“Una giornata nell’antica Roma. Vita, segreti e curiosità” non è senz’altro un libro di archeologia o di storia romana. Né vuole esserlo. L’autore non è un addetto del settore, non è uno storico né un archeologo, ma è un personaggio che della comunicazione in quanto divulgazione ha fatto il proprio mestiere: Alberto Angela, che da anni conduce trasmissioni televisive e documentari a carattere divulgativo, sui più svariati argomenti, dalle scienze alla storia e all’archeologia. E il linguaggio da documentario è proprio il carattere più specifico di questo libro, scritto come se l’autore fosse presente, contemporaneo ai fatti che mostra, come se lui ci facesse da guida in una giornata tipica della Roma del 115 d.C.
Nelle sue pagine, Angela riesce a descrivere abilmente, avvalendosi di esempi esplicativi forse a volte anacronistici, ma efficaci, gli ambienti in cui si trova, gli oggetti con cui viene a contatto, le persone che affollano le vie; con una prosa scorrevole descrive le architetture, gli usi e costumi degli abitanti di Roma, accogliendo spesso, magari, particolari “piccanti” che contribuiscono a tenere alta l’attenzione. Perché il problema di un libro che parla di storia antica, e questo Angela evidentemente lo sa bene, è che inevitabilmente si riduce ad essere un insieme di dati, di descrizioni, di eventi, che poco spazio lasciano all’immaginazione, e che si rivolge ad un pubblico selezionato. Ben altro è il pubblico di Angela: “Una giornata nell’antica Roma” è per tutti, per un pubblico vasto che non è intimorito dal lessico, tutt’altro che difficile, e dall’argomento, che è reso nel modo più leggero possibile, proprio per invogliare alla lettura. Il lettore cade così nella “trappola” del comunicatore, una trappola costituita da una serie di elementi:

- innanzitutto il linguaggio, accessibile a tutti, assolutamente non forbito, ma quasi colloquiale, con un discreto impiego anche di termini di lingua inglese ormai entrati nell’uso comune;
- la suddivisione in capitoli che ricalcano le ore della giornata, con il risultato di avere tanti paragrafi brevi, che senz’altro rassicurano chi legge. L’impostazione stessa dell’opera è mirata a coinvolgere il lettore, che è accompagnato dall’autore stesso per le vie di Roma, e insieme all’autore vede le domus, entra alle terme, assiste agli spettacoli nel Colosseo.
- Tutto questo è reso grazie a descrizioni scritte magistralmente, in modo da dare al lettore tutti gli strumenti per immaginare il luogo in cui si trova. Leggendo, in realtà sembra di assistere ad un documentario su Roma antica.
Il trascorrere della giornata a Roma è intervallato da appositi paragrafi, intitolati “Curiosità” in cui si trattano approfondimenti volti a spiegare questo o quell’aspetto della vita, dell’architettura, della cultura, dei romani.
Spesso viene citato il lavoro degli archeologi, facendo riflettere sul fatto che senza la loro attività non si avrebbe notizia di molti aspetti della vita dei romani, di quella vita, quindi, che ora il lettore sta imparando a conoscere e ad apprezzare. A questo proposito voglio citare due spunti di riflessione che l’autore suggerisce, due “trappole” nelle quali il lettore è portato a cadere: “L’archeologia ha questo di magico: per un attimo vi fa rivivere mondi perduti, vi fa incontrare chi non c’è più, e vi coinvolge nella vita quotidiana di tanti secoli fa. Nessun effetto speciale può dare un’emozione così forte…”; la seconda citazione dà invece grande importanza alla cultura materiale e al ruolo dei musei: “Chissà, magari l’oggetto…verrà ritrovato dagli archeologi tra diciotto secoli e finirà in una collezione…E’ un oggetto comune, di quelli che i visitatori dei musei guardano solo distrattamente: ma a vederlo nascere e ad ammirare la perizia e la cura che impiega questo artigiano, sembra un piccolo capolavoro. Tendiamo a dimenticarlo, ma questa dimensione ‘umana’ appartiene a ogni oggetto esposto nei nostri musei, anche quelli più semplici e umili. Se solo si riflettesse su come sono nati, o sull’impegno che li ha prodotti, aumenterebbe il loro interesse in chi li guarda, al di là del vetro”.
L’opera di Angela non si pone certo come libro di storia per gli addetti ai lavori, ma nasce essenzialmente come testo divulgativo per il grande pubblico, con l’intenzione e la speranza che sempre più persone si appassionino alla storia e all’archeologia. Per scriverlo si è ovviamente basato su dati archeologici e su studi storici, su capisaldi per lo studio della storia romana (come il Carcopino, che cita in più di un’occasione), amalgamando quindi una serie di informazioni di per sé rigorose, ma magari un po’ sterili per i più, in un insieme il più possibile accattivante. Fa riflettere il fatto che un tale libro, con questi intendimenti, sia opera di un documentarista e non di un archeologo.
Senza dubbio chi si occupa di comunicazione in archeologia troverà in questo volume notevoli spunti per capire come si deve scrivere o raccontare la storia, se si vuole suscitare interesse in un vasto pubblico. E il grande successo di quest’opera, che è in testa alle classifiche dei libri più venduti nell’ultima settimana, parla da sé: gli italiani vogliono conoscere la propria storia, sono interessati all’archeologia, ma non riescono a trovare un interlocutore adeguato che gliela spieghi in modo semplice e non troppo impegnativo.
NB: questa recensione è stata scritta molti anni prima che Alberto Angela diventasse IL DIVULGATORE per eccellenza del patrimonio culturale italiano. In questo, che è il suo primo libro, si coglie lo spirito e lo stile di cui sarà investita una cospicua parte della sua produzione libraria e televisiva: negli ultimi anni è diventato in realtà più un prodotto commerciale, un brand, con esiti non sempre apprezzabili per chi, come me, lo ha sempre seguito, interessata ai temi della comunicazione.
Per approfondire: Una domanda ad Alberto Angela