Entato in vigore il 1 maggio 2004, e variamente aggiornato in alcune sue parti dal 2004 ad oggi, il Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, D.Lgs 42/2004, è attualmente il testo normativo di riferimento per il diritto dei Beni Culturali. In esso è regolato tutto il funzionamento dei Beni Culturali in Italia, dai principi generali agli ambiti della tutela, della fruizione e della valorizzazione, con una parte sostanziale dedicata ai Beni Paesaggistici.
Beni Culturali e Beni Paesaggistici sono sempre stati considerati due aspetti difficilmente scindibili, soprattutto a livello di dibattito teorico. Questa tendenza ha oggi una forma concreta nella costituzione della Direzione Generale Archeologia Belle Arti e Paesaggio, e nelle relative soprintendenze territoriali Archeologia Belle Arti e Paesaggio, che nascono dall’unione delle Direzioni Generali, e dalle Soprintendenze, di settore: Archeologia, Beni Storico-Artistici, Beni Architettonici. Ciò è avvenuto con l’ultima riforma del MiBACT.
Torniamo al Codice. Esso si divide dunque in due parti sostanziali, quella dedicata ai Beni Culturali e quella dedicata ai Beni Paesaggistici. In realtà, per essere precisi, il Codice è costituito da cinque parti nelle quali si distribuiscono 184 articoli, più un Allegato, l’Allegato A, secondo lo schema seguente:

Art. 1
La Parte Prima, dedicata alle Disposizioni Generali, quindi alle definizioni e alle competenze, pone l’accento fin da subito, nelle prime parole dell’Art.1 (Principi) sulle motivazioni costituzionali che spingono alla necessità di una normativa in materia di bbcc: l’Articolo 9 della Costituzione:
La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica.
Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.
A proposito del riferimento alla Costituzione, l’art.1 richiama anche la riforma del Titolo V della Costituzione, in particolare per quanto riguarda l’art. 117, relativo alle materie di competenza assoluta e concorrente dello Stato e delle Regioni in materia di bbcc.
Sempre all’art.1 si trova il riferimento alle attività fondamentali in materia di Beni Culturali: conservazione, fruizione, valorizzazione, le quali devono essere svolte (c.6) in conformità alla normativa di tutela, dagli enti preposti ad esse di volta in volta: Stato ed enti territoriali assicurano la conservazione e promuovono la pubblica fruizione e la valorizzazione, gli altri enti pubblici assicurano la conservazione e la pubblica fruizione, i privati proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo e gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti sono tenuti a osservare la conservazione.
Art. 2
L’articolo 2 detta la definizione di Patrimonio Culturale. Esso è costituito dai Beni Culturali e dai Beni Paesaggistici.
Art. 3
La definizione di tutela si trova all’articolo 3. Essa:
consiste nell’esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette, sulla base di un’adeguata attività conoscitiva, ad individuare i beni costituenti il patrimonio culturale e a garantirne la protezione e la conservazione per fini di pubblica fruizione
Tutela è cosa diversa da conservazione. La tutela inizia nel momento in cui una cosa viene riconosciuta bene culturale mediante il procedimento di Dichiarazione di interesse culturale. Nel momento in cui una cosa, mobile o immobile, viene riconosciuta come avente un interesse culturale, automaticamente scattano per essa tutte le misure di tutela, ivi comprese quelle della conservazione. La conservazione (che viene definita nel Codice all’art. 29) è l’insieme delle attività di restauro, di manutenzione ordinaria o straordinaria, volte a far sì che il bene si mantenga nella sua integrità e decoro; si tratta dunque di una branca della tutela (a proposito di tutela leggi anche qui).
Artt. 4-5
A chi sono attribuite le funzioni di Tutela? Allo Stato, cui spetta la titolarità e la potestà legislativa ex art. 118 Costituzione dopo la modifica del Titolo V. Esso ha comportato la distinzione tra tutela, che spetta solo allo stato, e valorizzazione, che è oggetto di competenza concorrente tra stato e regioni: le regioni cioè legiferano in materia di valorizzazione all’interno di principi saldi stabiliti dallo Stato (il Codice 42/2004). Questa distinzione è piuttosto controversa, perché per molti scindere la tutela dalla valorizzazione è un modo per gerarchizzare e per separare due aspetti diversi sì, ma complementari, dello stesso ambito. Va detto che il Referendum Costituzionale del dicembre 2016 prevedeva, qualora avesse vinto il sì, di cambiare nuovamente gli articoli 117 e 118, per riportare sotto la stessa egida, dello stato, tutela e valorizzazione. Ma questo non è avvenuto.
Anche se la titolarità spetta allo Stato, le regioni e gli altri enti pubblici territoriali cooperano alla tutela del patrimonio culturale.
Art. 6
La definizione di valorizzazione si trova all’articolo 6. Essa (c.1):
consiste nell’esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette a promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e ad assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio stesso, anche da parte delle persone diversamente abili, al fine di promuovere lo sviluppo della cultura. Essa comprende anche la promozione ed il sostegno degli interventi di conservazione del patrimonio culturale. In riferimento al paesaggio, la valorizzazione comprende altresì la riqualificazione degli immobili e delle aree sottoposti a tutela compromessi o degradati, ovvero la realizzazione di nuovi valori paesaggistici coerenti ed integrati.
Anche qui, come all’art.1, si ribadisce il fatto che la valorizzazione si attua in forme compatibili con la tutela. Inoltre, la Repubblica favorisce la partecipazione dei privati a opere di valorizzazione del nostro patrimonio culturale.
Rispetto al passato, la valorizzazione nell’art.6 del Codice si allarga a ricomprendere anche i beni paesaggistici, attraverso opere di riqualificazione di immobili e aree sottoposti a tutela e degradati, e attraverso la realizzazione di “nuovi valori paesaggistici”. Importantissimo il riferimento alle persone diversamente abili: va da sé che ormai è imprescindibile l’attenzione alle barriere architettoniche in ogni progetto di fruizione e valorizzazione; si pensi soltanto ai percorsi all’interno di un museo o di un parco archeologico. Tra i casi più recenti di valorizzazione in tal senso va segnalato a Pompei il percorso Pompei per tutti, realizzato nell’ambito del Grande Progetto Pompei.
Artt. 7-8
Nell’art. 7 si ribadisce che il Codice fissa i principi fondamentali in materia di valorizzazione, dopodiché le Regioni hanno potestà legislativa secondo quanto stabilito a seguito della modifica del Titolo V della Costituzione, artt. 117-.118. Nell’art. 8 il riferimento specifico è alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e Bolzano.
Art. 7-bis
Si recepisce con questo articolo, aggiunto in un momento successivo all’entrata in vigore del 2004, la Convenzione UNESCO sul patrimonio culturale immateriale e sulla protezione e promozione delle diversità e delle espressioni culturali.
Art. 9
L’ultimo articolo della Parte Prima regola i rapporti con i beni culturali di interesse religioso di proprietà della Chiesa e delle altre confessioni religiose, con le quali lo Stato ha stretto di volta in volta specifici accordi. La questione consiste nel far collimare le funzioni di tutela con le esigenze di culto. Per quanto riguarda gli accordi con la Chiesa, questi sono sanciti da un’Intesa stretta con la Conferenza Episcopale Italiana nel 2005. In essa si pone l’accento sull’importanza delle attività di inventariazione e catalogazione, senza le quali non si può procedere ad una corretta attività di tutela, e a forme di coordinamento sia a livello centrale che periferico, tra soprintendenze territoriali e diocesi o singoli enti ecclesiastici. Inoltre ribadisce l’esistenza di un Osservatorio centrale per i beni culturali di interesse religioso di proprietà ecclesiastica. Si segnala poi l’accordo 8/03/2005 sulle procedure informatizzate per la richiesta di verifica di interesse culturale (Art. 12 Codice 42/2004): gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, infatti sono equiparati agli enti privati senza fini di lucro e come tali possono richiedere la verifica di interesse culturale di beni di loro appartenenza, mobili e immobili, prima di procedere ad una loro eventuale alienazione, così come succede per i beni di proprietà pubblica.
Art. 9-bis
In quest’articolo, aggiunto nel 2014 con la L. 110/2014, si parla dei professionisti competenti ad eseguire interventi su beni culturali:
fatte salve le competenze degli operatori delle professioni già regolamentate, gli interventi operativi di tutela, protezione e conservazione dei beni culturali nonché quelli relativi alla valorizzazione e alla fruizione dei beni stessi, di cui ai titoli I e II della parte seconda del presente codice, sono affidati alla responsabilità e all’attuazione, secondo le rispettive competenze, di archeologi, archivisti, bibliotecari, demoetnoantropologi, antropologi fisici, restauratori di beni culturali e collaboratori restauratori di beni culturali, esperti di diagnostica e di scienze e tecnologia applicate ai beni culturali e storici dell’arte, in possesso di adeguata formazione ed esperienza professionale.
Ecco che così la Prima Parte, con le disposizioni generali, stabilisce i principi fondamentali, le definizioni necessarie e gli ambiti all’interno dei quali ci si muove, e infine indica chi sono le professionalità che si possono occupare di bbcc.
D’ora in avanti il Codice diventa operativo: il Titolo I della Parte Seconda è dedicato infatti alla Tutela.
Una pagina dedicata al diritto dei beni culturali ben stuttrata che mi ha aiutata molto nel comprendere alcuni passaggi a me poco chiari del codice ma noto con dispiacere che si ferma al capo VII del Titolo Primo dei Beni Culurali…
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Buonasera Maria, intanto grazie. Sì, mi sono fermata al Capo VII per il momento, ma l’intenzione è quella di proseguire e di completare l’intero Codice.
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Tutto molto interessante e chiarificatore. Grazie
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