Se il visitatore non va alla Grotta è la Grotta che va al visitatore: il caso della Grotta dei Cervi di Porto Badisco

La locandina di inaugurazione del percorso espositivo dedicato alla Grotta dei Cervi al Castello di Otranto nell’agosto 2016

Se Maometto non va alla montagna è la montagna che va a Maometto“: questo proverbio ben si adatta al caso della Grotta dei Cervi di Porto Badisco. Uno dei siti preistorici più importanti della Puglia, questa Grotta è infatti chiusa al pubblico per questioni di conservazione e di accesso; pertanto è stata creata un’area espositiva ad essa esclusivamente dedicata al Castello Aragonese di Otranto.

Perché è così importante dedicare un’area espositiva ad una grotta preistorica?

La Grotta dei Cervi di Porto Badisco

Scoperta nel 1970, la Grotta dei Cervi di Porto Badisco è importante per le sue pitture rupestri: animali, uomini, figure astratte, scene di caccia al cervo. Ed ecco spiegato il nome della Grotta. Porto Badisco si trova poco distante da Otranto, a 6 km, una baia in una falesia frastagliata.

Il sito, scavato da Felice Lo Porto e poi da Paolo Graziosi che ne studiò le pitture (il volume “Le pitture preistoriche della Grotta di Porto Badisco” edito nel 1980 dall’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria, è la pubblicazione fondamentale e insuperata sull’argomento), fu frequentato a partire dal tardo Paleolitico (13-9mila anni fa) come riparo. Ma è nel Neolitico che l’Uomo vi fa ritorno. Rispetto all’Uomo del Paleolitico, l’Uomo neolitico ormai pratica l’agricoltura e l’allevamento, è in grado di “addomesticare” il territorio, ovvero di modificarlo ai propri fini, creando aree agricole e insediative laddove sorgevano i boschi, dunque incidendo sulla trasformazione e sulla costruzione dei primi paesaggi antropici. È il momento delle comunità stanziali, che vivono all’aperto, per cui non c’è più bisogno di cercare riparo nelle grotte.

La grotta resta però un luogo importante, anzi: diviene luogo di culto, luogo in cui svolgere rituali religiosi propiziatori o iniziatici; l’oggetto della devozione, per queste prime società agricole, è la Madre Terra, responsabile della fertilità del suolo e della ricchezza dei raccolti.

Il pittogramma dello sciamano, una delle figure più note dipinte nella Grotta dei Cervi di Porto Badisco

La Grotta dei Cervi di Porto Badisco è considerata il più importante santuario d’Italia e d’Europa per quanto riguarda il Neolitico. Le pitture si dispongono sulle pareti dei tre corridoi principali, raggruppate in circa 60 pannelli, se così si possono definire, ciascuno dei quali contiene svariate figure. Sono per la maggior parte di color nero/bruno ottenuto dal guano di pipistrello, raramente rosse. Rappresentano uomini e animali, spesso in scene di caccia al cervo: sono le rappresentazioni più naturalistiche, mentre la maggior parte delle raffigurazioni è astratta. La figura umana, in particolare, subisce un’evoluzione perché partendo da una rappresentazione più naturalistica si evolve via via verso forme sempre più astratte, quali la croce bizantina, il rombo, le linee a zigzag. Un insieme complicato di segni, di difficile lettura e interpretazione. Tra le figure più note risalta quella interpretata come Sciamano.

L’interpretazione delle pitture non è per nulla semplice. Paolo Graziosi distinse le pitture in temi figurativi e non figurativi. Sono figurative o veristiche le rappresentazioni che rappresentano chiaramente forme reali di uomini e animali; accanto ad esse però si registrano forme con un’accentuata stilizzazione, che solo con forti dubbi Graziosi interpretò come uomini o animali soltanto dopo esserne riuscito a cogliere l’evoluzione da modelli che, partiti da forme veristiche, sono via via divenute simboliche. Un lavoro difficilissimo.

La caccia al cervo, una delle rappresentazioni nella Grotta dei Cervi di Porto Badisco (LE) (da GRAZIOSI 1980)

In ogni caso il tema principale rappresentato nella grotta è quello della scena di caccia: uomini armati di arco e frecce, accompagnati dai cani, che cacciano cervi o altra selvaggina. Da forme naturalistiche, anche se schematiche, le figure si evolvono poi in rappresentazioni sempre più stilizzate e simboliche. Un gruppo a sé è costituito dalle impronte di mani, numerosissime, lasciate su una parete: mani di individui adulti, ma anche di bambini, a giudicare dalle piccole dimensioni di molte di esse.

Ceramiche neolitiche dalla Grotta dei Cervi di Porto Badisco esposte al Castello Aragonese

Se le pitture costituiscono l’aspetto più evidente ed eclatante del santuario, non va dimenticato che associate ad esse furono rinvenute ceramiche, vasi disposti intenzionalmente entro le cavità naturali della roccia e in prossimità proprio delle pitture; in più alcuni muretti a secco, realizzati a delimitare alcuni spazi all’interno della grotta, individuano aree nelle quali si dovevano svolgere particolari riti. Si può parlare proprio di un’architettura sacrale appositamente studiata. Ecco che la lettura archeologica della grotta, mettendo insieme tutti gli elementi, è in grado di restituire un’idea più completa dei rituali che vi si svolgevano all’interno.

Al Castello Aragonese di Otranto un virtual tour 3D consente di apprezzare al meglio le pitture: alla realizzazione di questo film 3D ha partecipato un nome noto della preistoria europea, Jean-Marie Chauvet, che ha legato il suo nome alla scoperta di un altro grande sito preistorico in Francia, la Grotta Chauvet.

L’esposizione del Castello Aragonese di Otranto, che risale a epoca piuttosto recente, l’agosto del 2016, mostra alcune riproduzioni a grandezza naturale delle pitture, ricostruisce l’ambiente naturale e soprattutto mostra i materiali ceramici provenienti dalla grotta: vasi d’impasto con decorazione impressa, ma anche ceramiche dipinte, vasi rituali che sull’imboccatura hanno il volto della dea Madre (e che risalgono al VI millennio a.C.). E poi le pintadere, sorta di timbri in terracotta per dipingere il corpo durante le cerimonie iniziatiche che dovevano svolgersi all’interno della grotta.

Volto della dea madre raffigurato su un vaso rituale

Vi sono poi materiali risalenti anche alle età successive al Neolitico, l’età del Rame e in particolare l’età del Bronzo, epoca alla quale risale l’abitato di Portorusso, nell’areale di Porto Badisco. L’abitato risale al 1600-1400 a.C.

L’esposizione del Castello Aragonese vuole ovviare all’impossibilità per il pubblico di accedere alla Grotta dei Cervi di Porto Badisco, grotta difficile da raggiungere, difficilmente praticabile al suo interno per via dei suoi cunicoli, e con grosse problematiche di conservazione delle pitture rupestri. L’importanza della Grotta nel panorama del Neolitico europeo, dovuta all’eccezionalità delle sue pitture, ne fa un sito che sarebbe davvero un peccato non far conoscere. Ecco che allora l’esposizione dei materiali, la rappresentazione delle pitture, il virtual tour 3D avvicina il pubblico a una realtà archeologica importante della Puglia e dell’Italia intera.

 

Questo post nasce a seguito dell’Educational Tour #santilumi17 voluto dal comune di Corigliano d’Otranto per promuovere le peculiarità culturali della Grecìa Salentina. Abbiamo partecipato io (anche con il blog Maraina in viaggio), Stefania Berutti di Memorie dal Mediterraneo e Mattia Mancini di Djed Medu – Blog di Egittologia. Seguendo i nostri post potrete avere una lettura a 360° del blogtour e degli aspetti più salienti di questa regione. 

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