Colpa mia. Colpa mia che mi sono abituata a mostre allestite ai Musei Capitolini negli spazi di Palazzo Caffarelli e dunque articolate, criticabili (come quella su Fidia) o eccellenti (come quella sulle lucerne di Pompei o quella sui Marmi Torlonia). La promozione apparsa sui miei canali mi ha indotto effettivamente in errore, così mi sono ritrovata sabato scorso nella situazione di voler visitare la mostra “Antiche civiltà del Turkmenistan” cercandola a Palazzo Caffarelli, senza trovare un’indicazione, una volta fatto il biglietto e passato il controllo borse, vero e proprio accesso al Museo. Scoprendo solo dopo che (mea culpa, sul sito web dei Musei Capitolini è scritto) in questo sabato qualunque, un sabato italiano, in cui nessuno si sposa perché è Ognissanti, l’ingresso alla mostra, che occupa tre piccole sale del Palazzo dei Conservatori, avviene da fuori, da una porta a lato della biglietteria. Peccato che, al momento di fare il biglietto, chiedendo esplicitamente della mostra, nessuno abbia pensato di avvisarci riguardo alla sua collocazione e al suo ingresso.
Lascerò da parte la frustrazione nel cercare di capire dove andare, mentre spenderò lodi per quell’assistente alla vigilanza che ha lasciato la sua postazione davanti al Marco Aurelio per scendere con noi due rampe di scale e scortarci fuori raccomandandoci ai suoi colleghi.
Sarò estremamente sintetica: se volete andare ai Capitolini per visitare questa mostra, risparmiatevi il viaggio. Lo spazio espositivo è ridotto ad appena tre sale di ridotte dimensioni nelle quali necessariamente trovano posto pochi reperti e ancora meno spiegazioni esaustive sui pannelli.
Sfido l’Italiano medio a collocare sulla mappa dell’Asia il Turkmenistan attuale. A maggior ragione lo sfido a sapere chi ci vivesse nell’antichità. La mostra non fa altro che dare pochissimi elementi sia geografici che storici. In sostanza, difficilmente si uscirà dalle tre salette di mostra avendo imparato qualcosa sul Turkmenistan nell’antichità. Quanto ai Parti, che dovrebbero essere i protagonisti della narrazione, beh, non è che ci vengano raccontati in maniera non dico esaustiva, ma quantomeno essenziale. In effetti, i Parti non sono neanche gli unici protagonisti, perché la mostra prende le mosse dalla Margiana protostorica, che si colloca tra il III e il II millennio a.C. nel sud-est dell’attuale Turkmenistan. La Partia, la regione cioè abitata dai Parti che infiniti addussero lutti ai Romani (vi ricordate le famose insegne sottratte a Crasso dopo la sconfitta di Carre del 53 a.C.?) si colloca invece nel Turkmenistan centro-meridionale.

Dopo una prima sezione dedicata alla Margiana protostorica e alla sua cultura materiale (vasellame proveniente dal sito di Gonur Tepe, il più importante tra i siti protostorici del Turkmenistan), si passa alla rappresentazione del potere e del culto dei morti. In questa sezione, la gazza ladra che è in me non può non soffermarsi sui gioielli esposti: in perline, pietre preziose e oro, assolutamente moderni nelle loro forme: io personalmente non esiterei a indossarli. Sigilli in bronzo, pettorali, asce conformate a pesce sono gli oggetti status symbol del potere a Gonur Tepe, tra la fine del III e il II millennio a.C.

Curiosi i vasi in ceramica d’impasto, decorati con figurine antropomorfe che sembrano le mie creazioni di bambina con il das: figurine semplici, stilizzate, applicate ai vasi; hanno un che di infantile, di semplice, eppure così immediato nella loro forma e sostanza.
Con brusco salto temporale, eccoci catapultati nel III secolo a.C., quando arrivano gli Arsacidi, da cui discendono direttamente i Parti. I quali, sotto il regno di Mitridate I, che regna nel corso del II secolo a.C., controllano un territorio vastissimo che va dall’Eufrate alla Battriana. Sostanzialmente si inseriscono in una serie di vuoti di potere venutisi a creare con la fine dell’impero persiano dovuta alla sconfitta e conquista ad opera di Alessandro Magno. Tornando a Mitridate I, a lui si deve la fondazione di Nisa Mithradatkert, poi nota come Nisa Vecchia e ampiamente indagata da missioni archeologiche fin dagli anni ’30 del Novecento, con missioni russe e ancora oggi e in anni recenti, con l’Università di Torino insieme alle università russe.
I rhyta di Nisa
Una cosa emerge in mostra: l’influenza dell’arte ellenistica in questi territori, da quando i Parti entrano effettivamente in contatto con i Greci. Ecco che allora oggetti magnifici come i rhyta (corni potori per versare e per bere) in avorio intagliato non possono non attirare sguardi, curiosità e attenzione: rinvenuti a Nisa Vecchia nel 1948 dall’équipe russa che scavava l’antica città capitale dei Parti, sono una tipologia di oggetti unica nel suo genere; sicuramente frutto di scambi e incontri culturali e artistici tra il mondo greco e l’Asia Centrale – il rhyton è una forma ceramica diffusa nel mondo greco, che offre al ceramista e al pittore di dimostrare le rispettive qualità artistiche – la loro peculiarità è data dal materiale, l’avorio, e dalle raffigurazioni intagliate sulla superficie. Oggi appaiono privi di colore, ma dobbiamo immaginarli almeno in parte rivestiti in argento e bronzo, con intarsi di pietre semipreziose. Gli esemplari, 48 in totale, rinvenuti nella cosiddetta Casa Quadrata di Nisa, presentano un terminale che riproduce figure a tuttotondo fantastiche, animali, mitologiche o umane, mentre lungo il bordo superiore corre un fregio istoriato sormontato da una cornice altrettanto elaborata. Il fregio può raffigurare i dodici dei dell’Olimpo o scene legate al mondo dionisiaco.




Nisa Vecchia
Abbiamo citato Nisa Vecchia e la Casa Quadrata. Vediamo di capire qualcosa della città antica scavata prima (per tutto il Novecento) solo ed esclusivamente da équipes russe e in anni recenti anche dall’Università di Torino.
La narrazione è affidata a due strumenti: un videomapping proiettato sul plastico dell’area archeologica corrispondente all’antica città dei Parti e un pannellino verticale per leggere il quale occorre avere un account snapschat. Una scelta, quest’ultima, decisamente discutibile (anche perché: ma chi usa ancora snapchat in Italia?): un banale qrcode era troppo poco originale? Sarebbe interessante capire quante visualizzazioni avranno i contenuti fruibili su snapchat: io un’idea ce l’ho, ma spero vivamente di smentirmi; in ogni caso non ho scaricato l’app apposta per vedere questi contenuti e come me presumo agirà il 99% dei visitatori.
Il videomapping in realtà è ben fatto: si illuminano i vari settori del sito man mano che scorre la narrazione. Il problema, però, è che talvolta le didascalie scorrono troppo velocemente, senza lasciare il tempo di leggere e osservare allo stesso tempo.
Per fortuna c’è anche un pannello – evviva la comunicazione tradizionale! – che fornisce una sintetica descrizione della città.
Nisa Vecchia, antica fortezza di Mitridate, Mithradatkert, diviene a un certo punto della sua storia una sorta di città memoriale nella quale i Parti celebravano re ed eroi nazionali. Il sito era circondato da possenti mura in mattoni crudi e dominato da una serie di edifici che prendono i nomi convenzionali i Complesso Centrale, Casa Quadrata (quella da cui provengono i rhyta) e poi grandi complessi di immagazzinamento per derrate alimentari, vino, aceto e olio. Il Complesso Centrale si articola in una Sala Quadrata, un Edificio Torre, un Edificio Rosso (per il rinvenimento di tracce di pittura rossa alle pareti), una Sala Rotonda.

in Turkmenistan
A dispetto dei grandi edifici di rappresentanza, indubbiamente sono i magazzini ad aver restituito informazioni sulla cultura materiale dell’epoca: essi hanno restituito infatti circa 2700 iscrizioni in partico su ostraka, cioè su frammenti ceramici reimpiegati a mo’ di etichetta sui contenitori – spesso giare – riportando provenienza, quantità, contenuto.

Se invece, ancora una volta, vogliamo lasciarci impressionare dai capolavori storico-artistici, ecco che nuovamente la Casa Quadrata restituisce una statuetta di Venere tipo Anadiomene che poco ha da invidiare alle sue coeve di II secolo a.C. prodotte in ambiente ellenistico. E sempre dalla Casa Quadrata provengono ulteriori oggetti di prestigio, come certe figurine in metallo quali grifoni o sfingi, che mostrano la grande conoscenza dell’arte ellenistica da parte degli artigiani locali. La Casa Quadrata, per la ricchezza dei suoi ritrovamenti è stata interpretata come luogo dapprima usato per ospitare banchetti cerimoniali e poi come tesoreria.

Concludendo: alcune risorse per approfondire
La mostra dei Capitolini sulle prime lascia delusi, poi invoglia ad approfondire il tema. Per fortuna l’Università di Torino scava a Nisa Vecchia da diversi anni, producendo bibliografia in italiano (laddove, suppongo, la bibliografia precedente sia in russo). Online ho recuperato due interessanti contributi di approfondimento di cui vi lascio i link:
Gli splendori di Nisa Partica. Scavi italiani in Turmenistan
Infine, per leggere la presentazione della mostra dei Capitolini:
https://www.museicapitolini.org/it/mostra-evento/antiche-civilt-del-turkmenistan






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