26° Rassegna del Cinema Archeologico. Il giudizio degli archeoblogger

Si è svolta n egli scorsi giorni la 26° Rassegna Internazionale del Cinema Archeologico di Rovereto, appuntamento annuale ormai imperdibile per gli amanti del docufilm di argomento archeologico.

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Non è semplice girare un video, figurarsi un documentario o un film. Quando poi si tratta di dover produrre qualcosa di divulgativo è ancora più difficile. Perché puoi avere un ottimo argomento, ma una regia povera, puoi avere un’ottima fotografia, ma un testo troppo scientifico; oppure puoi avere una semplice buca di palo e realizzarvi sopra un film da oscar. Tutto sta a saper combinare l’idea, il concept, con una buona regia, che si avvalga di una buona fotografia, di contenuti validi e soprattutto comprensibili al grande pubblico, che sappia dosare i tempi giusti, che sappia magari utilizzare sfondi musicali adatti, che riesca nell’intento di coinvolgere lo spettatore, che abbia quel guizzo in grado di farti dire “caspita che bel film!”. Non serve a niente mandare in onda 50 minuti di immagini accompagnate da un testo piatto e oscuro ai più: non è che perché siccome si tratta di un video allora è di per se stesso comunicativo. Ci vuole ben altro.

Non è facile girare docufilm archeologici e non è facile, mi sono resa conto in questi giorni, giudicarli. Ma è questa la sfida che è stata proposta agli archeoblogger per quest’edizione della Rassegna. Sfida che abbiamo accolto con entusiasmo, nonostante l’impegno che ha richiesto (vedere film in lingua originale, ad esempio) e che ci ha costretto sul serio, per una volta, a porci dal punto di vista del pubblico. Non a caso abbiamo avuto la responsabilità di aggiudicare la “menzione speciale archeoblogger” al film che a nostro parere meglio riesce a raggiungere il pubblico con un messaggio di valorizzazione e conservazione. E, torno a dirvi, non è stata impresa facile.

giuriaarcheoblogger2Ma noi archeoblogger, che amiamo le sfide, non ci facciamo certo impressionare. Ci siamo messi di buzzo buono per tirare fuori il documentario più comunicativo, quello che fa un miglior uso dello storytelling, per capirci, quello che semplicemente non mostra, ma racconta.

Ecco chi siamo:

Michele Stefanile di Archeologia Subacquea Blog

Marta Coccoluto, blogger per Il Fatto Quotidiano

Domenica Pate, Paola Romi e Antonia Falcone di Professione Archeologo

Astrid D’Eredità di Archeopop

Mattia Mancini di Djed Medu Blog di Egittologia

Alessandro Tagliapietra di Archeologia Subacquea

Siamo stati una squadra attiva e orgogliosa. Abbiamo giudicato i film tenendo conto di particolari criteri, insistendo però su tre punti fondamentali: la chiarezza di linguaggio, la presentazione accattivante dell’argomento e il coinvolgimento emotivo dello spettatore.

Un momento del lavoro di giurata: la visione di uno dei film con accanto la mia tazza di té
Un momento del lavoro di giurata: la visione di uno dei film con accanto la mia tazza di té

Insomma, ci siamo dati da fare. E alla fine abbiamo decretato, in maniera piuttosto unanime, un vincitore: Cose di donne, uno splendido docufilm sulle donne di Sicilia, donne di oggi e di ieri. Antonia Falcone, moderatrice della nostra giuria, è andata a Rovereto a consegnare la Menzione speciale, ed ha letto la motivazione, che vi riporto qui:

Dal passato prossimo al passato remoto. Un viaggio al contrario che guarda a tutto tondo al mondo femminile. Per noi questo è Cose di Donne. Ci è piaciuto il suo sguardo innovativo sul passato, che percepisce la storia come patrimonio condiviso. I ricordi personali delle protagoniste rischiarano di una luce contemporanea, forte e capace di suscitare grande empatia, le testimonianze dei resti archeologici che si scrollano di dosso la loro polvere secolare e divengono vivi e attuali, comprensibili, segni tangibili di vite reali. Il documentario diventa così una storia corale, di ricerca e sacrificio, una continua domanda di senso, una riflessione aperta sulla donna di ieri e di oggi. Lo abbiamo molto amato: come archeologi e comunicatori crediamo che Cose di Donne rappresenti bene il senso di fare ricerca archeologica oggi ed incarni perfettamente le ragioni per cui la conservazione e la tutela del nostro patrimonio culturale sono di fondamentale importanza per la definizione stessa della nostra identità di cittadini e di società.

La continuità tra passato e presente è l’arma vincente di questo film: data come un dato di fatto, come un processo naturale, è la ragione dell’essere donna, in questo caso nella Sicilia di oggi. Le donne che si raccontano davanti alla telecamera sono solo alcune e danno voce con la loro testimonianza a tutte le donne, di ieri, di oggi e anche di domani. Così i reperti archeologici, che noi possediamo numerosi, ma non nella loro totalità, sono la testimonianza attraverso la quale possiamo conoscere la storia di tutte le donne, che attraverso gli oggetti della loro vita quotidiana di un tempo ancora oggi possono raccontare la loro storia a chi sia in grado di dare loro voce e la sappia trasmettere a noi tutti.

Vi consiglio vivamente di vedere il film non appena ne avrete l’opportunità (qui intanto trovate il trailer). Fare buona comunicazione, trasmettendo un messaggio sociale oltre che archeologico in senso stretto, è possibile. Cercare nuove vie per veicolare un messaggio, un messaggio che è antico e però quantomai attuale. Perseguiamo in questa direzione, è quella giusta.

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