Ricordiamo alcune regole di netiquette per creator digitali di contenuti culturali

Era da molto che non aggiornavo questa rubrica, “archeowebwrting“, perché pensavo di aver detto tutto, di aver esaurito l’argomento. Mi sbagliavo. Perché nel 2025 ci sono ancora account social che si propongono di fare divulgazione culturale – nello specifico archeologica – violando qualsiasi regola di netiquette relativa all’uso, riuso, citazione e verifica delle informazioni. Ecco la goccia che ha fatto traboccare il mio vaso.

L’account in questione – che ha più di 227mila follower su facebook e oltre 54mila follower su instagram, ha trovato quest’immagine su instagram e inizialmente senza citare la fonte (solo in un secondo tempo si è capito chi l’ha pubblicato per primo, ammesso che sia effettivamente il primo, e cioè @artifactshub, un account internazionale da 75.200 followers, che però non riporta una didascalia esplicativa) ci ha appiccicato sopra una spiegazione raccattata non si sa dove.

Sarà che io sono responsabile scientifico dell’area archeologica dei porti di Claudio e di Traiano (sfiga, eh?) dalla quale secondo l’account proviene questo mosaico, ma mi è saltato all’occhio che questa porzione di pavimento musivo non viene da Portus, ma da Ostia, da una delle fontane delle Case a Giardino, quartiere residenziale di età adrianea, ed è parte di una scena nilotica nella quale tra gli altri incontriamo anche un coccodrillo oltre ai pigmei, come vuole tradizione, anzi iconografia. La foto tra l’altro mi ha incuriosito, perché in realtà il pavimento in questione è interamente a vista da qualche anno. Insomma che non me ne sono stata zitta, e sono intervenuta. Per farla breve, la didascalia è stata corretta e nessuno si è fatto male. Nessuno tranne tutti quei soggetti che hanno messo like e commentato leggendo una didascalia sbagliata.

Il post incriminato è stato corretto

Anticae Viae è una mia vecchia conoscenza. Già in passato l’ho pizzicato a utilizzare senza citazione, né senza aver chiesto preventivamente il permesso di ripostare (cosa che sarebbe sempre buona pratica fare, anche se si citano i crediti) contenuti miei, sia che si trattasse di foto, sia che si trattasse di testi. Come con me lo fa anche con i post di altri divulgatori culturali e di istituti culturali dei quali riposta i contenuti elaborando il tutto in modo che non compaia l’autore. Ora, talvolta si appropria di contenuti di qualità, talvolta meno, perché non si perita di verificare se la fonte sia attendibile. Talvolta, come la goccia che ha fatto traboccare il vaso di oggi, prende un’immagine clickbait (che infatti ha avuto un grande successo di like e di commenti) e ci appiccica sopra una didascalia attinta da non si sa bene quale fonte.

Anticae Viae non è né il primo né l’unico account a comportarsi così. La necessità che ha di pubblicare contenuti sempre nuovi e sempre accattivanti per soddisfare la sua amplissima platea probabilmente fa sì da far mettere da parte la qualità di certi post e in altri casi da far cadere nella tentazione di pescare contenuti altrui, dimenticandosi di citare la fonte.

La questione è che proprio nei confronti di una platea che tra fb e ig conta quasi 300mila persone, una pagina come questa dovrebbe avere un debito morale nei confronti del suo pubblico. La regola numero 1 di chi fa divulgazione culturale è SEMPRE verificare che l’informazione che si riporta sia corretta e di conseguenza assicurarsi l’autorevolezza della fonte. A prendere immagini a caso dal web e a buttarle nel calderone sono buoni tutti, ma soprattutto quando si ha una platea così ampia bisognerebbe prendersi a maggior ragione la responsabilità di ciò che si diffonde.

Questo post non vuole essere un attacco ad Anticae Viae, ci mancherebbe. E’ piuttosto una riflessione più ampia, che invito a fare ai creator digitali di contenuti culturali: non dobbiamo inseguire il maggior numero di post, dobbiamo produrre contenuti di qualità. Il caso di oggi è una stupidaggine, i veri problemi nella comunicazione dell’archeologia sono altri. Ma questa, nel suo piccolo, è una dimostrazione della facilità con cui si veicolano info sbagliate che vengono puntualmente recepite e rilanciate nel web. Info non solo di archeologia, che se anche sbagliate non fanno danno, ma anche – che è più grave – di attualità, di cronaca, di guerra. Questo piccolo caso odierno è la dimostrazione di quanto sempre dobbiamo fare attenzione a ciò che in quanto divulgatori produciamo e in quanto fruitori leggiamo, e a ciò che contribuiamo a diffondere, in tutti i campi.

Comunque, visto che siete curiosi, questo è il mosaico originale, in tutto il suo splendore:

Ostia antica, Case a Giardino, particolare del mosaico a soggetto nilotico che decora una delle fontane, con scena erotica grottesca.

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