Dopo anni di assenza (15, per la precisione) ho di nuovo varcato la soglia di uno dei luoghi culturalmente più interessanti del Ponente Ligure. Un tempo ci lavoravo come collaboratrice, oggi ci sono entrata come visitatrice. E’ stato un tuffo al cuore (perché questo per me è un luogo del cuore), ma anche l’occasione per ritornare a riavvicinarmi a una figura fondamentale per lo sviluppo culturale di Bordighera, nonché per la conoscenza botanica e naturalistica delle Alpi Liguri e per la documentazione serrata e spasmodica delle incisioni rupestri del Monte Bego.

Parlo di Sir Clarence Bicknell, eclettico personaggio inglese, eccellente acquarellista, esperto botanico, esperantista e, infine, appassionato di archeologia, per quel che attiene, per l’appunto, le incisioni rupestri. Costui ebbe la ventura di ritrovarsi, nella seconda metà dell’Ottocento, a Bordighera, all’epoca una piccola località di mare che – divenuta famosa in tutto il centro e nord Europa per la salubrità del clima della Riviera – aveva attirato a sé una comunità decisamente attiva e culturalmente stimolante di intellettuali, scienziati e artisti dall’Inghilterra, primariamente, ma anche dalla Francia, dalla Svizzera, dalla Germania e dalla Svezia. Siamo negli anni in cui Bordighera, da borgo di pescatori e di coltivatori di olivi per l’olio e di palme per il papa, si sta trasformando in meta turistica anche piuttosto elitaria, con la costruzione di grandi alberghi e di splendide ville che vanno a occupare la fascia, un tempo coperta di uliveti, compresi tra il borgo tardomedievale di Bordighera alta e il Borgo Marina.

Sono diversi i nomi rilevanti che scelgono questo territorio tra gli ultimi 30 anni dell’Ottocento e i primi due decenni del Novecento: il più noto localmente è sir Thomas Hanbury, con un passato da mercante, tra le altre cose, di té, che però preferisce Ventimiglia a Bordighera, finanziando la costruzione di una scuola e acquistando la collina della Mortola dove realizzerà il suo giardino paradisiaco, noto ancora oggi come “Villa Hanbury“; altro nome noto localmente è quello del tedesco Ludwig Winter, botanico, che sceglie Bordighera per coltivare, piantare, sperimentare nuove specie di palme e per progettare giardini; e poi ci sono nomi di respiro internazionale: primo tra tutti il pittore Claude Monet, che realizzò ben 34 quadretti a partire da un suo soggiorno a Bordighera, e non ultimo l’architetto Charles Garnier (l’architetto dell’Opera Garnier a Parigi) che qui ha realizzato più di un edificio, sia pubblico (il palazzo del Municipio, la chiesa di Terrasanta) che privato (la sua Villa Garnier e Villa Etelinda, lungo la via Romana). Bordighera fu poi meta scelta e amata da pittori impressionisti provenienti da varie parti d’Europa, che l’hanno ritratta in opere ora presenti in tantissime collezioni private in tutto il mondo.
In questo clima culturale e artistico la figura di Bicknell si integrò subito. Appassionato camminatore e naturalista, molto bravo nel disegno dal vero, cominciò a studiare e a realizzare erbari delle piante e fiori delle Alpi Liguri che percorreva quotidianamente per km e km. Sulle Alpi Marittime si imbattè in altro genere di cose che destarono il suo interesse: le incisioni rupestri del Monte Bego, che egli rilevò con testarda solerzia, a carboncino su fogli di velina che ancora oggi si conservano. Ne realizzò a migliaia, al punto di appassionarsi e studiarli, sistematizzandoli e gettando le basi per lo studio successivo di questi documenti preistorici unici nel territorio.
Ma veniamo, finalmente, al Museo Biblioteca.
Esso ha sede in un’elegante palazzina preceduta da un portico sul quale si arrampica una pianta di glicine inserita nell’elenco degli alberi monumentali d’Italia. L’edificio è ad aula unica, chiuso sul fondo da un’abside concepito fin dall’inizio come uno spazio sul quale campeggiava (ed è tuttora) un pianoforte. Oggi un ballatoio permette di conservare ed esporre su due piani gli 85mila volumi dell’attuale biblioteca che – sorta dal nucleo di collezione di Bicknell, si è ampliato poi nel momento in cui la Biblioteca fu acquisita dall’Istituto Internazionale di Studi Liguri, che ne fece la propria biblioteca, prettamente archeologica e con un focus sul territorio.

Davanti all’ingresso della Biblioteca, Bicknell fece piantare un albero di Ficus Magnolioide. Una pianta che oggi, dopo più di 145 anni continua a vivere e ad espandere le sue radici: nel tempo ha inglobato cancellate, ha divelto muretti, ha sollevato pavimentazioni, ha costretto a ripensare l’accesso alla biblioteca in anni recenti, per far sì che l’albero – anch’esso classificato come albero monumentale d’Italia – continui a vivere e ad espandere le sue fronde.

Superato il ficus, ci imbattiamo in un piccolo quadrato di basoli di calcare: è un piccolo tratto di via Julia Augusta, prelevata da Ventimiglia – pardon, Albintimilium – e traslata qui quando fu realizzata la strada che aveva appunto intercettato il tratto di via basolata in ingresso alla vicina città romana (scavata a partire dall’Ottocento da Girolamo Rossi, poi da Nino Lamboglia, quindi dall’Istituto di Studi Liguri, e di cui sono aperti al pubblico, presso l’Area archeologica di Nervia, l’Antiquarium, le terme urbane e il teatro: ne parleremo magari in un altro post più avanti).
Entriamo, finalmente, in biblioteca.

Il tavolone centrale, al quale siedono gli studiosi, è sempre lì, non ha cambiato posizione da 15 anni a questa parte. Sui lati, non hanno mai cambiato sede nemmeno le librerie, né tantomeno la vetrina che ospita una sepoltura a cappuccina, rinvenuta a Bordighera nel 1955, completa del suo corredo, più altri manufatti provenienti dal territorio e – come nel caso di un quadretto pompeiano frammentario – dal mercato antiquario appartenuti, invece, alla collezione privata di Bicknell.

A fine Ottocento, infatti, era fiorente il mercato antiquario clandestino accanto agli scavi archeologici in corso, e Bicknell acquistò diversi materiali provenienti dai contemporanei scavi di Albintimilium lungo la linea della costruenda linea ferroviaria, che nelle grotte preistoriche del Finalese, per cercare di contrastarne la dispersione. Oggi i materiali sono confluiti nelle collezioni rispettivamente del Museo Girolamo Rossi (MAR) di Ventimiglia e del Museo Archeologico del Finale. A proposito del Museo G.Rossi di Ventimiglia, museo civico formatosi proprio a partire dagli scavi di fine Ottocento che accompagnarono il tracciato della ferrovia e seguiti dal Rossi, vale la pena di sottolineare come di alcuni materiali esposti in realtà sia incerta la provenienza, perché il Rossi (aiutato economicamente da sir Thomas Hanbury) nel cercare di contrastare il mercato antiquario clandestino che si era sviluppato, riacquistava materiali archeologici, quali iscrizioni o lastre campana, senza poter verificare la provenienza effettiva da Albintimilium. Il bel piatto in vetro con ittiocentauro, invece, viene sicuramente dallo scavo di una delle tombe della Necropoli Occidentale di Albintimilium, rinvenuto il 28 luglio 1882.

Tornando al Museo/Biblioteca Bicknell, sono ancora lì i due camini sui quali campeggiano sigle ed iscrizioni in esperanto, così come in esperanto sono iscritte alcune giare che si trovano poco più avanti, presso i tavoli/vetrine che espongono alcune pubblicazioni e alcuni acquerelli realizzati da Clarence Bicknell.
I rilievi a carboncino su carta velina delle incisioni rupestri del Monte Bego sono esposte in apposito espositore scorrevole all’ingresso della biblioteca. Si tratta di una selezione delle incisioni più significative rispetto alle migliaia di riproduzioni che Bicknell realizzò nel corso delle sue esplorazioni sul Monte Bego. Lo studio e la catalogazione sistematica delle rocce incise vede la sua pubblicazione nel 1913, nel volume A Guide to the Prehistoric Rock Engravings in the Italian Maritime Alps, a cura di Bicknell, ovviamente, ristampato nel 1972 dall’Istituto Internazionale di Studi Liguri, con un’introduzione di Nino Lamboglia.

In quell’opera, che Bicknell pubblica a conclusione di uno studio decennale delle incisioni, sia grazie a visione autoptica che per analisi dei rilievi eseguiti sul posto, lo studioso fornisce una classificazione delle figure incise: figure cornute, aratri, armi e strumenti, uomini, capanne e poderi, pelli, forme geometriche e una miscellanea di figure indeterminabili, per un totale di più di 12mila incisioni censite e rilevate. Il volume è corredato da un ricco apparato di tavole che rende giustizia della varietà di tipologie di incisioni, mentre nel testo esse sono trattate topograficamente, dalla Valle delle Meraviglie a Val Fontanalba, alla Valauretta, la Val Camasca e il Col Sabbione.

Un video, realizzato dalla Bicknell Foundation appositamente per il Museo/Bibilioteca, racconta la vita e le ricerche del nostro protagonista, a partire dalla campagna inglese nella quale – pastore anglicano – decise di spretarsi e di cambiare vita, ad arrivare a Bordighera, alle Alpi Marittime che percorse in lungo in largo, fino alla costituzione del Museo/Biblioteca nel piccolo elegante villino che tuttora lo ospita.
Una volta era possibile aprire i cassetti di due armadi, nei quali erano raccolte migliaia di esemplari di un’altra passione del Bicknell naturalista: farfalle e insetti, tutti scientemente infilzati con uno spillo.

La collezione Bicknell non si esaurisce qui, continua all’interno della sede dell’Istituto di Studi Liguri nella Sala Pompeo Mariani. Prima di arrivarci, però, vorrei spendere due parole su ciò che è diventato il Museo Bicknell dopo la scomparsa del nostro protagonista e in particolare dalla II metà del Novecento in avanti.
Ho accennato più sopra all’Istituto Internazionale di Studi Liguri e a Nino Lamboglia, il suo fondatore. Ebbene, Dopo la sua costituzione e l’acquisizione, come sede dell’Istituto, del vecchio Hotel Scandinavia, in una palazzina di fine Ottocento affacciata sulla via Romana (la via lungo la quale sorsero le principali ville e alberghi alla fine dell’Ottocento e che fu tracciata seguendo all’incirca il percorso dell’antica via Julia Augusta, su suggerimenti vari dell’architetto Charles Garnier), Lamboglia acquisì all’Istituto anche il Museo Bicknell che mantenne nella sua concezione e che trasformò progressivamente in una biblioteca di archeologia la quale, negli anni, ebbe modo di accrescere i propri fondi e di diventare un punto di riferimento per le generazioni di archeologi italiani formatesi tra gli anni ’60 e i primi anni 2000. Tra l’altro, vale la pena di accennare, anche se solo brevemente, alla figura complessa e importante di Nino Lamboglia il quale, non solo fondò l’Istituto Internazionale di Studi Liguri nonostante fosse incardinato nella Soprintendenza e venendo quindi a creare un sistema virtuoso di relazioni tra Stato e associazionismo nella ricerca archeologica, ma fu figura importantissima negli studi sulla ceramica romana, della quale per primo comprese l’importanza come fossile guida nella datazione dei contesti archeologici. E a proposito di contesti, Lamboglia gettò le basi per la futura archeologia stratigrafica; non a caso sul cantiere dell’Area del Gas di Ventimiglia si formò un personaggio destinato a diventare punto di riferimento indiscusso per tutti gli archeologi a lui contemporanei e successivi: Andrea Carandini che applicò a Ostia antica, nello scavo delle Terme del Nuotatore, gli insegnamenti appresi sul cantiere di Albintimilium relativamente all’importanza dello studio della ceramica per datare i contesti (poi Carandini allargò ovviamente il discorso ma, come dicevo, qui voglio dare proprio un accenno). Infine, non va dimenticato che Nino Lamboglia, pur non sapendo nuotare (e infatti morirà annegato) è stato il fautore dell’archeologia subacquea in Italia, con lo scavo di relitti che sono pietre miliari negli studi del settore, a partire dalla nave romana di Albenga a quella della Felix Pacata, nave doliare rinvenuta al largo di Diano Marina.

La figura di Nino Lamboglia nel Museo/Biblioteca Clarence Bicknell attuale rimane un po’ in sordina, quasi dimenticata. Eppure, se “la Bicknell” è rimasta attiva e operativa fino ai giorni nostri è grazie a lui e a chi l’ha seguito alla Direzione dell’Istituto.
E veniamo alla Sala Pompeo Mariani.
Al Piano terra della sede dell’Istituto di Studi Liguri, in una sala che un tempo fungeva da aula per le lezioni dei Corsi SIMA – Scuola Interdisciplinare delle Metodologie Archeologiche, che richiamava discenti da ogni parte d’Italia – è stata allestita un’ulteriore sezione di approfondimento sulla figura di Bicknell: in particolare emerge la figura di Bicknell viaggiatore ben oltre le Alpi Marittime – con acquarelli di un suo viaggio in Egitto, per esempio, o libri e fotografie di un suo viaggio a Ceylon – e Bicknell esperantista. Alle pareti, ci guardano i ritratti dipinti da Pompeo Mariani, pittore impressionista di Bordighera che ritrasse tra gli altri la Regina Margherita di Savoia (il suo ritratto fa parte della collezione IISL).

Visitare il Museo Biblioteca Clarence Bicknell vuol dire prendere la macchina del tempo e tornare a Bordighera negli anni magnifici di fine ‘800, quando essa era un luogo di villeggiatura apprezzato, certo, ma era anche un luogo nel quale si respirava una vivacità intellettuale, culturale e artistica davvero interessante. Ma vuol dire anche immergersi nel clima culturale che a Bordighera si mantenne ben oltre la scomparsa di Bicknell. L’acquisizione da parte di Lamboglia all’Istituto di Studi Liguri diede infatti nuova linfa a questo luogo, decretandone la sua trasformazione in biblioteca di archeologia che però mai perse la sua identità. Infine, col XXI secolo, grazie all’acquisizione pochi anni fa di un intero fondo di materiali di proprietà degli eredi di Bicknell, il Museo/Biblioteca è tornato a raccontare una storia che è unica, che è senza dubbio importante a livello locale e che merita che sia fatta conoscere anche al di fuori dei confini del Ponente Ligure e della Liguria stessa. Una storia che unisce archeologia, interessi naturalistici, arte, lingua, in un clima culturale di respiro davvero internazionale. Un personaggio eclettico, dagli interessi più disparati, eppure metodico, preciso, acuto osservatore, attento studioso. Una figura che ha lasciato un’eredità importante e prolifica per quel piccolo fazzoletto di mondo che è l’estremo Ponente Ligure.
(Un ringraziamento a Elena Resta – compagna di tante giornate in Bibknell ai tempi che furono – e a Giovanni Russo, bibliotecari della Bicknell che mi hanno accolto e accompagnato nella visita)







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