Che rapporto c’è tra i Beni Culturali, la loro tutela e il senso della storia? È la domanda che viene posta ad Andrea Carandini al Liceo Classico Michelangiolo di Firenze, nel corso di un workshop organizzato dall’Istituto per la giornata del 16 marzo 2011, in occasione dei festeggiamenti per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia e che ha visto partecipare numerose voci di intellettuali, studiosi delle Istituzioni e storici del Risorgimento. L’intervento di Carandini, archeologo, assume allora il ruolo di tirare le fila dei ragionamenti della giornata: si è parlato di storia, di storia d’Italia, di senso civico e della giovane vita del nostro Paese. Ma se la storia politica dell’Italia è cosa recente, molto più antiche sono invece le nostre radici culturali comuni, che più di ogni altra cosa ci identificano come nazione. È la continuità di tradizioni che fortifica il senso di unità nazionale, dice Carandini. Con l’istituzione così recente dello stato unito dapprima, e della Repubblica poi, una tale continuità in Italia ancora non si è formata, ma il nostro senso di unità nazionale va ricercato allora nella nostra storia più antica, in quell’Italia che sotto Roma già una volta era stata unita. Le nostre radici culturali non sono fatte solo di letteratura, ma di oggetti fisici, di paesaggi, di monumenti, di città, di musei e istituti culturali, di siti e parchi archeologici. A maggior ragione un Ministero chiamato a proteggere e valorizzare questo patrimonio non può essere messo in secondo piano ed ha anzi l’obbligo morale di portare avanti la sua azione di tutela e di promozione della conoscenza. Essere italiani vuol dire essere eredi di quel mondo romano che per secoli ha caratterizzato l’intero bacino mediterraneo.
L’Italia, afferma Carandini con accorato campanilismo, è al centro dello sviluppo globale del mondo fin dall’VIII-IX secolo a.C. almeno fino al 1630. Capire il mondo di oggi vuol dire conoscere la storia italiana. Ma se nelle nuove generazioni si spezza il senso della nostra catena storica, automaticamente si perde, o non si acquisisce, l’amor di patria. Non si po’ vivere solo del presente. Alla provocazione di un insegnante di storia, che accusa il numero di ore sempre più esiguo per insegnare la sua materia, Carandini risponde comunque ottimista: i giovani oggi hanno molti stimoli esterni per soddisfare loro curiosità e per portare avanti la loro crescita culturale anche al di fuori della scuola. Una volta la cultura era di élite, oggi non più, e le manifestazioni culturali sono sicuramente più accessibili di un tempo. Alla scuola sta il compito, certo non facile, di stimolare i giovani a cercare al di fuori di essa nuovi strumenti di crescita culturale.
Ed ecco la domanda: perché un archeologo ci parla del senso della storia? La risposta è insita nella metodologia stessa della pratica archeologica: quando si comincia uno scavo, si parte dai livelli più superficiali, più moderni, e via via si scende ai livelli più bassi, sempre più antichi. In città a continuità di vita, come Roma, ma anche Firenze o altre città d’Italia, il susseguirsi delle stratificazioni riflette il percorso della Storia, le dà conferma e/o lo arricchisce di nuovi, sempre importanti, dati. Un caso esemplare? La tomba di S.Pietro a Roma: da semplice fossa in terra subito dopo il martirio, di cui nel tempo si conservò il ricordo e la venerazione, essa divenne dapprima un’edicola funeraria, poi un monumento, poi il fulcro simbolico della basilica cristiana costantiniana, quindi di quella attuale. E l’altare odierno sorge esattamente al di sopra di quell’antica sepoltura, sulla quale uno dei primi cristiani scrisse, a caratteri greci “Petros eni”, “Pietro è qui”. Scavi archeologici condotti al di sotto della Basilica di San Pietro sono ridiscesi lungo la storia, sono risaliti fino a quella prima tomba, in un percorso archeologico suggestivo, e che è al tempo stesso storico e religioso. La tomba di Pietro diventa così un elemento di identità archeologico-cristiana fondamentale! E come questo ben altri esempi si contano in Italia. Il punto è, però, riconoscerne il valore storico senza scinderlo da quello di identità. È riconoscendo il valore storico storico e culturale che nasce il Patrimonio Culturale, concetto astratto cui corrispondono infiniti oggetti concreti, a partire dal Paesaggio, “il ricamo millenario dell’uomo sulla natura”.
Mancano in Italia, conclude Carandini, i musei di Storia, musei che non contengano solo collezioni, ma siano in grado di far comprendere ad un visitatore totalmente estraneo alla nostra cultura la storia d’Italia da Roma alla Costituzione in non più di mezza mattina. Splendida idea, ma molto difficile da realizzare e perciò utopistica. Un sogno che però può valer la pena di tentare di realizzare.