Anche quest’anno le Invasioni Digitali sono tornate a riattivare la cultura in Italia secondo la formula, vincente fin dal primo anno, di promuovere la conoscenza del proprio patrimonio “dal basso”, dalle comunità locali, dalla gente, quella che spesso vorrebbe avvicinarsi a luoghi chiusi, sbarrati, illeggibili. Fin dalla nascita seguo le Invasioni Digitali, fin dall’inizio ve ne ho parlato qui, ho fatto sì che in un’edizione venisse organizzata un’Invasione al Museo Archeologico Nazionale di Firenze, poi ho guardato. E quest’anno ho visto una cosa che mi è piaciuta molto. Per due motivi.
Motivo numero Uno: è stata organizzata un’invasione nel mio borgo natìo
Motivo numero Due: l’ha organizzata, insieme ad molte altre invasioni, una Soprintendenza Archeologia. Esatto, una di quelle soprintendenze che avrà ancora vita breve ma che, evidentemente, non ha nessuna intenzione di tirare i remi in barca.
La Soprintendenza Archeologia della Liguria si è fatta promotrice di una serie di Invasioni in vari siti archeologici più o meno, ma soprattutto meno, noti della Liguria, proponendo un calendario variegato e un’offerta che va da est a ovest, o meglio da Levante a Ponente.
Le Invasioni sono state organizzate dai funzionari della Soprintendenza (Marcella Mancusi e Neva Chiarenza) di concerto con la Digital Ambassador (così si chiamano i referenti delle Invasioni) della zona di Luni – La Spezia Angela Tanania, per quanto riguarda il Levante, e da Luigi Gambaro della Soprintendenza Archeologia per il Ponente insieme al Digital Ambassador Nicola Ferrarese (LiguriaInside).
Sul sagrato della Madonna della Rovere ha inizio #invasionidigitali #SanBartolomeoalmare pic.twitter.com/ZbJRJy7w2u
— Wepesto (@Wepesto) April 30, 2016
Di tutto l’impegno che la Soprintendenza ha profuso nelle invasioni liguri parlerò più diffusamente in un articolo che pubblicherò presto su Archeostorie, il Magazine di Archeologia Pubblica; qui invece mi soffermo sull’aspetto più intimo delle Invasioni: la loro capacità di smuovere il cuore. Il mio in questo caso.
La mia vita si è sempre svolta, almeno fino ai 20 anni, all’ombra della Madonna della Rovere (san Bartolomeo al Mare, IM): santuario mariano al quale sono legati momenti importanti della mia vita e al quale mi sento molto legata, a prescindere da ogni questione religiosa. Accanto c’è la mia scuola elementare, sotto la quale all’inizio degli anni ’80 vennero in luce i resti della mansio romana che la Tabula Peutingeriana chiama Lucus Bormani, tappa lungo la Via Julia Augusta che nei dintorni ha lasciato un’altra traccia del suo passaggio: un cippo miliare nella frazione di Chiappa, nell’entroterra di San Bartolomeo al Mare. Non credo che aver imparato a leggere e scrivere sopra i resti romani sia responsabile delle mie scelte professionali da adulta, pur tuttavia sono legata anche a questo sito archeologico. Che pur non ho mai visitato, in quanto sempre chiuso, da che ne ho memoria. In effetti non è né facilmente accessibile, né di facile lettura: le poche strutture conservate hanno elevati davvero risibili, e in mezzo al sito sono comunque gettati i piloni che sorreggono la scuola (fu proprio per la costruzione della scuola che si scoprì la mansio). Mai visitata dunque. Né io né nessun altro.
Mai vista prima: sotto la scuola elementare, una stazione di cambio cavalli romana della via… https://t.co/hKtxSrbVhd
— Nicola Ferrarese (@Liguriainside) April 30, 2016
Ma, potere delle Invasioni Digitali, proprio la mansio romana di San Bartolomeo al Mare, quel Lucus Bormani sempre sentito nominare, ma mai visto di persona, per un giorno è diventato accessibile. La Soprintendenza Archeologia ha aperto le chiavi del suo cancello e ha permesso ad una schiera eterogenea di Invasori di poter finalmente essere messi a conoscenza di un pezzo di storia che appartiene loro! Io non ho potuto partecipare, ma non volevo che in famiglia andasse perduta l’opportunità di avvicinarvisi, e ho iscritto alle Invasioni Digitali per il 30 aprile mia madre. La quale forse non è tanto digitale, ma ama sufficientemente la sua terra da capire l’importanza e il valore di quello che le stavo proponendo (partecipare al posto mio), e ha accettato con entusiasmo.

Il racconto che mi ha fatto, così minuzioso e appassionato, e le foto che mi ha mandato sono la dimostrazione migliore del fatto che la formula delle Invasioni Digitali funziona. Non solo perché apre le porte di luoghi altrimenti sbarrati, ma perché riesce a far dialogare anche più enti: l’invasione della Rovere ha impegnato infatti sia la Soprintendenza Archeologia, con il funzionario Gambaro che ha fatto da guida al sito, il Comune di San Bartolomeo, col sindaco che ha partecipato alla manifestazione, il Santuario, il cui preposto ha fatto da guida svelando storie e dettagli poco noti agli stessi parrocchiani. Ne è nato un racconto corale, nel quale i vari protagonisti si sono avvicendati per portare ai presenti la conoscenza del sito.
La copertura sui social (mia madre a parte) è stata buona: tra instagram, facebook e twitter ho visto parecchie immagini: vi posso assicurare che è difficile far parlare 4 sassi, ma a giudicare dai contenuti immessi in rete il messaggio dev’essere arrivato. Se cercate sia su twitter che su instagram il tag #sanbartolomeoalmare troverete tutte la immagini caricate dagli Invasori.
Per quanto riguarda me, ho vissuto l’Invasione alla Rovere per interposta persona, ma in pieno spirito di condivisione, tipico delle Invasioni Digitali, vi prometto, finalmente, dalle pagine di questo blog, un post archeologico, in cui racconterò anche a voi il sito del Lucus Bormani. Ma lo farò a modo mio: attraverso gli occhi della bambina che non ha mai potuto accedervi, attraverso gli occhi di mia madre che invece ha potuto farlo, e infine attraverso gli occhi dell’archeologa, Sennò che archeoblogger sarei? Chissà, potrei anche dedicare una storia su snapchat 😉
Stay tuned!
Un pensiero su “Invasioni Digitali: la Soprintendenza Archeologia della Liguria alla Rovere”