Per continuare le mie riflessioni sulla politica culturale del Perù in fatto di archeologia e di rapporto tra archeologia e turismo, bisogna prendere in considerazione un fattore che per anni ha sicuramente danneggiato l’archeologia peruviana: il traffico illecito di manufatti archeologici rinvenuti in Perù e venduti sul mercato illegale internazionale.
Il governo peruviano, attraverso il suo Ministerio de la Cultura, sta conducendo una campagna di sensibilizzazione contro il traffico illecito di beni culturali. Ne ho visto rappresentazione pratica a Lima, al Museo de la Naciòn, che è ospitato nel bel complesso della sede del Ministerio de la Cultura. Basta poco a volte, giusto poche indicazioni qua e là, disseminate lungo il percorso espositivo e radunate in un piccolo angolo nella hall, per trasmettere il messaggio che un oggetto archeologico rubato al suo contesto di rinvenimento, anche se recuperato è comunque perso per sempre, perché perde tutta una serie di valori che vanno oltre l’oggetto in sé. Per questo il Ministerio ha predisposto un Registro de Bienes Culturales del quale rileva la necessità per la salvaguardia dell’oggetto mobile dal rischio di furto. La Ley General del Patrimonio Cultural de la Nación, Ley 28296 del 22 luglio 2004 prevede che tutti i beni culturali mobili appartenenti al patrimonio culturale della nazione debbano essere opportunamente registrati e catalogati. Non c’è tutela senza preventiva conoscenza, è l’assunto fondamentale per la salvaguardia del Patrimonio Culturale.
Campagna di sensibilizzazione contro il traffico illecito di beni culturali mobili in Perù. Lima, Museo de la Naciòn
Oltre alla legge, dicevo, c’è anche una campagna di sensibilizzazione rivolta sì ai cittadini, ma anche e soprattutto, forse, ai turisti, ai visitatori stranieri: il Perù archeologico non è (più) una terra di nessuno in cui chiunque può portarsi via ciò che vuole.
Museo de la Naciòn, Lima. Grosso vaso contenitore di chicha (birra di mais per le cerimonie religiose) a testa umana. Cultura Wari, 550-1000 d.C. La sua didascalia riporta che è stato salvato dall’esportazione illecita
Così capita che nelle sale del museo si incontrino reperti di inestimabile valore, come monili in oro, che sono stati recuperati sul mercato clandestino. L’indicazione di questa provenienza ha una duplice valenza: innanzitutto dice al visitatore che la lotta al traffico illecito è condotta senza quartiere e conduce a ragguardevoli risultati; in secondo luogo dimostra che recuperando un reperto pertinente ad un insieme più grande di oggetti, quel reperto acquista un valore in più, perché torna ad avere il significato per il quale era stato realizzato. L’oggetto in sé conta poco ai fini della ricostruzione storica, che è quella che interessa l’archeologo, è l’oggetto in quanto in contesto con altri oggetti che fa l’importanza dell’oggetto stesso.
Maschera d’oro, cultura Lambayeque (Nord del Perù), 700-1350 d.C., salvata dal mercato antiquario
Del resto, per poter ulteriormente combattere il traffico illecito, che è un problema decisamente pressante in un paese come il Perù, nel 2009 è stata stilata una lista rossa delle antichità peruviane a rischio, di concerto con l’ICOM e con l’Ufficio Federale della Cultura svizzero, che è un appello ai musei, alle case d’aste, ai mercanti d’arte e ai collezionisti per incitarli a prendere tutte le dovute garanzie prima di acquistare oggetti provenienti dal Perù. Concepita anche come strumento destinato ai corpi di polizia e alle autorità doganali, dovrebbe permettere di identificare gli oggetti la cui origine potrebbe essere sospetta. In essa compaiono 18 categorie di beni culturali peruviani particolarmente presi di mira dai trafficanti. Pur non essendo esaustiva, sollecita chiunque stia per acquistare un oggetto proveniente dal Perù a verificarne con la massima accuratezza l’autenticità e il titolo di proprietà.
La lotta si fa dunque su due, anzi tre fronti: a livello istituzionale e internazionale, tramite l’adozione di leggi e di convenzioni, a livello di controllo interno, con la caccia sia agli scavatori clandestini che ai mercanti d’arte che vengono a fare i propri affari in Perù, e infine a livello di comunicazione col pubblico, per invitarlo a riscoprire la bellezza di poter ammirare un oggetto che è parte del proprio patrimonio storico e culturale, del proprio bagaglio personale che, se permettete, non è in vendita.
2 pensieri su “In Perù è guerra al mercato clandestino di reperti archeologici”