul serio! Perché questa è la dimostrazione che davvero con pochissimo si possono ottenere risultati incredibili! In fondo che si è fatto? Si è risposto ad un tweet che postava un’immagine con un altro tweet che postava un’altra immagine! È davvero così semplice! Alle volte le cose più semplici e immediate sono quelle che danno i risultati migliori.
Mi ha colpito l’entusiasmo che vi si è creato intorno; e con una punta di realismo/pessimismo penso: davvero siamo così mal messi che una cosa del genere, che è davvero poca cosa, suscita tutta questa attenzione? Evidentemente siamo così indietro dal punto di vista della comunicazione della cultura che basta un minimo guizzo per gridare “Eureka!”. Perciò bisogna valutare attentamente i due risvolti della cosa, la visione in positivo (grande risultato di comunicazione dell’arte) e quella in negativo (se basta così poco, perché nessuno lo fa?)
In ogni caso, comunque, riflessioni a parte, nel mio piccolo sono davvero contenta di questa cosa che si è creata: chiamatela sfida, chiamatela gioco, chiamatela come vi pare, io ci vedo il tentativo riuscito di fare comunicazione: i musei mettono in rete le loro opere, la gente le può vedere, commentare, apprezzarne le differenze, ma anche essere curiosa di scoprire che cosa quel museo ospita nelle sue sale… le potenzialità di una cosa del genere, se fatta per bene, sono infinite, e possono avere ripercussioni senz’altro positive non solo in rete, ma fuori.
Detto questo… Ministro Bray, per caso le avanza un posto alla Direzione Generale per la Valorizzazione? 🙂