Recentemente ho visitato la mostra “Ovidio. Amori, miti e altre storie” alle Scuderie del Quirinale.
Vi svelo subito il finale: la mostra non mi ha convinto. Il motivo è uno, molto semplice: al titolo non corrisponde l’esposizione, e viceversa. Da questo discendono tutte le considerazioni ulteriori.
Ovidio. Amori, miti e altre storie
Nell’immaginario collettivo Ovidio è il poeta dell’amore: è colui che nei suoi versi suggerisce alle donne come sedurre gli uomini e agli uomini come conquistare le fanciulle. Ma è anche il poeta che narra l’amore attraverso i miti: i miti di Venere, di Bacco e Arianna, di Giove e le sue conquiste; infine, è il poeta che racconta svariati miti, più o meno noti, attraverso le Metamorfosi.
Miti greci già ben noti ai suoi contemporanei; miti rappresentati nell’arte greca, romana, etrusca anche. Miti che certo anche grazie alla tradizione di Ovidio si sono poi diffusi nell’immaginario occidentale, grazie all’attenta opera dei copisti medievali e poi alla fortuna dell’antico che si ebbe con l’Umanesimo e da lì in avanti. Da allora molti dei miti narrati da Ovidio ci sono familiari: Bacco e Arianna, Venere e Adone, Amore e Psiche, Giove e Ganimede, ma anche Icaro e Fetonte, che sfidarono le umane possibilità, con esiti rovinosi: ci parlano della debolezza degli uomini che, volendo emulare gli dei, decisamente ne pagano le conseguenze.

La mostra, dopo una breve introduzione su Publio Ovidio Nasone, attraverso incunaboli e preziosi codici miniati financo del XII secolo, passa ad un inquadramento storico/artistico/sociale dell’epoca augustea durante la quale Ovidio fu poeta attivo che prima salì e poi cadde in disgrazia agli occhi di Augusto. La sua poetica infatti, e il suo comportamento, non si confacevano alla politica augustea di moralità, pertanto il poeta libertino doveva subire una punizione esemplare: e Ovidio, infatti, fu spedito in esilio ai confini, all’epoca, dell’Impero.
Concept della mostra vs messaggio

La mostra “Ovidio. Amori, miti e altre storie” è dedicata al poeta di età augustea che proprio da Augusto fu esiliato per i suoi costumi licenziosi che non si addicevano alla politica di moralità imposta dal Princeps.
In realtà, al poeta in quanto tale è dedicata soltanto la piccola saletta iniziale, ed è trattato per sommi capi, e molto alla buona, il tema dell’esilio. Questo viene spiegato indirettamente, attraverso opere che testimoniano la politica e l’età di Augusto: una statua del Princeps velato capite, una lastra campana con Perseo e Minerva che recano la testa recisa di Medusa, i ritratti della famiglia imperiale e tra questi merita quello disgraziato di Iulia, figlia di Augusto e costretta anch’essa in esilio, ma a Ventotene, per i suoi eccessi libertini in evidente dissenso con la politica paterna e a maggior ragione da punire in modo esemplare.
Quanto all’età augustea, e ai suoi fasti storicoartistici, soprattutto in relazione ai miti che avrebbero ispirato la poetica ovidiana, senza dubbio la spettacolare ambientazione ricreata, con Venere e Amore che tende l’arco sullo sfondo della parete affrescata a giardino della Casa del Bracciale d’Oro di Pompei colpisce in senso decisamente positivo. Troppa bella arte antica tutta insieme per passare inosservata.
Da qui in avanti segue poi una disamina dei miti più noti di tutti i tempi, miti narrati naturalmente anche (ma non solo, va detto) da Ovidio: i Niobidi, Atteone, trasformato in cervo e dilaniato dai cani per aver visto Diana nuda, Leda e il cigno, Europa e il toro, e poi Bacco e Arianna, Piramo e Tisbe – Romeo e Giulietta ante litteram – Giove e Ganimede, Atalanta e Meleagro, la caccia al cinghiale Calidonio, Fetonte e il carro del sole, Icaro e le sue ali di cera, Ippolito e Fedra, Venere e Adone, e altri.

Tutti questi miti sono narrati attraverso opere d’arte di età greca, di età romana, fino ad arrivare ai dipinti del Cinque-Seicento e oltre. Un excursus che ci mostra la fortuna dei miti greci, in particolare dei miti d’amore, narrati anche da Ovidio nel corso dei secoli.
Però. Però non da questo si racconta la figura di Ovidio. Non attraverso i miti narrati (neanche le opere, ma direttamente i miti). Il tema dell’esilio è trattato solo marginalmente. Niente viene detto, infatti, su Tomis, la sua destinazione d’esilio, sul Mar Nero, oggi Romania: esiste un sito archeologico? Esiste memoria laggiù della permanenza di Ovidio? Questi forse erano temi sui quali valeva la pena di insistere, di informare i visitatori e di stimolarne la curiosità. Serve a poco dare due informazioni con l’audioguida.
Anche perché l’audioguida si rivela estremamente noiosa e poco efficace. La lunghissima intro con la voce della professoressa Ghedini, curatrice della mostra, certo non invoglia a proseguire oltre. Testi troppo lunghi e dispersivi, disincentivano l’ascolto.

In soldoni, la mostra vorrebbe parlare di Ovidio. Di fatto è l’occasione per sfoggiare meravigliose opere d’arte che ritraggono o raccontano miti. Miti che non ha raccontato solo Ovidio, tra l’altro.
Pro e contro

Se vuoi sapere qualcosa di più su Publio Ovidio Nasone non è questo il luogo giusto. Qui scoprirai qualcosa, piuttosto, sulla fortuna che i miti da lui raccontati nelle sue opere ebbero grazie alle trascrizioni di solerti copisti medievali durante il medioevo. Se non fosse per loro, infatti, molto si sarebbe perso e soprattutto, probabilmente, molta arte successiva non sarebbe stata prodotta.
Se vuoi portare la tua classe di scuola a vedere una mostra per scoprire i miti greci, invece, sei nel posto giusto! Perché l’indubbio merito dell’esposizione è di dedicare a ciascuno dei miti trattati un certo numero di opere appartenenti a varie epoche costruendo ogni volta una storia dell’arte del mito. Dal punto di vista didascalico nel senso più allargato del termine, la mostra “Ovidio. Amori, miti e altre storie” coglie nel segno perché mette davvero tutti in condizioni di conoscere, comprendere, ricordare attraverso le immagini miti che sono a fondamento della cultura occidentale.
Se invece si viene a visitare la mostra “Ovidio. Amori, miti e altre storie” per approfondire la figura del poeta e del clima culturale nel quale operò e dal quale fu – in quel momento – sconfitto, ma non messo a tacere, questa non è l’occasione più appropriata.
Mostre evento: una riflessione aperta (a voi)

La mostra “Ovidio. Amori, miti e altre storie” è una mostra-evento come tante realizzate alle Scuderie del Quirinale nel corso degli anni. Tra queste, ricordo ancora con piacere la mostra su Augusto, che aveva il merito di aver approfondito la figura controversa del primo imperatore attraverso i molteplici aspetti che ne riguardavano la personalità e l’epoca storica che egli stesso aveva contribuito a costruire.
Questa volta la mostra non mi convince invece, e anzi mi fa riflettere sul senso delle mostre in Italia: sempre più eventi – costosi peraltro, perché il biglietto intero è di 14 euro, non proprio bruscolini – sempre più spettacolari e sempre meno spazi dell’approfondimento. Secondo me della mostra in questione è sbagliato il titolo: non dovrebbe titolarsi “Ovidio”, poi declinato #ovidioinmostra in ottica social, ma piuttosto “La fortuna dei miti da Ovidio in avanti“, casomai.
Ovidio è la scusa
Ovidio di fatto è la scusa per parlare di un tema che tira perché indubbiamente e giustamente è di successo: il mito greco, con le divinità e i loro capricci, con le ninfe, gli amori improbabili, la consapevolezza che nonostante questi dei siano così “umani” gli uomini non potranno mai elevarsi al loro livello. Questa è la potenza del mito greco, questa è la morale che anche Ovidio canta, questo è il messaggio che ci arriva ancora oggi. Purché ci siano mostre in grado di trasmetterlo.
E tu hai visitato la mostra “Ovidio. Amori, miti e altre storie“? Che ne pensi? Cosa ti ha convinto? Perché la consiglieresti? C’è tempo fino al 20 gennaio 2019 per visitarla!
Non l’ho ancora vista, ma credo che anche la fortuna dei miti da Ovidio in poi sia un tema espositivo e artistico che può valere una mostra. Magari meno storiografica ma ugualmente apprezzabile (anche per la sua ecletticitá). Grazie per le acute osservazioni che mi hanno ben chiarito i contenuti della mostra e – punti di vista – ancor più convinto a non perdermela. Domenico F.
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Grazie a lei. Contenta di aver stimolato la sua curiosità. Mi farà piacere conoscere il suo punto di vista dopo aver visitato la mostra.
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Io ho fatto le stesse considerazioni. Premetto che conosco nulla sugli scritti di Ovidio, nulla sulla mitologia greca e su tutti gli altri autori classici. Mi sono recato alla mostra perchè sono appassionato di cultura romena pur non avendo mai messo piede in Romania. Ho trovato solamente 2 reperti provenienti da Costanza (Tomis), una statuina di Diana ed un cippo marmoreo. Avrei voluto viaggiare tra le testimonianze vive di Ovidio nel suo Esilio. So che a Costanza ci sono siti archeologici che sarebbero interessanti, ma dal basso della mia incompetenza, ho percepito che a causa della sciatteria degli studiosi romeni c’è poco interesse a ricercare testimonianze archeologiche concrete, lo stesso vale per gli studiosi italiani, ho letto decine di libri ed articoli, sulle provincie romane dell’antica romania e si basano tutte quasi esclusivamente sulla colonna traiana, non c’è la volontà di approfondire l’argomento. Per il resto mostra interessantissima, nella mia ignoranza ho potuto capire qualcosa sulle Metamorfosi di Ovidio e sul favoloso mondo della mitologia antica.
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Grazie per il tuo commento! Molto particolare il tuo interesse per la Romania e devo dire che hai ragione: in Italia, tolti gli studi che partono dalla Colonna Traiana, ben poco ci si dedica all’archeologia romena se non, forse, a livello accademico che rimane chiuso, quindi, nei ristretti spazi di pubblicazioni scientifiche per addetti ai lavori. Effettivamente avrebbe giovato alla comprensione della figura di Ovidio qualche cenno a Tomis. La mostra però non era tanto incentrata sulla vita del poeta, quanto sui miti che (anche) egli raccontò. E anche per me questa è stata un’occasione persa per conoscere qualcosa di diverso e più distante da noi.
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