Siccome, mi duole dirlo, in sala in Museo ho molto tempo a disposizione, sto leggendo parecchio, ultimamente, e mi sto documentando su alcuni argomenti che, per una volta, nulla hanno a che vedere con l’archeologia o con i viaggi, ma con l’altra mia grande passione, il té. Ho appena letto, per l’appunto, Lo Zen e la cerimonia del tè, di Kakuzo Okakura e, incredibile ma vero, ho trovato una storiella – tragica in realtà – che può in qualche modo riguardare il mio attuale lavoro. È la tragica storia del Custode Samurai, soggetto di un’opera teatrale giapponese da cui traspare il grande valore che i Giapponesi danno alle opere d’arte.
C’era una volta un Signore giapponese, un generale che, come molti altri generali del suo tempo, preferiva ricevere come premio per le proprie vittorie non terre né ricchezze, ma un’opera d’arte. Egli aveva ricevuto il ritratto di Daruuma (Bodidharma) eseguito dal grande artista Sesson e aveva imposto ad un samurai di sorvegliarlo. Un giorno però si sviluppa un incendio, per via della negligenza del Custode Samurai.
Quand’egli si accorge del fuoco è ormai tardi per salvarsi e portare in salvo il dipinto, ma lui è pronto a tutto per portare a termine la missione affidatagli: mentre le fiamme lo lambiscono da ogni parte lui, pensando solo al dipinto, si apre il corpo con la spada e infila l’opera nella ferita aperta. Quando l’incendio viene domato, è rinvenuto il corpo carbonizzato del Custode Samurai, ma l’opera, custodita all’interno del suo corpo, è illesa. Missione compiuta, il Custode Samurai si è immolato per la salvezza dell’opera d’arte!
Lascio a voi le riflessioni ulteriori sulla dedizione degli attuali custodi mussali al proprio lavoro, e la loro consapevolezza riguardo l’importanza delle opere che custodiscono. Chiaro che io non mi squarterei mai per proteggere l’antico vaso, ma, ecco, mi guardo bene dal fare scoppiare l’incendio! Ciò che voglio dire è che non occorre fare gli eroi, ma casomai tante volte un pizzico di menefreghismo in meno e di cura in più non guasterebbe…
Però, quando arrivano certe scolaresche, una bella katana ci vorrebbe proprio ;-P.
Buon lavoro, Mari chan!
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