Stamattina sono stati resi noti i risultati della consultazione pubblica indetta su internet lo scorso novembre dalla Direzione Generale del MiBAC per valutare eventuali nuove tendenze e desiderata da parte del pubblico dei musei statali in termini di accessibilità, orari e biglietti.
I risultati di “Il museo che vorrei” sono interessanti. Rispetto a qualche pronostico che avevo azzardato a fare io qui, basato principalmente sulla mia esperienza limitata ad un solo museo statale, le risposte sono diverse e aprono la strada a riflessioni e nuove idee da parte del ministero.
Lascio perdere i numeri, che potete reperire sul file messo a disposizione direttamente dal ministero, mentre mi voglio soffermare su alcune riflessioni che sorgevano a me e a quei pochi altri che hanno seguito il livetwitting su twitter con l’ashtag #ilmuseochevorrei e @MI_BAC. Ieri avevo chiesto tramite twitter se ci sarebbe stata una diretta streaming. Mi hanno detto di no e lì per lì ci sono rimasta male; poi però, vedendo stamattina la scarsa partecipazione di pubblico di twitter (assenti ad esempio le strutture statali che hanno twitter, Museo Archeologico di Venezia escluso [ma lì c’è il barbatrucco]), mi sono detta che effettivamente non aveva senso montare un video per farlo vedere a me e a pochi altri nullafacenti. Peccato però, perché i direttori delle varie strutture statali dovrebbero essere i primi ad essere interessati a questi argomenti.
Tra i vari risultati, mi sembra degna di qualche riflessione la proposta di aprire gratuitamente i musei una domenica al mese (nel questionario proponevano la prima, adesso A.M. Buzzi dice che sarà l’ultima): in questo modo si invitano i cittadini a visitare il museo, più ancora che i turisti. E questo è bene, perché va bene pensare al turismo culturale, ma spesso si rischia di perdere di vista la comunità civica espressione della cui identità storica il museo è portavoce per concentrarsi solo sul turismo di massa, con il pericolo, già evidente nei centri storici, che i cittadini si allontanino da un luogo che non sentono più loro perché snaturato. Una domenica del mese gratuita non parla dunque (solo) ai turisti, ma soprattutto agli abitanti. C’è un però: e riguarda la politica di gestione del personale di custodia che il MiBAC conduce e che per carenza di fondi si vede costretto a tagliare. Signori, parliamoci chiaro: il Ministero non ha i soldi per tenere i custodi a lavorare di domenica; d’altrocanto, però, il Ministero vuole incrementare i visitatori della domenica, probabilmente auspicando un servizio quanto migliore possibile. La direzione generale per la valorizzazione non parla con la direzione generale che si occupa del bilancio e della gestione del personale; ovvero, la mano destra non sa che fa la sinistra. Ora, mentre alcune realtà museali di un certo livello, come gli Uffizi ad esempio, possono reggere una situazione del genere, musei più piccoli o con meno personale, che tutte le domeniche lottano con la carenza di personale, rischiano invece di strozzarsi e di non offrire un servizio adeguato: domenica gratuita ma mezzo museo chiuso! Bell’affare! Forse varrebbe la pena che le due direzioni generali si mettessero a un tavolo e discutessero bene prima di prendere decisioni di questo tipo.
Da qui dipende un altro risultato: il pubblico vuole i musei aperti la sera e il ministero concederà qualcosina ma, avverte la Direttrice Generale Buzzi, siccome (vedi sopra) non ci sono fondi per il personale interno al ministero, la proposta è di far fare i custodi a dei volontari. Nulla contro il volontariato, per carità, ma è il primo passo per fornire un alibi al blocco delle assunzioni (la graduatoria dell’ultimo concorso deve ancora finire di scorrere) e un modo per sfruttare gratuitamente giovani – perché poi di loro si tratterebbe. Non mi piace, non mi piace per niente.
La Settimana della Cultura verrà spostata a data da destinarsi, in un periodo però di magra turistica: ottima idea, effettivamente il periodo scelto di solito è un macello in termini di affluenza di pubblico, per cui dirottare eventi gratuiti di questo tipo su periodacci come novembre o febbraio può essere un modo efficace per evitare il sovraffollamento nei soliti noti musei e per riempire le sale dei musei più “disgraziati” in tempi di carestia.
Personalmente sono un po’ delusa dalla scarsa risposta al questionario: 7043 adesioni sono poche rispetto al pubblico dei musei e rispetto agli utenti di internet. il Mibac dice di essere soddisfatto perché ha condotto un’efficace campagna pubblicitaria in rete attraverso i social network. Ma non mi sembrano numeri così alti per un sondaggio condotto su scala nazionale da un ministero. Sapete dove si è rotto l’ingranaggio? Esatto: proprio nel momento in cui l’informazione doveva essere trasmessa al pubblico reale dei musei da parte dei musei reali. Musei che però, come dicevo prima, oggi non hanno seguito la discussione dei risultati. I principali interessati da questo sondaggio sono quelli che non hanno veicolato il messaggio. E il risultato è che la consultazione pubblica nazionale si basa su 7000 risposte, checché ne abbia detto oggi G. Amassari: “La consultazione è uno strumento utile e democratico, di partecipazione!”
Eppure il MiBAC è così contento di come utilizza i social network! In realtà, mi faceva notare Simone Gianolio, la visione del social media da parte del ministero è un po’ limitata o di parte, se vogliamo: viene considerata social una comunicazione che parte dal museo e arriva al pubblico, non il contrario, e non tra pubblico e pubblico in museo. Non considera, il MiBAC, che social network implica condivisione, condivisione anche di immagini, di immagini anche di opere d’arte, reperti e monumenti… caro Ministero, che vogliamo fare? Ci decidiamo ad esprimerci chiaramente in materia di riproduzioni fotografiche di Beni Culturali?
Non è “social” una comunicazione univoca da uno a molti, ma è social la comunicazione da molti a molti, che è alla base del web 2.0 nel quale i social network sono nati. Non si può parlare di fare social media solo perché si usa limitatamente uno o due social network (MiBAC lo sai che esiste Insagram? E Pinterest? Chi ha paura del lupo cattivo?).
Concludo con un suggerimento alla Direzione Generale per la Valorizzazione: da organo centrale cerchi di coordinare gli istituti periferici non semplicemente ordinando loro di aprire gratuitamente l’ultima domenica del mese, ma chiedendo quali sono i problemi, le difficoltà, le intenzioni. Riguardo l’utilizzo dei social media, lo sa il ministero quante sono le strutture statali che ne usufruiscono? Forse dovrebbe indicare degli standard minimi, delle linee guida. Fermo restando, però, che è inutile fare promozione in ambiente virtuale, quando il museo reale ha già delle lacune di comunicazione, accessibilità, informazione al pubblico. Prima il ministero vigili perché si risolvano i problemi reali, poi si occupi di quelli virtuali.






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