Un post sul blog di Comunicare l’archeologia ci invita a riflettere sul fatto che spesso e volentieri dare una notizia di archeologia sui giornali non implica la correttezza dell’informazione archeologica perché si cerca più il sensazionalismo e lo “strano” piuttosto che la notizia scientifica in sé. Ed è così che prende vita l’Effetto Voyager.
Il caso in questione, che ha cavalcato addirittura la stampa internazionale, è quello degli scavi a Venezia che hanno restituito quanto si può leggere, con le dovute cautele qui:
http://publishingarchaeology.blogspot.com/2009/03/vampires-media-and-quality-control-in.html
Il caso eclatante del “vampiro di Venezia” deve mettere in guardia da quegli articoli o da quell’informazione mediatica che spara lo scoop ai confini della realtà senza prima correttamente verificare la scientificità della cosa. È senza dubbio più facile scrivere senza documentarsi, e perché no?, travisare i fatti, esagerarli, per attirare più pubblico.
Fare cattiva informazione, i giornalisti lo dovrebbero sapere, genera confusione e ignoranza, di qualunque campo si tratti. La correttezza dell’informazione, sia essa di archeologia, ma come di politica, economia o cronaca nera, deve essere sempre verificata da chi scrive. Ma questo, di nuovo, i giornalisti lo dovrebbero sapere.
L’effetto Voyager che si viene a creare in questo modo è quanto di più deleterio possa esistere in materia di archeologia. Da qui nascono infatti poi tutte quelle false credenze che vengono vendute come vere, ma che in realtà sono suggestioni al confine con la leggenda, che poco hanno di storicamente fondato e provato.
Gli spazi dei media devono essere un buon strumento da saper sfruttare in fatto di comunicazione archeologica, non dai quali farsi sopraffare.
Marina Lo Blundo