Social. Comunicare l’archeologia con i blog e i social network
Se frequentate questo blog fin dalle origini, sapete che questo è un mio cavallo di battaglia, uno dei temi cui tengo di più in assoluto, quasi più del fare ricerca archeologica “tradizionale”. Così, quando Antonia Falcone e Astrid D’Eredità mi hanno chiesto di contribuire al loro volume Archeosocial ho accolto con entusiasmo la proposta.
Archeosocial. L’archeologia riscrive il web: esperienze, strategie e buone pratiche, a cura di Antonia Falcone e Astrid D’Eredità, edito da Dielle Editore, mette per la prima volta un punto fermo allo stato dell’arte in materia di comunicazione social dell’archeologia.

C’era davvero bisogno di un volume sulla comunicazione dell’archeologia nei social?
Sì, per almeno due motivi.
Motivo 1
Per convincere gli scettici che non si può più fare a meno di comunicare la nostra disciplina attraverso questi media, che questi media non sono frivoli né superficiali, ma attraverso di essi passa ormai la stragrande parte dell’informazione mondiale. Se pensiamo ai tweet o agli stati su facebook di personaggi politici influenti e delle campagne elettorali giocate su questi spazi virtuali possiamo capire bene che il fenomeno è davvero molto sviluppato e non lo si può più ignorare.
Motivo 2
Proprio perché questi strumenti vanno usati, è bene usarli in modo consapevole ed efficace. Non ci si improvvisa, si studia guardando alle buone pratiche e alle buone regole di comportamento e di scrittura. Ogni social ha il suo linguaggio, la sua dimensione e, soprattutto, il suo bacino di utenza. Chi si occupa di comunicazione social deve avere ben chiaro che non può proporre lo stesso contenuto su tutti i social, ma che per ciascuno deve diversificare. Chi si occupa di comunicazione social deve aver ben chiaro che non si può improvvisare, ma deve studiare. Comunicare l’evento di un museo su facebook è cosa ben diversa da aggiornare il proprio status personale. La comunicazione social non deve e non può essere residuale, ma deve essere ben incardinata all’interno di un ufficio specifico (Ufficio Comunicazione, appunto) e deve coordinarsi con gli altri uffici per poter fornire informazioni corrette e adeguate. La comunicazione social non può essere buttata là a caso, ma dev’essere strutturata secondo una precisa strategia, social per social.
Perché questi rapidi concetti siano chiari, ecco una semplice infografica per focalizzarli meglio, evidenziandoli in 5 regole d’oro:
Di cosa parla Archeosocial?
Tornando al libro (Su Academia.Edu trovate l’indice), è importante sottolineare un aspetto: Archeosocial è un po’ manuale, un po’ vetrina e discussione di buone pratiche già esistenti. Per questo è uno strumento utile per chi si occupa di comunicazione dell’archeologia (ma anche della cultura a raggio più ampio). Si parla di blog, di instagram, di facebook, di twitter, di strategie mirate, di esempi specifici e di regole generali. Si parla di progettualità e di programmazione, si parla di lavoro e di consapevolezza.
Il concetto importante, però, che emerge, il vero protagonista del volume, nonché di ogni forma di comunicazione social e 2.0 dell’archeologia, è l’archeologia stessa. I social sono strumenti che vanno impiegati non di per se stessi, ma in funzione della comunicazione che si vuole svolgere. Non vanno usati (e qui parlo ai musei e alle istituzioni culturali) perché ce li hanno tutti, per non restare indietro: perché una strategia social mal costruita o inesistente – leggi: un profilo social mal gestito e poco curato – equivale a non usare quel social.
E quindi, per rispondere alla domanda: di cosa parla Archeosocial? Ma di archeologia, ovvio! Di come l’archeologia si racconta e si può raccontare.
Per seguire gli aggiornamenti relativi a presentazioni in giro per l’Italia e altre notizie relative al volume, Archeosocial è anche su facebook.
L’ha ribloggato su Giovina Caldarola.
"Mi piace""Mi piace"