E’ cominciata questa settimana la V campagna di scavo a Diano Marina (IM) presso la Chiesa dei SS. Nazario e Celso, una piccolo edificio di culto tanto sconosciuto agli stessi abitanti di Diano quanto invece importante e ricco di storia.
Ah, se i suoi muri potessero parlare!
Direbbero, e sono gli archeologi che li hanno ascoltati, primo fra tutti Nino Lamboglia negli anni ’50, che l’edificio romanico, di cui rimane una splendida abside in pietra squadrata, in realtà si imposta su un precedente edificio preromanico che a sua volta si eleva su un preesistente luogo di culto paleocristiano, V-VI secolo d.C. E ancora, sotto l’edificio paleocristiano si trovano resti di imponenti strutture di età romana.
Incredibile? No.
Laddove oggi sorge la vallata di Diano Marina, tra Diano e San Bartolomeo al Mare, la Tabula Peutingeriana, uno dei più importanti documenti per la conoscenza della topografia antica, vera e propria carta geografica della romanità, segna una stazione di sosta, una mansio lungo la Via Julia Augusta. Quella statio, o mansio, aveva il nome di Lucus Bormani, bosco sacro al dio Borman, divinità dei boschi e delle sorgenti cui erano devoti i Liguri abitanti del luogo prima dell’arrivo dei Romani e che con la romanizzazione fu con tutta probabilità associato alla dea Diana (che guarda caso, dà il nome a tutti i paesini dell’immediato entroterra qui intorno, vedi Diano Castello, Diano San Pietro, Diano Calderina…mentre a chiudere ad Ovest la vallata c’è il paese di Cervo….ah già, la cerva è l’animale sacro a Diana!).
Negli anni ’50 Lamboglia, scavando accanto alla chiesa dei SS. Nazario e Celso, trovò delle strane strutture allungate in muratura delle quali non seppe dare una spiegazione convincente (innanzitutto per se stesso): furono interpretate come vasche o come sostruzioni pavimentali. In ogni caso si trattava di poderose strutture murarie relative ad un qualche edificio o complesso piuttosto importante. Lamboglia si concentrò poi dall’altro lato della chiesa e scese nella stratigrafia fino a mettere in luce le fondazioni dell’edificio, le tombe altomedievali ad esso addossate, le precedenti fasi costruttive della chiesa, ben evidenziate soprattutto nell’area dell’abside.
Dopo gli anni ’50 gli scavi furono abbandonati. Sono stati ripresi di buona lena nel 2005 dall’Istituto Internazionale di Studi Liguri.
Dopo 50 anni la tecnica di scavo è cambiata. Lamboglia all’epoca si era concesso il lusso di scavare una trincea che correva parallela al fianco della chiesa. Oggi ciò non è più metodologicamente corretto. Occorre cominciare dagli strati più recenti e scendere piano piano avendo cura di documentare ogni minima variazione nella stratigrafia.
Giorno dopo giorno, dal 2005, stanno emergendo nell’area fuori della chiesa, risparmiata dalla trincea Lamboglia, le sepolture di numerosi individui che nel corso dei secoli morirono in quel di Diano e dintorni. Un cimitero la cui continuità ha attraversato centinaia di anni…Le sepolture sembrano fatte in fretta, come se ci fosse stata la necessità impellente di seppellire troppa gente in un breve lasso di tempo. Subito il pensiero corre alle grandi epidemie della storia, come la peste del ‘600 (quella, per capirsi, del Manzoni) o la Peste Nera del ‘300 (quella del Decameron di Boccaccio). Non sono eventi detti a caso: i pochi frammenti ceramici datano all’incirca a entrambi i periodi, per cui suffragano l’ipotesi di far risalire questo cimitero ai grandi momenti di epidemia che la storia ricorda.
Gli archeologi stanno appunto lavorando su questi morti. Giorno dopo giorno lo strato restituisce nuove sepolture…Di fatto questo scavo si sta rivelando una palestra per gli aspiranti paleoantropologi che qui possono seguire gli inumati dall’individuazione della fossa allo scavo del riempimento, all’evidenziazione dello scheletro, al rilievo, allo studio antropometrico…
Lo scavo durerà per tutto luglio.
Se volete sapere qualcosa di più sapete dove contattarmi!
Marina Lo Blundo