Reputazione: dilettanti vs esperti

La polemica è vecchia quanto il web 2.0. Tuttavia è destinata a rimanere sempre viva (e sempre uguale): la democratizzazione dei media, avvenuta con l’avvento dei blog e degli user generated contents, ha sancito il culto del dilettante (come scriveva A. Keen nel 2005 in The Cult of Amateur [Dilettanti.com nella traduzione italiana]) e la morte dell’esperto (come si dice ancora oggi: da ultimo al Festival delle Generazioni di Firenze 2016). Tutti sono autori e tutti sono lettori nel web 2.0, chiunque può permettersi di esprimere la propria opinione pubblicamente, non importa quanto sia competente su quell’argomento. Se da un lato la democratizzazione dei media ha infuso grande fiducia nelle potenzialità della comunicazione e della rete, ci sono sempre stati detrattori e scettici che cercavano e cercano di mettere in guardia dai pericoli del pressapochismo dilagante in fatto di informazioni che girano nel web.
È vero: siamo travolti da informazioni, tante e disparate, che ci piovono addosso con flusso continuo ogni volta che apriamo la timeline di facebook o di twitter. Di queste informazioni, però, quante sono vere e quante sono bufale? Sappiamo discernere sempre e comunque le informazioni false da quelle verificate e autorevoli? Come utente non sempre è possibile, anzi, è molto difficile. In questo neanche l’algoritmo di Google ci aiuta, perché a parità di ricerca, seleziona per noi non il contenuto più autorevole, ma quello più cliccato, quello che piace di più ai motori di ricerca perché risponde adeguatamente alle necessità della SEO (Cos’è la SEO? Ne parleremo prossimamente).
Voce autorevole

Come autore devo pormi come voce autorevole. Scrivo di una materia, l’archeologia, sulla quale è facilissimo fare mistificazioni e inventare bufale. Gli alieni sono sempre in agguato quando si parla di Egizi, per capirci. È una materia in cui basta confondere un a.C. con un d.C. per fare un gran casino; è una materia con molti termini tecnici incomprensibili ai più, che dobbiamo riuscire a tradurre in un linguaggio più alla portata dei lettori. È una materia in cui è importante che “quei 4 sassi” che bloccano i lavori pubblici innanzitutto non bloccano un bel niente e soprattutto non sono la rovina della nostra società.
Siamo professionisti. Professionisti dell’archeologia che hanno scelto di raccontare l’archeologia al pubblico. Sì, siamo esperti. Non siamo dilettanti. In una materia come l’archeologia, se vogliamo scrivere di archeologia seriamente, non possiamo essere dei dilettanti, ma dobbiamo essere competenti nella nostra materia.
Contenuti di qualità
Come trasmettiamo ai lettori la nostra competenza? Fornendo contenuti di qualità, verificati e non scopiazzati qua e là, spiegati con un linguaggio semplice che non sia banale e illustrati dal giusto apparato di immagini, disegni e fotografie. L’archeologia è una disciplina concreta, che si basa su oggetti concreti: le immagini sono più che mai necessarie. Foto, disegni, video, ricostruzioni: ma attenzione, senza improvvisarci: io non so realizzare video, la mia arma è un semplice smartphone, quindi non userò mai il mio device per produrre video sperando che possano piacere: semplicemente non saranno mai di qualità. Non ho capacità di regia, non ho la mano ferma, non ho gli strumenti giusti. Dunque per me il video è no. Altri blogger, invece, come Francesca Pontani, hanno fatto del linguaggio dei video il loro prodotto principale e forniscono dei buoni contenuti con un canale youtube apposito.
Un buon testo, di qualunque argomento tratti, deve essere accompagnato da efficaci contenuti media. L’insieme di testo più immagini, di rimandi interni e parole chiave efficaci produce il contenuto di ogni singolo post.

Non si può pensare di buttar giù un post in 5 minuti, di scrivere due notizie raffazzonate e di pubblicarle. L’urgenza di scrivere non esiste nel nostro ramo, a meno che non ci occupiamo di informazione in tempo reale. Ma anche in quel caso le notizie vanno verificate, approfondite, studiate, tradotte. Il lavoro che l’autore deve fare su ogni singolo post è un processo lungo che non prevede solo la scrittura, ma l’editing del testo, la rilettura, la verifica delle fonti, quindi uno studio alla base, la scelta di media efficaci per accompagnare il testo, la scelta di parole chiave efficaci, la promozione del blogpost. Non è esattamente un lavoro da 5 minuti, proprio per niente. Ma questa fatica viene ripagata in termini di fiducia che il lettore ci accorda, post dopo post, perché sa che dei nostri contenuti si può fidare.
Fidelizzare con i lettori
L’autore che riesce a mantenere nel tempo standard alti di contenuti (non perché se lo dice da solo, ma perché ha un ritorno in termini di pubblico) vedrà un incremento dei propri lettori e noterà che molti di essi diventeranno lettori fissi. Dovrà rispondere ai commenti, anche a quelli spiacevoli. Per far sì di nutrire la schiera dei suoi lettori può invitarli a registrarsi al blog o addirittura può concepire una newsletter. Per raggiungerne il più possibile dovrà lavorare sui social network, interagire con sempre nuovi utenti, inserirsi nella rete degli altri blogger del suo ramo perché, si sa, l’unione fa la forza. Tutta questa serie di accorgimenti porta a fidelizzare con i lettori, a creare un rapporto di fiducia con essi, a diventare un punto di riferimento nell’argomento di cui principalmente tratti.
La reputazione dell’autore
Nel web 2.0 la reputazione dell’autore è quella che emerge dalla sua capacità di produrre contenuti validi ed efficaci. La reputazione in sé è la credibilità che un soggetto ha in un gruppo sociale (fonte: wikipedia). Nel web 2.0 la reputazione è ugualmente la credibilità che l’autore ha presso i suoi lettori. In un ambiente come quello della comunicazione archeologica, essa è fondamentale. A maggior ragione se il blogger è autore dei contenuti di un museumblog (come ad esempio il blog del Museo Archeologico Nazionale di Firenze). La reputazione è data soprattutto da quello che i lettori pensano di te, attraverso come appari in rete, quindi attraverso i tuoi contenuti e il tuo comportamento. Per questo è importante, a proposito di comunicazione del patrimonio culturale, volerlo fare nel modo più verificato possibile, senza scadere nel sensazionalismo (che magari paga nell’immediato, ma alla lunga si ritorce contro) e nella fretta di copincollare una notizia apparsa altrove, perché non abbiamo tempo di approfondirla: il tempo va trovato e speso bene.

L’equazione Reputazione = autorevolezza dei contenuti è tanto più importante in un settore della comunicazione, quello del web 2.0 e dei social, in cui fa più rumore la notizia sparata come slogan, l’affermazione forte che colpisce, ma che spesso non corrisponde a verità, o non è verificata, o è pompata per suscitare l’interesse del lettore. Per carità, queste dinamiche ci sono sempre state anche nei media tradizionali, però è evidente che il problema della veridicità dei contenuti è ancora lungi dall’essere risolto: e spesso per un pugno di like si mette da parte quell’etica professionale che vorrebbe che ai lettori fossero trasmesse notizie vere, verificate, veridiche.
In conclusione, io sono la prima a pensare tutto il bene possibile della democratizzazione dei media. Ma al tempo stesso noto le difficoltà per l’utente di discernere tra informazioni giuste e informazioni sbagliate. Da un punto di vista etico, quindi, sento la necessità di dover contribuire alla circolazione di notizie corrette e verificate. I blog si evolvono, il blogger oggi è una figura chiave nella circolazione della cultura digitale. Da bravi archeoblogger, facciamo la nostra parte.
Un pensiero su “Archeowebwriting: la reputazione logora chi non ce l’ha”