MAB – Musei Archivi Biblioteche. Il resoconto del I incontro nazionale

Riporto, grazie a Lorenzana Bracciotti (in arte Lorenz, @ellebik su Twitter), archivista libero professionista, una breve sintesi del I Incontro Nazionale MAB – Musei Archivi Biblioteche, svoltosi il 30 giugno a Torre Pellice. 

Intanto cos’è MABMAB  è l’acronimo con cui AIB (Associazione Italiana Biblioteche), ANAI (Associazione Nazionale Archivistica Italiana) ICOM Italia (International Council of Museum – Comitato Nazionale Italiano), nella primavera del 2011, hanno dato vita a un coordinamento permanente per esplorare le prospettive di convergenza tra i mestieri e gli istituti in cui operano i professionisti degli archivi, delle biblioteche, dei musei.

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Il dibattito sul Patrimonio Culturale dev’essere trattato a 360°, per questo sentire l’opinione di figure professionali diverse tra loro e con competenze e interessi differenti è importante perché per quanto si tratti di esperienze diversificate, conducono tutte ad un fine comune, la gestione, la conservazione e la valorizzazione del nostro Patrimonio.

Molti i temi caldi, molta la carne al fuoco. Innanzitutto problemi di ordine pratico: il riconoscimento professionale, che equivale al riconoscimento di una retribuzione minima comune per tutti gli operatori. Emerge l’importanza di lavorare alla rilegittimazione della figura dell’operatore del patrimonio culturale nei media e nell’opinione pubblica: è questo il primo passo verso una legittimazione del ruolo professionale e la conquista del consenso sociale.

Si è parlato poi del problema cruciale della formazione. Guardare innanzitutto all’estero, sia nell’ottica di guardare alle buone pratiche e ai parametri di riferimento internazionali per supportare la presentazione di istanze e/o proposte in sede nazionale e locale, sia di sapersi porre come attori nella partecipazione a Progetti Europei. All’interno del MAB si vuole puntare sulla formazione, attraverso l’acquisizione di un metodo, di un lessico comune e della capacità di co-progettazione interprofessionale, e attraverso l’attività di laboratori, dove applicare nel concreto le competenze acquisite nella teoria.

E’ stato affrontato anche il tema del rapporto con la tecnologia (il fatto che ancora se ne parli in questi termini, senza darlo per compreso nel momento di formazione è ahimé significativo), vista nel suo divenire da strumento di lavoro a strumento di lavoro condiviso a metodo di lavoro, secondo le pratiche più familiari a ciascuno secondo le proprie competenze professionali, nell’ottica di non lavorare per compartimenti stagni. La tecnologia deve abbattere le barriere, non elevarle.

Da qui deriva il tema dell’accessibilità fisica e virtuale al patrimonio culturale, accessibilità che non è solo di “oggetti” ma che va intesa anche come messa a disposizione di saperi esperti e distribuzione di dati validati. “Conservare senza comunicare è come non conservare” è il motto che anche se ormai trito e ritrito val sempre la pena di tenere a mente, in tutti i campi della conservazione del Patrimonio Culturale, a qualsiasi titolo e livello.

Legata alla comunicazione è una preventiva conoscenza dei diversi tipi di utenza: senza perdere il riferimento del pubblico tradizionale e professionale, occorre andare alla ricerca di nuovi pubblici potenziali. Il discorso cade ovviamente sul pubblico di internet, pubblico che non è solo lettore, ma anche produttore di contenuti. Bisogna quindi tenere in conto il pubblico di internet e le caratteristiche in generale del web 2.0 per poter essere propositivi e non obsoleti già in partenza: questi caratteri sono l’ampliamento della quantità di informazioni; l’accesso alle informazioni tramite motori di ricerca; la fruizione non sequenziale dei contenuti; la multimedialità. Per saper rispondere, la sfida della comunicazione passa per una forte interazione tra social network e motori di ricerca; realtà aumentata, 3d e realtà virtuale; realizzazione di ambienti di navigazione attraenti. La sfida della comunicazione viene letta, molto positivamente, come occasione storica per accreditare il ruolo di certificatori della garanzia dei contenuti culturali.

Strettamente legato alla presenza nel web 2.0 è il problema di ordine pratico di digital marketing culturale: senza dubbio vanno studiate le logiche dei motori di ricerca e SEO (Search Engine Optimization) per “farsi trovare nella rete”; le analisi delle statistiche: i flussi di traffico sui siti, i risultati delle ricerche; Keywords advertising e SEM (Search Engine Marketing). 

Le idee ci sono, ora bisogna metterle in pratica nella quotidianità della propria professione.

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