Archeologia Pubblica in Toscana: un progetto e una proposta

In occasione dell’imminente Primo Congresso di Archeologia Pubblica in Italia, riporto il post che avevo pubblicato nel luglio 2010 sul blog di Comunicare l’Archeologia a proposito del workshop, svoltosi a Firenze, “Archeologia Pubblica in Toscana: un progetto e una proposta”, che fu probabilmente la prima occasione per parlare in una sede ufficiale di archeologia pubblica in Italia.

Si è svolto il 12 luglio 2010 a Firenze il workshop “Archeologia Pubblica in Toscana: un progetto e una proposta”. Promosso  dall’Università degli Studi di Firenze, il workshop è stato occasione per presentare il PAPT, Polo di Archeologia Pubblica per la Toscana, cui lavorano i tre atenei di Firenze, Pisa e Siena. Cosa si intenda per Archeologia Pubblica lo spiega G. Vannini (università di Firenze) nell’intervento di apertura: l’Archeologia Pubblica è l’area disciplinare che ricerca e promuove il rapporto che l’archeologia ha instaurato o può instaurare con la società civile. Il potenziale di innovazione del settore sta nella capacità di creare un tessuto connettivo forte tra ricerca archeologica e comunità. I settori che ricadono nella sua sera sono la comunicazione, l’economia e le politiche dell’archeologia. L’obiettivo è usare la ricerca come fattivo vettore di sviluppo socioeconomico regionale. L’archeologia Pubblica ha una duplice valenza: quella di bene, patrimonio comune, e quella di funzione sociale che si estrinseca attraverso la comunicazione e la fusione col territorio. Il PAPT muove da una considerazione che potrà apparire ovvia ma che non è scontata: utilizzare la ricerca avendo per obiettivo lo sviluppo sociale ed economico dell’areale in cui interviene.

I successivi interventi sono stati presentazioni di singoli casi di Archeologia Pubblica che tutti insieme concorrono alla realizzazione del PAPT, sia in ambito nazionale che internazionale (si veda il contributo di S. Mazzoni – università di Firenze – che, parlando dell’esperienza in Siria, ha mostrato come attraverso ricerche archeologiche sul territorio e mostre di grande richiamo all’estro l’Archeologia Pubblica concorra allo sviluppo economico legato al turismo).

Il Dott. Anastasi (università di Siena) ha presentato un’interessante applicazione dell’archeologia dell’architettura a supporto della Protezione Civile nella valutazione del rischio sismico e in vista del restauro di edifici storici a seguito di danni derivanti da terremoto. L’Archeologia assume così il ruolo inedito di supporto scientifico nel campo del recupero di edifici in caso di emergenza.

Tra gli altri interventi si segnalano ancora le proposte concrete di interazione col pubblico presentate dalla Dott.sa Poesini (università di Siena), a partire dalla manifestazione annuale di piazza a Sesto Fiorentino (FI) “6000 anni di ceramica preistorica a Sesto Fiorentino” che punta all’interazione col pubblico nel senso più ampio del termine, tutte le fasce d’età, tutti i livelli culturali, grazie all’apporto tra gli altri dell’archeologia sperimentale, con l’obiettivo di sviluppare nella coscienza del singolo la conoscenza della propria tradizione cultuale attraverso il meccanismo del “fare”. Infine G. Bianchi (università di Siena) ricorda quale dev’essere l’iter per far sì che l’Archeologia possa dirsi Pubblica: innanzitutto la ricerca deve portare all’elaborazione di un racconto storico. Più sono i dati più il racconto è valido oltre che all’interno della comunità scientifica anche nel dialogo con il grande pubblico e innanzitutto con gli enti locali, che devono capire l’impatto del racconto per poter fornire un finanziamento. Segue quindi l’elaborazione e infine la realizzazione pratica del progetto.

Va rilevato a tal proposito un aspetto che tutti i convenuti hanno sottolineato: la necessità di reperire fondi, senza i quali non si fa nulla e la lungimiranza di presentare progetti che generino a loro volta fondi.

Infine, un fatto positivo emerge dal workshop ed è l’impegno in prima linea dell’università nel campo della valorizzazione, campo che il Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio e l’Art. 117, Titolo V (mod.) della Costituzione lasciano agli enti periferici. Si auspica quindi una sempre più stretta collaborazione tra università e Soprintendenza per i Beni Archeologici, in vista del bene comune, cioè il pubblico, e magari anche al di fuori della sola Toscana.

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Fin qui il resoconto di quella giornata. Di essa sono stati pubblicati gli atti, disponibili anche su Google Books, a cura di G. Vannini ed editi dalla Firenze University Press. Una lettura da fare, in attesa del Primo Congresso di Archeologia Pubblica in Italia che si svolgerà il 29-30 ottobre 2012.

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