musei e media digitali

Nicolette Mandarano, Musei e media digitali

Il tema è quanto mai attuale e sentito. In questo periodo di chiusura forzata, di #iorestoacasa e di #litaliachiamò, i Musei italiani – capeggiati in primis dal MiBACT – si stanno confrontando col digitale. Lo stanno facendo in corsa, come dicevo nello scorso post, non sempre con esiti efficaci o con contenuti utili, ma in ogni caso stanno reagendo spesso sperimentando, o anche improvvisando, nuovi (per loro) modi e strumenti per raggiungere il pubblico, necessariamente costituito oggi da visitatori digitali.

Musei e media digitali: i musei online

Capita dunque a fagiolo la lettura di Musei e media digitali di Nicolette Mandarano, che parla di media digitali (quelli che molti continuano a chiamare “le nuove tecnologie”) al servizio dei musei, sia nei musei fisici (la prima parte del libro è dedicata al museo on site) che nelle loro interfacce online.

Proprio queste sono importantissime in questo periodo e stanno dimostrando tutte le loro mancanze. Sono davvero pochi i musei ad oggi dotati di una gallery virtuale delle opere, delle sale e delle collezioni.

Nicolette Mandarano nel capitolo dedicato ai siti web museali insiste molto, invece, sulle gallery di opere e collezioni. A partire dalla proficua esperienza del sito web delle Gallerie Nazionali di Palazzo Barberini e Palazzo Corsini, dimostra come sia logico e importante impostare il sito web innanzitutto su una base sostanzialmente visuale, più che testuale, dove però sia dosata la giusta attenzione alle collezioni come alla didattica. Il sito web di Barberini Corsini, dice Mandarano, “è in continua implementazione per quanto riguarda il catalogo digitale delle opere“.

la gallery virtuale del sito web delle Gallerie Nazionali di Palazzo Barberini e Corsini

L’esempio migliore da seguire, secondo Nicolette Mandarano, è il sito web del Metropolitan Museum di New York: la collezione delle opere complete ciascuna di una scheda descrittiva esaustiva e adattata, con approfondimenti successivi, per rivolgersi ad ogni tipo di pubblico.

Va da sé che il fine non è il sito web, ma il grandissimo progetto di digitalizzazione avvenuto a monte che parte dalle opere, dalla loro schedatura, dalla raccolta di materiale di approfondimento, dalla loro sistematizzazione e di cui il sito web non è che la vetrina verso l’esterno, il punto d’arrivo, la punta di iceberg di un lavoro molto più ampio di acquisizione e archiviazione del sapere.

Quindi, in sostanza, non si diventa “musei digitali” in un giorno. Ci vuole un progetto condiviso, chiaro e con specifici obiettivi fin dall’inizio. La finalità, e qualcuno potrebbe banalmente e magari (ancora!) storcere il naso, non è semplicemente la divulgazione, ma è la conoscenza. Sul sito web si fornisce all’utente la collezione online e tutte le informazioni utili a inquadrare le opere. Ma il lavoro di digitalizzazione è utile innanzitutto al museo stesso.

Chi già sta lavorando in questa direzione, Barberini Corsini, ma anche gli Uffizi in Italia, ha “la consapevolezza che il sito web è uno strumento imprescindibile per qualsiasi efficace strategia di comunicazione museale“.

La grande resistenza che si è avuta finora al digitale è il timore che avere la collezione a portata di click sostituisca la reale visita al museo. Per qualche biglietto staccato in più, si potrebbe dire.

Ma c’è anche un’altra paura: il mostrare troppo, tanto, perché? Ci sono ancora, ahimè sacche di resistenza che stanno rallentando il processo di digitalizzazione proprio per questo.

Musei e social

L’altro aspetto dei musei online è la presenza sui social. Anche su questo aspetto Nicolette Mandarano spende parole, anche dure, sull’utilizzo dei social da parte dei musei in Italia.

L’aspetto importante, su cui insiste, è che le istituzioni museali oltre ad essere presenti sui social, devono essere pronte a condurre una comunicazione non da uno a molti, quindi unidirezionale, ma basata sul dialogo. E in questi giorni questa specificazione è importante, perché ancora troppi sono i musei che fanno una comunicazione autoreferenziale. La pagina social dell’istituzione museale può, deve, diventare luogo di aggregazione e di community. La community è, per definizione, la rete delle persone che si radunano virtualmente attorno ad un soggetto, in questo caso il museo, ne seguono le attività, commentano e si commentano, condividono verso l’esterno i contenuti, andando ad ampliare la base di partecipazione.

Molti dubbi che si incontrano (ancora!) sulla reale efficacia di un museo sui social è che chi segue il museo non è detto che sia, che sarà e che mai vorrà essere un visitatore reale: e questo anche per motivazioni geografiche ed economiche. Per questo ancora in molti non ritengono importante investire su questo fronte, perché non ritengono importante investire sul non pubblico, perseguendo ancora una volta la logica del biglietto staccato. Una logica che manca di prospettiva e che pecca in quella che dovrebbe essere la specifica mission del museo: l’educazione.

Nicolette Mandarano parla diffusamente dei social e di come un’istituzione museale si deve porre, declinando i propri contenuti in funzione del social media: facebook, instagram, twitter – per dire i principali – hanno ciascuno le proprie regole di linguaggio e di composizione di un post. Per quanto riguarda Youtube, poi, il discorso si sposta direttamente su un unico medium, il video. Costruire un canale youtube valido ed efficace è tanto più importante, se si considera che Youtube è il social in assoluto più seguito in Italia, dopo facebook, stando alle rilevazioni di We Are Social di Gennaio 2020.

Credits: We Are Social 2020

Non entro nel dettaglio delle indicazioni anche pratiche che Nicolette Mandarano fornisce riguardo l’utilizzo dei singoli social: rimando alla lettura del libro. Mi soffermo invece su un argomento che lei affronta a fine capitolo, ovvero i feedback dell’utente: cosa diversa da Insights e Analytics, che danno soltanto il dato numerico. Le recensioni su TripAdvisor (e ormai anche su Facebook e su Google) sono a tutti gli effetti da considerarsi come un’indagine sulla customer satisfaction perché anche se non rispondono a predeterminate domande però ci danno la misura dell’esperienza diretta dell’utente. Esperienza, questa volta, reale, avvenuta effettivamente. Il giudizio espresso su queste piattaforme è il giudizio lasciato da un visitatore reale che poi nell’universo digitale lascia la sua traccia. Dunque sono giudizi, critiche, recensioni, feedback di cui tenere conto e sono il punto di contatto tra l’esperienza reale del visitatore e la strategia di comunicazione online del museo.

Proprio alle recensioni dei musei su TripAdvisor Nicolette Mandarano aveva dedicato uno studio – per l’epoca innovativo -nel quale analizzava le recensioni di alcuni musei di Roma e rifletteva su quanto esse potessero essere utili per i musei per analizzare i propri pubblici.

Tenere conto delle recensioni è ormai fondamentale, visto quanto peso esse hanno nelle decisioni del pubblico, ai fini della reputazione online – ma anche offline – del museo.

Non si può più distinguere ormai tra museo fisico e museo digitale, dice nelle conclusioni finali Nicolette Mandarano: sono due facce della stessa medaglia, strettamente interconnessi. La strategia di comunicazione del museo deve riguardare sì l’online, ma anche le ripercussioni sul museo fisico e viceversa. Sennò resteranno due entità distinte e scollate tra loro e questo ormai non può più accadere.

Il digitale nei musei on site

Torniamo indietro, nell’indice del volume, perché Musei e media digitali si occupa del digitale nei musei inteso come tecnologie a supporto dell’esperienza di visita nel percorso museale. E allora sì a totem e tavoli multimendiali, ad app, a dispositivi per la realtà aumentata e per la realtà virtuale (che sono due tecnologie di tipo diverso che danno esiti molto diversi); e poi videomapping, chatbot e videogiochi: si tratta di strumenti che sono utili solo se sostenuti da un valido progetto comunicativo. La tecnologia fine a se stessa non risolve nulla se non è supportata da contenuti validi ed efficaci, ben misurati sul pubblico e sul percorso museale.

Anche in questo caso la digitalizzazione delle opere è la prima operazione da fare: ad esempio per i totem e i tavoli multimediali, ma anche per le app.

Nicolette Mandarano fornisce una serie di buone pratiche di esperienze museali da tutto il mondo: da esse si può davvero prendere spunto in funzione del proprio museo perché, è ovvio, non tutte le soluzioni proposte si adattano a tutti i percorsi museali. Ogni tecnologia va calibrata sul proprio museo, sulla propria collezione, sui contenuti che si vogliono trasmettere al pubblico.

Concludendo

Concludendo, e tornando alla situazione attuale, lascio alle parole profetiche – che poi non sono profetiche, ma semplicemente lungimiranti, dell’ultima frase del libro di Nicolette Mandarano, il commento e l’augurio che presto i musei possano superare il gap tra museo fisico e museo digitale.

Nicolette Mandarano, Musei e media digitali, p. 118

Nicolette Mandarano, Musei e media digitali, Carocci, 2019

5 pensieri su “Nicolette Mandarano, Musei e media digitali

  1. Spesso i social di diversi musei sono assenti o nelle migliori ipotesi, ci sono ma non sono attivi e aggiornati così come i relativi siti.

    Credo che si sottovaluti di come sia cambiato il modo di vivere e viaggiare: io sono la prima ad utilizzare social & sito quando voglio visitare un museo. Quante volte ho trovato orari sbagliati, telefoni inesistenti, email che tornavano indietro … e non capivo se il museo esisteva ancora. E ti parlo di informazioni base.

    Cerco il libro nella biblioteca dove lavoro … mi interessa molto l’argomento!

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    1. Il lockdown per fortuna ha sbloccato molte situazioni, ma c’è ancora tanto lavoro da fare. Purtroppo mancano nelle strutture museali (non in tutte, per carità) professionalità adeguate, spesso chi si mette sui social si inventa un po’ per boria spesso soprattutto per necessità. Però sono fiduciosa che le cose stiano prendendo la china giusta.

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