Un tour in 5 tappe alla scoperta del patrimonio archeologico del capoluogo della musica italiana.
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Durante il Festival di Sanremo 2021 sul Canale Telegram “Generazione di archeologi” ho pubblicato ogni sera un contenuto diverso dedicato a ciascuno dei siti archeologici/luoghi dell’archeologia di Sanremo. Per l’edizione 2022 ho deciso di riunire quei contenuti in questo post, ampliandoli laddove possibile, per rendere giustizia dell’antichità del territorio e dell’importanza della ricerca archeologica, e della tutela, anche in contesti di cui tutto si pensa, fuorché possano essere archeologicamente rilevanti. Ma Sanremo non è solo festival, vorrei comunicarlo forte e chiaro. Vorrei pertanto mettere in luce alcuni aspetti di Sanremo “archeologica”.
La capitale della Canzone Italiana ha infatti un passato piuttosto antico. Se testimonianze preistoriche e protostoriche sono state rinvenute nell’entroterra, è sulla costa che abbiamo i segni della presenza romana, con ben due ville rustiche, la villa romana di Foce e la villa romana di Bussana. Il Museo Civico archeologico di Palazzo Nota (non così distante dal Teatro Ariston) racconta la storia più antica del territorio. Ma le ricerche archeologiche hanno portato in luce nel corso degli anni anche capitoli di storia più recente della città: il Molo Vecchio e il quartiere di Pian di Nave che fu raso al suolo quando fu costruito il Forte di Santa Tecla, sul porto, nascondendo per secoli un tesoretto di 120 monete.
Archeologia a Sanremo: la villa Romana di Foce
Questo sito è la testimonianza più importante della presenza romana nel territorio sanremese: scavata per la prima volta negli anni ’20 del Novecento, fu indagata ulteriormente da Nino Lamboglia a più riprese negli anni ’40 e poi negli anni ’60. Della villa marittima – che sorge quasi in riva al mare, davanti al cimitero monumentale di Sanremo in Borgo Foce, è sopravvissuto soltanto l’impianto termale privato, completo di ambienti per il bagno in acqua calda, tiepida e fredda (calidarium, tepidarium, frigidarium), e della latrina, della quale si conserva molto bene il canale di scarico delle acque. Un ampio spazio vuoto è stato interpretato come giardino, mentre due ambienti attigui, uno piuttosto grande absidato, l’altro di ridotte dimensioni, sono stati interpretati rispettivamente come triclinio, l’altro come cubicolo. Scavi recenti hanno messo in luce una fase antecedente alla villa – la cui costruzione si colloca invece nel I secolo d.C.

In età postantica, quando il territorio divenne agrario, sulle strutture in elevato superstiti delle terme si installò una casa contadina della tipologia, tipica della Liguria di Ponente “col tetto a terrazza“, che fu però demolita dal Lamboglia per portare alla luce le strutture preesistenti. Di quella fase è sopravvissuto nel sito, poiché non intercetta strutture antiche, un pozzo a bilanciere, o “a cicogna” da connettere con lo sfruttamento agricolo dell’area. Questa tipologia di pozzo è molto particolare: se la tecnica di captazione dell’acqua col bilanciere è tanto antica quanto diffusa nel bacino del Mediterraneo e non solo, in Liguria essa ha un esito architettonico particolare, in quanto il sostegno del bilanciere spesso può essere in muratura e al pozzo può accompagnarsi una piccola cisterna, usata talvolta con funzione di abbeveratoio o di lavatoio. Il pozzo della villa di Foce appartiene a questa tipologia, con cisterna e pilastro in muratura. Di un altro pozzo che insisteva sulle strutture della villa, sappiamo che era a bilanciere grazie alle fotografie d’epoca.

Infine, durante la Seconda Guerra Mondiale, nel sito fu installata una postazione tobruk, ovvero una casamatta provvista di mitragliatrice per la difesa della costa da parte tedesca nei confronti degli Alleati.
Per approfondire: Archeologia della 2° Guerra Mondiale: postazioni Tobruk e casematte lungo la costa italiana
Archeologia a Sanremo: la villa romana di Bussana
La villa romana di Bussana era a tutti gli effetti una villa rustica antistante il mare. Una piccola porzione della villa è stata risparmiata dal tracciato dell’Aurelia moderna. Ciò che è sopravvissuto doveva essere il settore produttivo. Il settore conservato è infatti un’area della villa destinata a stoccaggio e lavorazione di prodotti agricoli, sul modello di altre ville note, e certo più grandi, come la Villa romana del Varignano vecchio presso La Spezia. In particolare tre vasche rivestite in cocciopesto potrebbero riferirsi alla produzione del vino oppure dell’olio e alcuni ambienti attigui potrebbero aver ospitato i torchi.

Nei pressi della villa, che risale all’età imperiale, si trova un monumento funerario del quale si conserva il basamento; esso doveva essere sormontato da un’edicola contenente il ritratto dei defunti. Il mausoleo affacciava sulla via litoranea che passava adiacente al limite meridionale della villa quasi in riva al mare. La via litoranea attuale di fatto ripercorre il tracciato stradale antico: l’ingresso agli Scavi avviene da questo lato e proprio dalla strada, oggi come allora, si vede il monumento funerario.
Ad una fase precedente all’installazione della villa romana di Bussana risale invece una fornace della quale si conserva la camera di combustione con le pareti, ricavate nel terreno vergine, rubefatte dal calore del fuoco.
In età moderna sui resti murari della villa si è installata una casa. Così come avvenne anche per la villa romana di Foce, strutture abitative a carattere agricolo si installarono su murature preesistenti che evidentemente, nonostante la loro vetustà svolgevano egregiamente la loro funzione di strutture portanti. A questa fase moderna risale la realizzazione di una cisterna. Infine, durante la 2° Guerra Mondiale, una piccola postazione per mitragliatrice si è fatta spazio tra le murature antiche, lasciando la sua traccia circolare in cemento. Adiacente alla villa passava infatti la vecchia linea ferroviaria che durante la II Guerra Mondiale vide l’impiego dei treni armati. L’impiego dei treni armati col supporto delle postazioni da mitragliatrice serviva per scongiurare l’attacco dal mare degli Alleati.

Archeologia a Sanremo: il Museo civico di Sanremo in Palazzo Nota
In pieno centro città, il museo civico di Sanremo racconta la storia più antica del territorio. Fino a pochi anni fa esso era ospitato in un palazzo storico a pochi passi dal Teatro dell’Ariston, Palazzo Borea D’Olmo; poi è stato spostato in Palazzo Nota, altro palazzo storico, un tempo luogo di residenza del commissario genovese e antica sede comunale.

La sezione archeologica raccoglie le più antiche testimonianze rinvenute nel territorio sanremese e nel suo comprensorio dal Paleolitico e dall’età del bronzo fino al periodo romano. Per l’età preistorica sono esposti reperti provenienti dalla costa e dall’entroterra a partire dall’Uomo di Neanderthal: si tratta di resti animali, utensili in pietra e corredi funerari.
Documentano l’età romana invece reperti provenienti dalla villa romana della Foce rinvenuti nel corso degli scavi Lamboglia degli anni ’40 e ‘60 e dagli scavi sotto il battistero di San Siro (sempre ad opera di Nino Lamboglia) in pieno centro storico di Sanremo, che mostrano la frequentazione romana del territorio. Tra i reperti più interessanti vi è un sigillo con iscrizione Urbicia Vivas: talmente interessante da essere di ispirazione per il nome di un ristorante della città! Il museo civico ospita anche un’importante pinacoteca.
Visitare il museo di Palazzo Nota consente di fare un viaggio a 360° nella vita artistica e nella storia di questa cittadina di mare che all’arte deve molto, da 72 anni a questa parte.
Archeologia a Sanremo: il Molo Vecchio
È venuto in luce in anni recenti, a seguito di lavori pubblici di sistemazione dell’alveo del torrente San Francesco, il Molo Vecchio attestato nella cartografia settecentesca di Sanremo.

Le prime notizie di opere portuali a difesa e a servizio dell’insenatura naturale compresa tra i torrenti S. Francesco e S. Romolo sono contenute nella redazione del 1435 degli Statuti Comunali; vengono riportate disposizioni per la sistemazione di pali necessari all’ormeggio, per la pulizia dei fondali del porto e per l’esecuzione di lavori di riparazione riguardanti un molo a carico dell’intera collettività cittadina. L’opera, in origine è costituita da una fondazione di massi gettati in acqua perpendicolarmente alla costa per poche decine di metri, e solamente a partire degli ultimi decenni del ‘500 si assiste ad un più organico ed incisivo intervento di sistemazione della scogliera mediante “cassoni”.

Il Molo Vecchio fu eretto infatti tra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento nell’ambito di un importante lavoro di sistemazione che riguardò il porto naturale di Sanremo e che mirava ad evitarne l’insabbiamento; ciononostante dal Settecento l’insabbiamento progressivo fu inevitabile e il molo divenne semplicemente l’argine del torrente San Francesco. Infine esso fu livellato per potervi organizzare al di sopra una viabilità cittadina. Già nella Pianta di Matteo Vinzoni della metà del XVIII secolo il Molo Vecchio è ancora documentato, anche se ormai insabbiato.
Archeologia a Sanremo: Pian di Nave: il quartiere obliterato di Santa Tecla
Ho avuto il privilegio di far parte dell’équipe di scavo che portò in luce il quartiere seicentesco di Pian di Nave, quartiere del quale si conosce il momento della distruzione: il 1755, anno in cui fu innalzato l’adiacente Forte di Santa Tecla. L’area archeologica è stata valorizzata e oggi la piazza è una vetrina sul passato del quartiere.

Si tratta di un edificio seicentesco, comprensivo di un impianto per la commercializzazione dell’olio di oliva e di una fornace per metalli: una serie di quattro vasche era destinata alla vendita dell’olio; le vasche erano interrate e profonde circa un metro e servivano per immagazzinare la riserva d’olio. Tali cisterne avevano la capacità di mille litri ciascuna ed erano ricoperte di ardesia, di per sé non impregnante, a protezione dai raggi solari, per mantenere costante la temperatura ed onde evitare sprechi. Appoggiato alla parete opposta si trovava il bancone, anch’esso in ardesia, per la vendita al minuto dell’olio.
Durante gli scavi di Pian di Nave, molto interessante si è rivelata anche la presenza di una fornace per il rame, seminterrata e dalla pianta ovoidale. Altro rinvenimento interessante quello di un vero e proprio tesoretto di 120 monete di varia zecca, a testimoniare i traffici commerciali al centro dei quali Sanremo si collocava. Tutta l’area, dopo lo scavo di archeologia preventiva condotto nell’area, è stata valorizzata e resa area fruibile al pubblico accanto al Forte di Santa Tecla, a sua volta trasformato in spazio espositivo.
Archeologia a Sanremo: un patrimonio poco conosciuto
Abbiamo toccato i principali luoghi dell’archeologia a Sanremo. Altri luoghi ci sarebbero, come gli scavi condotti da Lamboglia all’interno del battistero di San Siro o il sito preromano di Monte Bignone, alle spalle di Sanremo. La ricerca archeologica nel Ponente Ligure ha vissuto una stagione davvero notevole, da Nino Lamboglia in avanti, proseguita dalle ricerche dell’Istituto Internazionale di Studi Liguri e della Soprintendenza della Liguria.
Io ho avuto l’opportunità, da studentessa di archeologia, di scavare nelle due ville di Foce e di Bussana e, da professionista, a Pian di Nave. Sono esperienze che mi sono rimaste nel cuore. Perché noi archeologi siamo romantici. E a distanza di 15 anni circa mi fa piacere tornare a parlarne.