
C’è la storia del vaso del Pittore di Micali, che è tornato a casa solo dopo che il MET di New York ha ammesso di averlo acquisito illegalmente. Lo abbiamo studiato sui libri di storia dell’arte greca: sulla pancia di quest’hydria straordinaria è rappresentato il mito del giovane Dioniso che, rapito dai pirati, li trasforma in delfini mentre si tuffano in acqua: 6 personaggi sono rappresentati, mentre avviene la loro metamorfosi. Sotto di loro le acque nere del Mediterraneo. E par di sentirle le loro urla che pian piano si trasformano nei gridolini acuti dei delfini. La resa anatomica è incredibile: le gambe, non ancora trasformate, hanno ben evidenziata la muscolatura; la parte anteriore del corpo, ormai delfino perfetto, è eccezionale, e le branchie e l’occhio tondo realizzano un disegno quasi fumettistico, e immensamente tragico.

C’è la storia del ratto di Europa, dipinto sul cratere a calice del pittore Assteas che tra il 375 e il 350 a.C. lavorava a Paestum, e dipingeva vasi strepitosi. Europa è in groppa al toro che corre da una parte all’altra del continente, verso Creta, personificata nelle sembianze di un mostro marino, sorvolando il mare. E questo mare è pieno di pesci, descritti benissimo: soprattutto quel polpetto lì, nel centro della rappresentazione. Impossibile non notarlo. E poco sotto, la firma dell’autore, Assteas, che ci affida così un suo capolavoro. Questo capolavoro rimase custodito sottoterra da qualche parte vicino a Sant’Agata dei Goti fino a che un qualche scavo clandestino non lo sottrasse al suo luogo di origine per venderlo sul mercato antiquario illecito. Nel 1981 era esposto in un museo degli Stati Uniti, ma solo nel 2005, dopo indagini decennali, il cratere è rientrato in Italia. Il piccolo polpo può nuovamente nuotare nel Mediterraneo.

C’è la storia della Triade Capitolina
C’è la storia della Triade Capitolina, scultura più unica che rara che ritrae le tre divinità Giove, Giunone e Minerva, titolari del culto più importante dell’Italia romana. Alla Triade ogni città doveva intitolare il tempio principale: un tempio dalla pianta particolare, a tre celle all’interno, tre stanze ciascuna dedicata ad uno di loro. Nonostante il culto fosse così diffuso, statue della Yriade non sono invece così frequenti, anzi. Così questo rinvenimento sarebbe stato eccezionale se non fosse avvenuto clandestinamente. Nei pressi di Guidonia Montecelio, venne in luce nel corso di uno scavo clandestino e fu prontamente immesso sul mercato clandestino, in partenza per la Svizzera. Uno dei tombaroli però collaborò con i Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale, che poterono realizzare un identikit dela statua, da diffondere a livello internazionale. Wanted. Le indagini si risolsero abbastanza in fretta. Già nel 1994 la statua è stata recuperata. Dalla Triade Capitolina ti aspetteresti qualcosa di maestoso, e invece questo gruppo scultoreo del 160-180 d.C. in realtà è di piccole dimensioni. Le tre divinità, individuate dai loro tre animali simbolici (la civetta per Minerva, l’Aquila per Giove, il pavone per Giunone) seduti su una panca, si godono la vista delle sorti di noi mortali, come se fossero abbonati in prima fila allo spettacolo delle nostre vite.

C’è la storia del volto di avorio
C’è la storia del volto di avorio, che fu trovato dai tombaroli negli anni Novanta e fu immediatamente mandato in Svizzera al solito noto ricettatore italiano e da lì venduto ad un trafficante internazionale d’arte a Londra. Costui, date le pressioni investigative dei Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale, restituì il volto. Un volto enigmatico, eppure così espressivo: sarà per quella bocca socchiusa dalla quale spuntano sottilissimi denti d’avorio. Gli occhi, cavi, sono profondissimi. Mi pare un oracolo pronto a profetizzare, una bocca che si schiude pronta a sussurrare qualcosa. Chissà cosa e chissà chi. Non lo sapremo mai, perché gli scavi clandestini ci hanno impedito di scoprire, insieme a questa testa, tutto ciò che la circondava, tutto il contesto dalla quale proveniva e nel quale, sicuramente, avrebbe acquisito senso. Così, invece, il sussurro della bocca socchiusa si perde e noi non possiamo sapere la verità.

C’è la storia di Arianna dormiente
C’è la storia di Arianna dormiente, il coperchio di un sarcofago del 110-120 d.C. che ha fatto davvero il giro del mondo all’insaputa di tutti, persino di lei: dall’Italia, da cui è stata sottratta illegalmente, alla solita Svizzera del solito ricettatore italiano, da qui al Giappone, infine ad una galleria d’arte di New York, nel 2014 dov’era stata messa in vendita a 4,5 milioni di dollari. L’Arianna continua a dormire ignara di tutto ciò. I suoi occhi chiusi non hanno visto niente dei viaggi che è stata costretta a fare; non si è accorta nemmeno di quando l’hanno segata in due per facilitarne il trasporto e la vendita. Arianna dorme su un letto, il letto funebre, e non sulla roccia dell’isola di Nasso dove Teseo l’ha abbandonata e dove Dioniso le donerà l’immortalità. Su questo sarcofago, la defunta che si identifica con Arianna stringe già la corona di Dioniso, quindi ha già accesso all’immortalità. Non si sa esattamente da dove il sarcofago provenga e attualmente è in attesa di una collocazione precisa, in custodia giudiziaria: è come se si trovasse a Nasso, tradita da Teseo, ma in attesa di Dioniso e del suo nuovo destino.
Le storie restituite alla cittadinanza: la mostra “La tutela tricolore”

Queste e altre storie sono narrate in mostra “La tutela tricolore” agli Uffizi: ogni singolo oggetto (qui vi ho suggerito solo alcuni dei materiali archeologici, ma molti altri oggetti storico-artistici sono esposti) racconta almeno due storie: la sua storia personale, chi l’ha realizzato e perché, cos’è e che funzione o destinazione aveva quando fu realizzato; la storia del suo recupero, dopo esser stato sottratto al nostro patrimonio spesso prima che noi tutti ne potessimo apprendere l’esistenza, ma in molti casi anche direttamente dai musei o dalle chiese, dai luoghi deputati alla loro conservazione ed esposizione.

C’è poi una storia latente che è il filo conduttore di tutte le storie: l’impegno dei Carabinieri del Nucleo tutela Patrimonio Culturale, dal 1969 ad oggi e oltre, nella ricerca, nella salvaguardia, nel recupero del nostro patrimonio culturale in pericolo o illecitamente sottratto. C’è anche la storia di un museo, gli Uffizi, che crede talmente tanto nell’importanza della sensibilizzazione della società civile su questi temi che fa sì che questa mostra sia visitabile gratuitamente. E c’è la storia di tutti noi, che ci indigniamo a scoprire che il nostro patrimonio subisce assalti continui, che ci immedesimiamo nel valore dei nostri Carabinieri, che ci stupiamo al vedere, riconoscere talvolta, alcuni degli oggetti esposti, ad osservarli e a poterli riconoscere, finalmente, come nostri.
La mostra è visitabile fino al 14 febbraio 2017. Fossi in voi non la perderei per nessuna ragione.
Molto bella, l’ho vista con immenso piacere
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Mostra molto interessante a mio avviso. Importante poi che fosse gratuita: bisogna sensibilizzare la gente verso queste tematiche e vedo con piacere che in Italia le iniziative sul tema dei recuperi sono molte
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