La Fragilità del segno. Arte rupestre dell’Africa nell’archivio dell’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria
Una mostra al Museo Archeologico Nazionale di Firenze racconta come sia difficile preservare testimonianze antiche in luoghi poco accessibili, vuoi per le asperità dei luoghi, vuoi per le tensioni internazionali, vuoi ancora per la distruzione dei beni culturali in situazioni di conflitto armato, come è avvenuto recentemente in Siria e Iraq.
Il tema è molto attuale e potrebbe essere trattato in milioni di modi diversi. Per farlo l’IIPP, Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria, ha scelto un argomento poco noto, assolutamente interessante e che ben si presta ad una discussione sul tema del Patrimonio Culturale mondiale in pericolo: le incisioni rupestri della Libia e del Corno d’Africa tratte dall’Archivio Paolo Graziosi, un archivio fotografico e video vastissimo.
La mostra
Il percorso espositivo si sviluppa in 3 sale. Si tratta principalmente di un percorso immersivo, basato principalmente su immagini video. La prima sala è di impatto. Parliamo di Patrimonio Culturale in pericolo e distrutto: con le immagini fornite dall’UNESCO #unite4heritage una proiezione in loop ci mostra le distruzioni di Mosul, di Palmira, dei siti archeologici distrutti dall’ISIS e non solo (su questo tema, ampiamente dibattuto, ho scritto qui). Il messaggio è un monito: prendere consapevolezza e non restare impotenti di fronte a queste manifestazioni di inciviltà. Il tema sembrerebbe scollegato dal resto della mostra, e invece no: il perché è nel titolo stesso, La fragilità del segno, che ci dice quanto sia difficile preservare documenti archeologici “minori”, cioè non monumentali, in luoghi impervi, difficilmente raggiungibili e poco praticabili per questioni di sicurezza e di politica internazionale. Per questo l’Archivio Graziosi svolge una funzione fondamentale di conservazione della memoria.

Arriviamo così nella seconda sala, dove le riproduzioni di tre grandi e complesse rappresentazioni rupestri e una vetrina con alcuni documenti fisici, volumi e fotografie in b/n di Graziosi, si affiancano a due schermi che proiettano filmati dell’epoca: non solo le incisioni rupestri, che spesso raffigurano mandrie di bovini, ma anche le popolazioni che vivevano in quei territori (Libia e Somalia): un interesse che è anche antropologico, oltre che preistorico.

La terza sala è senz’altro la più spettacolare, quella in cui l’esperienza immersiva raggiunge l’apice: in un dialogo tra natura, presente, e l’antichità delle incisioni rupestri e le loro ricostruzioni, una proiezione continua ci racconta come gli antichi abitanti (parliamo anche di 5500 anni fa) della Libia e del Corno d’Africa convivessero con gli animali della savana e come li cacciassero. Le rappresentazioni della giraffa realizzata da questi antichi uomini, oppure dell’elefante, dialogano con immagini tratte dalla savana di oggi, dove gli animali, come allora, vivono nel loro ambiente naturale. Molto ben riuscita la proiezione, alla finestra, della vita nella savana.

Le proiezioni sono tratte dai documenti dell’archivio dell’IIPP e risalgono alle missioni in Libia e in Somalia di Paolo Graziosi tra gli anni ’30 e ’50: riescono nell’intento di far capire quanto gli antichi abitanti di queste terre raffigurassero sulle rocce ciò che vivevano e che avevano quotidianamente intorno. Una fonte di conoscenza preziosissima, che oggi ci è tramandata anche grazie all’Archivio Graziosi.
L’Archivio Fotografico IIPP
Più di 10mila documenti formano questo vastissimo archivio, che è stato giustamente dichiarato di interesse storico particolarmente importante dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali e Turismo (per la dichiarazione di interesse culturale v. Mattonelle di diritto dei BBCC – Dichiarazione di interesse culturale). L’Archivio dell’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria proviene dal lascito di Paolo Graziosi e comprende immagini e filmati che risalgono fino agli anni ’20 del Novecento: importantissimo dunque il suo valore come documento storico, oltre che per il suo valore documentario in senso stretto.

La mostra è visitabile secondo gli orari del Museo Archeologico Nazionale di Firenze e con il biglietto del museo fino al 26 novembre 2017.