“Sguardi aumentati” sui musei all’Internet Festival 2014 di Pisa

Twitter è una cosa meravigliosa: conosci nel salotto social una serie di persone, di entità con cui dialoghi, con cui hai magari scambi sui temi che più ti interessano e che ti appassionano, con i quali condividi idee ed esperienze, quindi le segui nelle loro attività ed opinioni, spesso condividendole, qualche volta intervenendo nelle loro discussioni… poi finalmente accade che hai la possibilità di vederle dal vivo, quelle entità cinguettanti, e anzi, sei portata a prendere parte ad un evento proprio perché sai che interverranno loro.

Così è stato ieri: avevo sottovalutato il programma dell’Internet Festival 2014, presa come sono ultimamente dalle mie questioni personali, e mi ero persa totalmente l’evento “Sguardi aumentati: risorse digitali per i musei”. Poi, potenza di facebook, questa volta, ci ho sbattuto per bene il muso dentro. Ed ho pensato che sarebbe stato stupido non andare, visto che Pisa sta ad appena un’ora di treno da Firenze. Ma soprattutto ho letto due nomi sulla locandina, che mi hanno convinto: Miriam Failla e Maria Elena Colombo. Antonella Gioli l’avevo invece già conosciuta a maggio ad Opening The Past 2014 ed è stata una gradita nuova occasione di incontro. Quanto a Miriam e a Maria Elena, invece, le seguo da sempre perché, anche se virate su tematiche di Storia dell’Arte, hanno a cuore gli stessi problemi che ho a cuore io in fatto di comunicazione, soprattutto dei musei, e soprattutto sono attivissime sui social network, in particolare su twitter.

E dunque eccomi qua, a Pisa, alla Leopolda, sede dell’incontro, a seguire un incontro che parte dai musei per parlare di comunicazione e di utilizzo delle risorse digitali proprio a fini comunicativi.

I primi interventi, quello di Antonella Gioli e di Miriam Failla, sono stati un importante spunto di riflessione sul ruolo dei musei come luoghi del tempo, in cui si deve lavorare sul concetto del passaggio del tempo. In particolare Antonella Gioli ha illustrato il progetto “La vita delle opere: dalle fonti al digitale”: si tratta di un lavoro di studio delle opere d’arte che le prende in considerazione dal punto di vista della loro storia conservativa; le opere non sono nate per stare nei musei e non sono nate nei musei, ma nei musei ci sono arrivate nel capitolo finale della loro vicenda: non è la fine della loro vita, ma un nuovo inizio in cui si ammantano di nuovi significati; spesso però questi nuovi significati fanno perdere di vista tutto il resto. La storia conservativa delle opere diventa allora una chiave di lettura diversa, nuova e che, aiutata dagli opportuni strumenti, può trasformare una visita in museo passiva in un’esperienza attiva, dando vita ad un “aumento di sguardi”. Il progetto prevede la creazione di un’App alla quale sarà affidato il compito di raccontare questa storia conservativa delle opere. Per costruire un’App occorre però condurre dapprima un’analisi sulle esigenze scientifiche che muovono il tutto, sulle competenze necessarie, sul linguaggio e sulla fruizione, ovvero sul pubblico. Questo lavoro richiede richiede d’altro canto che lo storico dell’arte si interroghi sul suo lavoro, sul museo e sul suo ruolo nella società.

Miriam Failla conduce un’interessante riflessione sul museo come istituzione proiettata nel futuro: il fatto stesso che conservi opere del passato per trasmetterle ai posteri ha in sé questa tensione al futuro. E invece i musei nell’immaginario collettivo sono considerati un mondo a parte rispetto al mondo dell’innovazione tecnologica. Non solo, ma spesso al museo è associata l’idea di cimitero, di tomba, di vecchiume. E ciò contrasta enormemente con l’apertura al futuro che i musei dovrebbero avere. Proprio il concetto di tempo è la chiave su cui giocare: il passaggio del tempo sugli oggetti, da trasmettere attraverso uno sguardo multiplo e da contrapporre alla fruizione dell’opera come totem fine a se stesso, che non è altro che uno svilimento dell’opera, che invece è molto più densa di significato. In questo sguardo multiplo necessario ad una nuova visione dell’opera, l’utilizzo dei social network diventa un importante veicolo di comunicazione, anche e soprattutto grazie alla trasmissione di immagini con le quali si condivide l’esperienza dell’opera d’arte e la loro storia. Ad una nuova visione della comunicazione dell’arte, che passi sempre più attraverso i social network, va abbinata la creazione di professionalità adeguate. L’università è chiamata in causa per far sì che le nuove generazioni di studiosi siano in grado di stare al passo con la società, perché se non cambiano gli approcci alla comunicazione, la storia dell’arte morirà.

Maria Elena Colombo, digital media curator del Museo Diocesano di Milano porta la sua esperienza lavorativa, che poi è quella che fa sì che il MuDI di Milano sia una delle realtà italiane più avanzate dal punto di vista dell’utilizzo di risorse digitali per la fruizione. Innanzitutto Maria Elena si sofferma sulla definizione del suo ruolo: digital media curator, definizione che si è data da sé, ma che racchiude in sé due anime, la conoscenza del museo e delle sue opere, e dall’altra parte la conoscenza dei canali di comunicazione. È evidente, ascoltando lei, quanto ciò sia fondamentale anche per l’archeologia: chi si occupa di comunicazione, nel web 2.0 come sui social network, dev’essere innanzitutto uno del settore, formato nel settore dei BBCC e che conosca gli strumenti di comunicazione sui quali lavora. Peccato che in Italia non esista, negli organigrammi dei musei, una figura professionale anche solo lontanamente legata alla comunicazione, la quale è relegata a compiti di amministrazione (o, come nel mio caso, agli assistenti alla vigilanza). Maria Elena racconta poi le cose concrete che il MuDI ha realizzato negli ultimi tempi: innanzitutto “Scatta e condividi”, per invitare i visitatori a scattare fotografie nel museo e a condividerle sui social, condividendo così la loro esperienza di visita; poi le app che il MuDI ha realizzato: Mela Project, Costantino 313 e ArtGuru Chagall e la Bibbia. Infine, sottolinea l’importanza di analizzare le metriche relative all’andamento dei profili social e del sito, per capire in quale direzione muoversi quando si attua una strategia di comunicazione.

Sara Bruni ci ha condotto in una carrellata che presenta un po’ lo stato dell’arte nel rapporto tra musei e social network, con particolare attenzione a Facebook e a ciò che si muove su twitter. Difficile fare delle categorizzazioni: come sottolinea la stessa Sara il mondo dei social è talmente fluido e in continua evoluzione che ciò che ci ha detto questo pomeriggio rischia già di essere stato superato stasera. E comunque cita quelli che ormai sono diventati i “soliti noti” su twitter in tema di musei: la #museumweek, la #museumschool, lo #smallmuseumstour, le #invasionidigitali, #askacurator e il lavoro di @svegliamuseo, che continua a monitorarci, a stimolarci, a pungolarci 😉

Irene Bernardeschi parla invece di App e musei, distinguendo alcune tipologie di app utili alla causa: sono le app turistiche, le app dedicate ad un singolo sito, quelle dedicate ad un museo o ad un sistema museale, quelle su mostre temporanee, oppure su singole opere e infine tematiche. Naturalmente non è tutto oro quello che luccica, perché non sempre le app si adattano a tutti i generi di dispositivo, il che comporta un danno alla comunicazione: personalmente mi innervosisco subito se non mi si apre o mi funziona male l’applicazione, sicché se la visita aumentata grazie all’app si deve trasformare in una sofferenza o in un singhiozzo allora preferisco chiudere e continuare la mia visita nel modo tradizionale. Le app invece avrebbero in sé proprio il vantaggio di far scegliere al fruitore il percorso e l’approfondimento che più gli aggrada, dandogli modo di soffermarsi ogni qualvolta sia incuriosito a scendere nel dettaglio dell’informazione.

Chiude i lavori Sara Nocentini, Assessore alla Cultura della Regione Toscana che parla della volontà di creare un sistema museale regionale che sia percepito come tale dai visitatori. Parla poi di accessibilità e dell’importanza di curare il contesto nel quale i musei si collocano.

Incontro positivo e ricco di stimoli: l’attivissima Maria Elena Colombo che ha stratwittato durante l’incontro ha anche realizzato uno storify che vi propongo qui. E’ stato importante avere la conferma che archeologi e storici dell’arte navigano verso una direzione comune nel campo della comunicazione dei musei. Bisogna unire le forze, dal confronto dei due settori possono nascere (perdonatemi il twittologismo) #solocosebelle.

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