Il Nicholson Museum (mi) fa di nuovo parlare di sé. Questa volta il museo archeologico universitario di Sydney lascia da parte la fantasia classica che avvolgerebbe gli Etruschi, ma ha conquistato il pubblico australiano (e non solo) grazie alla realizzazione di uno strepitoso modellino del Colosseo in Lego. La notizia è stata portata in Italia da Astrid d’Eredità (@astridrome su twitter) su PaeseSera, che nel suo splendido articolo racconta com’è nata l’idea, e la realizzazione, del Colosseo di Lego, e che punta anche l’accento sul fatto che la realizzazione del monumento in miniatura poteva essere seguita passo passo su twitter, rivelando dunque un’attenzione all’uso del social media da parte di un’istituzione museale che in Italia ancora possiamo solo sognare.
Il Colosseo di Lego al Nicholson Museum. Courtesy of Michael Turner (@Michaelmuseums on twitter)
Dedico questo post al Colosseo di Lego non perché sono a corto di idee e quindi copio da articoli altrui, ma anzi, casomai per spargere ancora di più la voce e soprattutto perché, avendo io visitato il Nicholson Museum quando era in mostra “Etruscans. A classical fantasy“, mi fa piacere seguire l’attività di un museo che sta dall’altra parte del mondo e cui in qualche modo mi sono affezionata. Ora, se la mostra sugli Etruschi non brillava per particolare scientificità, credo che invece questa volta sia stato raggiunto l’obiettivo che il curatore Michael Turner si era posto: mostrare e spiegare al pubblico australiano, certo abbastanza digiuno di archeologia del Mediterraneo, in modo semplice ed efficace, uno dei monumenti più importanti della storia e della cultura occidentale. Cosa meglio di un intuitivo Colosseo di Lego, che piace a grandi e piccini, che spinge a perdersi nel riconoscere i dettagli, per raccontare di come si divertivano i Romani, di come avvenivano i giochi gladiatorii, di che cos’era un anfiteatro, di come si conserva ora in confronto a com’era quando fu costruito. Tutto ciò viene rivelato da un apparente gioco per bambini.
Il colosseo di Lego, un particolare. Credits: Paesesera.it
Naturalmente ci sarà chi grida allo scandalo, abituato magari a forme più tradizionali di apprendimento, ma a parer mio invece rimane più impressa una cosa del genere, inconsueta, che non ci si aspetta, rispetto alla solita mostra a pannelli, con vetrine zeppe di lucerne rappresentanti gladiatori e il solito affresco della rissa tra Nocerini e Pompeiani del Museo Nazionale di Napoli: dobbiamo pensare che mentre noi, italiani ed europei, abbiamo più familiarità con monumenti di questo tipo, anche e soprattutto perché possiamo incontrarli sul territorio nazionale e li studiamo a scuola, in Australia difficilmente ciò avviene, soprattutto a livello di scolarizzazione. Dunque ben venga un’operazione culturale di questo tipo. E non c’è niente di più stimolante, a mio parere, di utilizzare in forme nuove oggetti che appartengono ad altri ambiti di utilizzo: il lego, gioco per eccellenza, utilizzato per fare e promuovere conoscenza: la sfida è elettrizzante, l’idea a mio parere è vincente. E ci insegna che a volte basta davvero poco, l’idea di un bambino, per dar vita a qualcosa di importante e utile, anche in ambito di comunicazione archeologica. Bisogna anche saper capire quando è necessario presentare una ricostruzione filologicamente corretta (e intendo quindi, in un’ipotetica ricostruzione del Colosseo, la perfetta successione dei tre ordini architettonici nei tre livelli di arcate, o altri vari ed eventuali dettagli architettonici) e quando invece se ne può fare a meno: dubito che al visitatore australiano interessino i dettagli strutturali, penso piuttosto che voglia capire come funzionava nel suo complesso. I dettagli sono un livello di approfondimento che può interessare chi già sa conosce ed ha familiarità col monumento. Come sempre quando si fa comunicazione archeologica (o scientifica in generale) bisogna aver presente il pubblico che si intende raggiungere, e agire di conseguenza. Inutile fare un lavoro scientificamente curato al minimo dettaglio se il visitatore non è in grado di cogliere le sfumature. Ma un colosseo di Lego colpisce, diverte, incuriosisce e comunica.