Ciò di cui parlo ora non ha niente a che fare con l’archeologia (del resto non sta scritto da nessuna parte che devo parlare sempre e solo di archeologia, annessi e connessi), ma di una mostra di arte contemporanea che si è svolta nel 2008 e di cui solo oggi ho avuto notizia, che ha per protagonista un bambino.
La storia è molto semplice e ha dell’incredibile: il papà è un mecenate, mette a disposizione la sua bella villa in Toscana per mostre di artisti locali più o meno importanti, famosi e stimati; casa sua è un circolare continuo di artisti e non solo. Una mostra un mese, una mostra un altro mese, alla fine il figliolo del mecenate, con tutta l’innocenza e l’ingenuità di cui solo i bimbi delle Elementari sono capaci chiede al suo babbo “Ma perché non fai una mostra con i miei disegni? Perché io no?” Già, perché tu no? si chiede il babbo. Presto fatto: il bimbo, Elia Orso Frongia, realizza dei disegni (come dice il catalogo, a “tecnica mista”: pennarelli e pastelli a olio!) e una quarantina di artisti, anche internazionali, intervengono sui disegni dando vita ad altrettante opere d’arte. I disegni del bambino diventano la tela su cui gli artisti intervengono, chi più chi meno, trasformandoli, o forse solo completandoli, come opere d’arte. Alcune sono effettivamente fantastiche: in una la ballerina disegnata da Elia Orso viene affiancata da un suonatore su uno sfondo oro-marrone che crea la dimensione del sogno. In un altro un albero spoglio, realizzato da Elia, viene completata con la piccolissima sagoma di un pittore en-plein-air che dipinge quello stesso albero su una piccola tela. L’albero spoglio è quindi due volte soggetto pittorico.
Queste sono solo due opere della mostra “Perché io no?” del piccolo Elia Orso Frongia, un ragazzino che anche se non diventerà mai un artista da grande, comunque può dire di aver realizzato uno dei sogni che tutti i bambini hanno: che i propri disegni siano visti da tutti, apprezzati e capiti. Grazie alla sensibilità dei genitori, Elia ha la possibilità di crescere in un ambiente culturalmente e artisticamente fecondo, il che non è un male per la sua propria formazione culturale, merce rara da acquistare nelle scuole, di questi tempi.
Trovo questa mostra, che ahimè non ho potuto visitare, ma di cui fortunatamente ho visto il catalogo, un’idea geniale: in un mondo, quello dell’arte contemporanea, inaccessibile ai più, che non hanno i mezzi reali per comprenderla (io personalmente ho parecchie difficoltà di fronte a certe esposizioni), esporre i disegni di un bambino è un ritorno a quello che l’arte dovrebbe essere: la rappresentazione del mondo secondo il nostro punto di vista. Nel momento in cui l’artista è un bambino, in quel bambino noi vediamo tutti i bambini che a 8-9 anni disegnano, vediamo il mondo con i loro occhi puri e questa è senza dubbio la forma d’arte più bella e più autentica.