l’arco dei Gavi torna all’antico splendore. Merito anche mio?

l’anno scorso la rivista Archeologia Viva aveva pubblicato una mia lettera nella quale denunciavo un caso di degrado e cattiva conservazione ai danni di un monumento importante nel centro di una città d’arte com’è Verona, ovvero l’Arco dei Gavi. Questi alcuni tratti della mia lettera:

Egregio Direttore, un caso di vandalismo ai danni di un monumento archeologico in cui mi sono imbattuta a Verona mi fa riflettere sulle carenze della comunicazione archeologica.

Si tratta dell’Arco dei Gavi, un raro esempio di monumento onorario dedicato a privati cittadini, la gens Gavia, costruito nel I sec. d.C. lungo la via Postumia. Una delle due facce principali in bella pietra bianca veronese è stata imbrattata dalle firme di writers che vi hanno visto niente più che un ottimo sfondo.
è un atto che può suscitare scandalo, ma ancora di più lo suscita l’assenza dell’Amministrazione, che in un una città d’arte come questa immaginavo sensibile al buono stato del patrimonio.
L’Arco, che sorge vicino a Castelvecchio e che quindi, tra l’altro, si trova lungo un percorso frequentato dai turisti, non è neppure segnalato. L’atto dei writers rivela ignoranza, ma la disattenzione del Comune come la dobbiamo chiamare?

Non è possibile che una comunità  viva accanto ai propri monumenti senza la minima informazione. In questo modo si vedono solo degli oggetti, degli spazi, che il cittadino percepisce come “non suoi”, come bene rileva Andreina Ricci nel suo libro “Attorno alla nuda pietra”. Il quadro che l’archeologa presenta per Roma si adatta benissimo a tutta la realtà italiana, costellata di siti recintati e sconosciuti ai più, di monumenti estranei a chi vi passa accanto ogni giorno.

Marina Lo Blundo
Progetto “Comunicare l’archeologia”
http//megablog.it/comunicarelarcheologia

ed ecco la risposta:

Cara Marina, approvo in pieno le sue considerazioni e deduzioni. Il rispetto ambientale – che si parli di natura o di monumenti poco cambia – può scaturire solo da una permanente azione educativa.
Non esiste coscienza senza conoscenza.
Non si rispetta – come hanno fatto i nostri writers – quello che non si capisce. 
è chiaro che per avere buoni allievi occorrono buoni insegnamenti, ovvero un sistema informativo ben congegnato, fatto di scuola capace, di media sensibili, strutture sociali attente e, certo, di segnaletica capillare.

La Redazione di Archeologia viva

l’arco dei Gavi a Verona

Oggi, dopo quasi un anno dalla pubblicazione di quella lettera, vengo informata da un mio corrispondente a Verona, il cui blog è www.veja.it, del fatto che i Carabinieri hanno condotto un’indagine che ha portato all’identificazione dei responsabili delle scritte sui monumenti, compreso l’arco dei Gavi. Ecco la notizia:

DANNEGGIAMENTI. I carabinieri di Grezzana e Verona hanno chiuso un´operazione iniziata nel mese di gennaio
Scritte sui palazzi, venti «graffitari» denunciati
di Fabiana Marcolini
C’è scritta e scritta. Da quella che esprime il disappunto politico, al messaggio d´amore condiviso, dal murales alla firma del gruppo che ha il duplice scopo di far sapere che di lì è passato e, soprattutto, che esiste. Il tutto a scapito, troppo spesso, di mura con valore storico e artistico, come l´Arco dei Gavi o il monumento dedicato a Lombroso su cui campeggia la scritta «amen». Una, dieci, circa un centinaio le sigle che da almeno due anni compaiono su palazzi, muri, case abbandonate, in centro storico come in periferia e nelle scuole. Da Grezzana, comune della Valpantena da cui è partita l´indagine, fino a San Zeno e allo stadio passando al setaccio quasi ogni via della città. «Valpantena writers», così si chiama l´operazione che all´alba di ieri ha portato i carabinieri in 20 abitazioni per sequestrare bombolette, pc, quaderni e disegni, non è ancora finita. Ieri pomeriggio altre perquisizioni, tre, e altrettante denunce per danneggiamento aggravato.
Undici sono i minorenni mentre nove gli studenti che hanno compiuto i 18 anni, da qui l´interessamento sia della procura scaligera che di quella del tribunale dei minori e i decreti di perquisizione e sequestro sono stati firmati rispettivamente dalla dottoressa Giulia Labia e Rossella Salvati. Ma non è escluso che così come la «firma sul muro» è un fenomeno diffuso, anche il numero dei writers denunciati sia destinato ad aumentare.
Un centinaio le tags (ovvero le sigle) fotografate negli ultimi tempi dai carabinieri di Grezzana. Già perchè iniziò tutto con l´imbrattamento delle pareti delle case accanto alla caserma. «Una tipica attività di stazione che si è tradotta con l´osservazione puntuale del territorio e che è stata sollecitata dall´aumento esponenziale della presenza di scritte», è stato sottolineato ieri durante la presentazione dei risultati dell´operazione. Un percorso di sigle di cui i militari hanno individuato un capo, per mesi gli sono andati dietro fotografando scritte, catalogando sigle fino ad arrivare ad isolarne 98: solo 32 di queste sono state identificate. E «scremando» i carabinieri sono riusciti ad identificare 7 gruppi di writers (crew). Gruppi omogenei per età, tra loro anche due ragazze, ma pur avendo sigle diverse non ci sono contrasti: quel che conta è lasciare il segno. Per questo in almeno 9 punti della città sono presenti più di dieci scritte nello stesso posto. Una sorta di riaffermazione della loro esistenza.

ARCO DEI GAVI. Rappresenta la «lavagna» sui cui hanno scritto tutti. Uno scempio, una sfida resa ancor più allettante, probabilmente, dal fatto di essere monitorato e ripulito costantemente, ma a spese dei contribuenti. Lo stesso vale per villa Pullè, ormai in uno stato di degrado vergognoso: i ragazzi conservavano tutto, comprese le pagine dedicate ai writers apparse sui quotidiani. E da lì, fotografia dopo fotografia i carabinieri sono arrivati a stilare una sorta di catalogo dei gruppi: 1400 immagini, di queste 700 hanno permesso di stabilire le «appartenenze» anche se restano ancora da identificare 66 tag e 6 crew. Individuati anche i probabili autori delle scritte sul cancello del sindaco Tosi, a Grezzana.
Loro, i ragazzi, conservavano tutto: oltre alle bombolette spray, naturalmente, anche i quaderni con i bozzetti dei disegni che rifacevano sui muri, lo studio delle scritte, perchè sono tutte diverse. E ognuna deve assumere una propria dignità. Quella del gruppo.

E’ un segnale senz’altro positivo, questo. Significa che se si porta all’attenzione dell’opinione pubblica un caso eclatante come questo, allora le cose si muovono. Significa che si può effettivamente fare qualcosa per il nostro Patrimonio. Di fatto è un’azione da cittadinanza attiva, e pure di archeologia pubblica.

Ringrazio il mio corrispondente veronese ancora una volta per avermi segnalato questa notizia, e prima ancora per averle dato un grande spazio sul suo sito web www.veja.it  

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