Questo post nasce a seguito di un webinar che ho tenuto all’inizio di giugno, al momento della riapertura dei musei italiani dopo la chiusura dovuta al lockdown. I musei si sono trovati ad affrontare tutta una serie di difficoltà e di incognite: come riaprire? Quanto riaprire? Quanti visitatori accettare al giorno? Il mio intervento è stato mirato a chiarire tutti questi aspetti, soprattutto pensando a quanti, non vivendo la realtà museale dall’interno, lamentavano le riaperture lente, limitate, contingentate.
Breve cronistoria della riapertura dei Musei italiani
Poche date, solo due in effetti, ma quanto lavoro nel mezzo! La riapertura dei musei non poteva essere automatica, era fondamentale innanzitutto capire quali passaggi affrontare, quali step superare, quali obiettivi voler cogliere.
27 aprile: il premier Conte annuncia la riapertura dei musei dal 18 maggio 2020
Si scatena il putiferio. L’annuncio di Conte per molta parte dell’opinione pubblica significa che TUTTI i musei riapriranno il 18 maggio. Niente di più sbagliato. A partire dal 18 maggio i Musei italiani che si siano attrezzati nel frattempo possono riaprire.
Tra i musei statali il 18 maggio apre il Parco archeologico di Paestum – perfettamente organizzato con una segnaletica e una grafica adeguata, ingressi contingentati e prenotazioni – e il Museo e Real Bosco di Capodimonte. Che chiude dopo soli 3 giorni perché era mancato un accordo con le parti sindacali. La discussione della riapertura con le parti sindacali – quindi con i rappresentanti dei lavoratori – è un passaggio fondamentale. Ma non è l’unico.
Non si tratta infatti semplicemente di aprire i musei al pubblico. Si tratta di mettere i lavoratori dei musei a qualsiasi livello, dal personale di biglietteria alla vigilanza, al personale addetto alle pulizie e a chiunque altro, in sicurezza per quanto riguarda il rischio da Covid-19.
Le indicazioni del Comitato Tecnico-Scientifico
Il MiBACT ha chiesto al Comitato Tecnico-Scientifico delle linee guida per aiutare i musei nella fase della riapertura. Le indicazioni fornite sono state in parte accolte – come la necessità di sanificare o in ogni caso pulire spesso e volentieri i wc – altre sono state totalmente disattese. In particolare il Comitato Tecnico-Scientifico consigliava di aprire dapprima le aree archeologiche e i musei più piccoli e pian piano quelli più grandi. Ma ciò non è stato sostenibile economicamente per almeno due motivi:
- I Musei Italiani ragionano anche per incassi: quindi non investirebbero mai fondi ed energie per aprire da subito un’area archeologica che non porta profitto: gli sforzi si impegnano per aprire musei o aree archeologiche importanti, di richiamo, con bigliettazione.
- I musei piccoli, in particolare quelli civici, sono già di per sé l’ultima ruota del carro nel bilancio di un’amministrazione comunale, figurarsi in un momento di emergenza come questo.
Per spiegare meglio il punto 1 prendo come esempio il Parco archeologico di Ostia antica che ha 4 luoghi della cultura solitamente aperti al pubblico di cui solo uno con bigliettazione: l’Area archeologica di Ostia antica. Ebbene, in un’ottica di prestigio, comunicazione, notiziabilità, non era pensabile di aprire al pubblico prima le aree gratuite, che per forza di cose portano anche meno pubblico (perché meno conosciute, meno raggiungibili, con orari ridotti già pre-covid) e quindi meno visibilità: e siccome la riapertura ha comportato uno sforzo economico non indifferente (dvr; nuova segnaletica; nuovi sistemi di chiusura/interdizione; fornitura di mascherine costante per i lavoratori; fornitura di gel sanificante per i lavoratori; sanificazione periodica dei luoghi di lavoro; sanificazione dei wc) appare ovvio ed evidente che lo sforzo economico sia stato indirizzato verso l’area archeologica più grande, più di richiamo e soprattutto con bigliettazione, mettendo in secondo piano l’apertura delle aree minori e gratuite. Non è marketing, né logica del profitto, ma è calcolo dei costi-benefici.
Lo strumento fondamentale: l’aggiornamento del DVR
Prima di riaprire anche il più piccolo museo occorre redarre un documento fondamentale, o meglio la sua integrazione: il DVR, Documento di Valutazione dei Rischi, aggiornato in questo caso alla voce “rischio biologico”. Il DVR considera il museo/parco archeologico prima di tutto come un luogo di lavoro: è lo strumento che prevede i rischi e trova le soluzioni ad essi per i lavoratori. Il DVR considera gli spazi, gli ambienti di lavoro, i mq a disposizione per ciascun lavoratore e sulla base di quelli elabora piani di sostenibilità in grado, nel caso del Covid, di garantire le distanze di sicurezza.
Al tempo stesso va garantita ai visitatori la sicurezza nei percorsi. Ecco perché il DVR regola anche i flussi dei visitatori, gli eventuali tempi di permanenza nelle sale dei musei, il numero massimo di persone all’interno dell’edificio, i numeri massimi dei gruppi, la necessità o meno di prenotazione. Naturalmente non tutti i musei/parchi archeologici sono uguali: le misure saranno state rapportate in ragione del rapporto tra spazi e numero di visitatori contemporaneamente. Per questo motivo a Ostia antica e nelle altre aree archeologiche del Parco si è deciso di non ricorrere alla prenotazione: perché il flusso dei visitatori in rapporto con le superfici, davvero vaste, delle aree archeologiche, fa sì che non ci sia bisogno di questo passaggio obbligatorio, invece, per molti musei.
Questa per esempio è la soluzione scelta per la visita all’area archeologica di Ostia antica: https://bit.ly/ostia-antica-in-sicurezza
La gestione della crisi sui social: ma quando riapre il museo?
Come dicevo prima, il messaggio alla nazione di Conte è stato male interpretato: molti hanno inteso che i musei avrebbero riaperto TUTTI il 18 maggio, quando invece non sarebbe stato così per tutte le cose che ho elencato più sopra. Questo però ha ingenerato una serie di reazioni sui social più o meno pacate, che ponevano sempre la stessa domanda: riaprite? Sì, ma quando riaprite? E perché non riaprite?
In gergo, un assalto di questo tipo sui social viene chiamata “crisi“. I musei hanno reagito in vario modo: chi facendo finta di niente, chi, con più coraggio (e ad essi va il mio plauso) condividendo alcuni step delle azioni intraprese per la riapertura. In ogni caso non era facile rispondere a chi chiedeva una data precisa quando la data precisa non eravamo in grado di fornirla. Sono state giornate difficili, ancora più difficile è stato affrontare l’insoddisfazione di chi avrebbe voluto orari di apertura più ampi o altre cose che non era davvero possibile mettere in atto.
Ma le persone vogliono visitare i musei?
La domanda non è del tutto buttata là. Il giorno dopo l’annuncio di Conte io ho lanciato su facebook un sondaggio sulla riapertura, raccogliendo 784 risposte (mica i miei familiari e basta), chiedendo proprio se le persone avrebbero voluto visitare i musei al momento della ripartenza, dal 18 maggio in avanti. Era molto presto, già poche settimane più tardi la percezione era cambiata e c’era molta più fiducia. Però quando ho raccolto i dati io c’erano molte sacche di disappunto e scetticismo tra i potenziali visitatori. Mentre c’era invece il desiderio, da parte delle guide, di ricominciare, giustamente, a lavorare.
Una rivoluzione il covid l’ha fatta: ha costretto i musei a ripensare se stessi in un’ottica più di prossimità. I turisti stranieri, in molti casi vera spina dorsale degli incassi e della bigliettazione, sono mancati e mancano tutt’ora; d’altro canto gli italiani quest’anno vogliono trascorrere le vacanze nel più pieno relax e frequenteranno i musei e le aree archeologiche coloro che in tempi normali li avrebbero frequentati comunque. Dunque un crollo sistematico in alcune realtà museali va messo in conto.
Per contro, c’è chi ha lavorato talmente bene a livello locale, da riuscire a portare a sé molto più pubblico del previsto. E di questo bisogna solo che essere contenti.
Sicuramente i Musei Italiani a qualsiasi livello ora più che mai devono porsi il problema del target che vogliono raggiungere e attuare tutte le azioni possibili per raggiungere il risultato. Per la stragrande maggioranza delle realtà museali è fondamentale il rapporto con il territorio, con i cosiddetti stakeholders, coloro cioè che portano avanti istanze di parte della popolazione locale. Del resto il museo/luogo della cultura non è avulso dal suo contesto, tutt’altro: è ben calato nella sua realtà territoriale e culturale; negare questa evidenza sarebbe un suicidio.
Buona riapertura a tutti!
In queste slide la presentazione del webinar sul sito web del mio collega e amico Matteo Sicios da cui è nato questo post.