Recensione alla mostra “I mondi di Marco Polo” al Palazzo Ducale di Venezia

Desideravo fortemente vedere una mostra dedicata a Marco Polo, per un mio progetto personale che non ha nulla a che fare con l’archeologia. Tuttavia, ho deciso di recensire qui su questo blog la mostra “I mondi di Marco Polo, perché essendo fresca fresca di docenza ad un corso di museologia (e lo so, chi non sa fare insegna, e io manco so insegnare…) ritengo utile portare qui su questa pagina le mie riflessioni su una mostra che pur non essendo prettamente archeologica (in realtà fino a un certo punto) tuttavia fa rilevare delle questioni che sono trasversali. Proverò a mettere in fila i vari punti. Partendo da uno, il primo, il più rilevante: in mostra è vietato fare foto (e quelle che vedete qui sono le uniche disponibili sul sito dei Musei Civici di Venezia).

Benvenuto 2024.

“I mondi di Marco Polo”: vietato fare foto in mostra

Io ancora devo capire perché è vietato fare fotografie in musei e mostre. Si ruba l’anima agli oggetti? Ancora non avete capito, siore e siori, che ormai la diffusione dell’immagine è il modo per veicolare la conoscenza di musei, mostre, opere importanti? Ancora non avete capito che dovete sfruttare i vostri follower come ambassador delle vostre iniziative culturali? A che pro vietare di fotografare reperti (peraltro illuminati malissimo, ma di questo parlo tra un attimo)? Davvero pensate che siccome non posso fare fotografie acquisterò l’esoso catalogo? La risposta è no.

Il dibattito sull’uso gratuito delle immagini di beni culturali è centrale da diversi anni ormai, portato avanti da Mirco Modolo e sostenuto da Daniele Manacorda in primis. Sembrava che con lo sdoganamento dei musei sui social, almeno fosse superato il discorso dell’uso personale delle immagini, attenendosi agli articoli 106-108 del Codice 42/2004 che regola per l’appunto l’uso delle riproduzioni di beni culturali che sia per uso studio, per uso commerciale o per uso personale o ancora di divulgazione.

Senza volermi dilungare sul tema, spiace vedere che ancora ci sono Luoghi della cultura in cui è vietato fotografare le opere esposte. E per carità, ci sta che musei stranieri prestatori (parliamo di musei armeni, indiani, cinesi) possano avere una diversa legislazione in materia di beni culturali (ammetto la mia ignoranza in materia), ma non tutte le opere sono prestate da musei stranieri e alcuni oggetti, per esempio i reperti provenienti dagli scavi nella presunta casa di Marco Polo, sotto il Teatro Malibran di Venezia, potevano benissimo essere esentati da questo trattamento. Oppure le opere della Biblioteca Marciana che appartengono allo Stato e ancora alle riproduzioni di opere come l’Atlante di Fra Mauro, il cui originale giustamente non si muove dalla Marciana. Ma allora, perché nemmeno posso fotografare la copia scansionata?

Mappamondo di Fra’ Mauro – Biblioteca Nazionale Marciana. Credits: Wikipedia

E poi, come dicevo sopra, non è che se mi metto a fotografare le opere col telefonino, ottengo chissà che fotografie di cui fare uso commerciale: la luce è talmente soffusa e bassa che già si fa fatica a leggere le didascalie. Luce bassa e calda, didascalie scritte in nero su fondo oro, mentre passi tratti da Il Milione sono scritti in lettere bianche su sfondo oro, colpite da luce che costringe ad allontanarsi per porsi fuori dall’abbaglio, con buona pace di chi non legge da lontano, che deve a quel punto rinunciare.

Insomma, una fatica leggere tutte le didascalie, sia quelle su pannello che di dettaglio dei singoli reperti. Che poi pure al contenuto delle didascalie ci arriveremo…

“I mondi di Marco Polo”: il percorso espositivo

La prima sala introduce alla biografia di Marco Polo, con un focus sulla sua casa in Venezia, individuata nel sito dove oggi sorge il Teatro Malibran. Un’iscrizione, posta nel 1881 sopra l’ingresso del teatro, recita “Qui furono le case di Marco Polo che viaggiò le più lontane regioni dell’Asia e le descrisse“. Scavi archeologici in anni recenti hanno effettivamente rinvenuto elementi architettonici e di cultura materiali pertinenti a una fase di XIII secolo. In mostra qualche capitello, qualche decorazione architettonica rinvenuta al livello delle fondazione. Questi resti, pertinenti alle fondazioni, sono venuti alla luce durante lavori per l’adeguamento strutturale del teatro. La casa risulta costruita dopo il ritorno dei Polo dal viaggio; prima la famiglia abitava a San Severo, ma con le ricchezze acquisite poté comprare una proprietà a San Giovanni Crisostomo, piuttosto vicina a Rialto. Fu costruita una casa fondaco, raccolta intorno a una corte con pozzo e colonnato destinata a tutta la famiglia di cui Marco, ereditò – lo sappiamo da documenti d’archivio – la parte più cospicua.

La prima sala della mostra “I mondi di Marco Polo” credits palazzoducale.visitmuve.it

In questa prima sala, oltre agli elementi architettonici della casa di Marco Polo, l’oggetto più eclatante è il documento del testamento di Marco Polo, che si conserva su lunga pergamena, e che registra le ultime volontà del viaggiatore nell’assegnazione delle sue eredità. Mi ha ricordato un altro personaggio molto noto, del quale conosciamo atti notarili: Cristoforo Colombo, i cui documenti sono esposti al Galata Museo del Mare di Genova, mentre la presunta Casa si trova appena fuori Porta Soprana, visitabile e aperta al pubblico.

Perdonate la parentesi genovese: deformazione personale. Ritorniamo ora a Marco Polo e a Venezia. Anzi no. Fermiamoci davvero un momento a Genova. Perché è nelle prigioni genovesi che Marco Polo incontra Rustichello da Pisa. Ed è dai suoi racconti, raccolti dalla veloce penna di Rustichello, che nascerà Il Milione col titolo, inizialmente, di Devisement dou monde. In mostra infatti ricorre una serie invero numerosa di edizioni del Devisement dou monde, mentre alla parete campeggia la riproduzione del Mappamondo di Fra’ Mauro: opera magniloquente, realizzata diverso tempo dopo, tra il 1450 e il 1460, ma nella quale è stato riconosciuto l’impiego di tantissimi toponimi utilizzati da Marco Polo. Segno che, a distanza di quasi due secoli il racconto di viaggio di Marco Polo era considerato degno di fede da geografi e redattori di mappe, carte e mappamondi. E non fu solo Fra’ Mauro ad attingere al racconto di Marco Polo: la grandissima fortuna e diffusione che il Devisement dou Monde ebbe subito dopo la pubblicazione, con traduzioni in varie lingue tra cui il latino (!) fece sì che questo racconto di viaggio fosse considerato una fonte affidabile nella redazione di carte geografiche, di atlanti e di mappamondi.

Dettaglio di un’edizione del Devisement Dou Monde – credits: palazzoducale.visitmuve.it

Fin qui tutto bene. Il discorso su Marco Polo è centrato, anche se forse si poteva – data l’abbondanza di materiali bibliografici – porre l’accento ulteriormente sulla fortuna letteraria e anche su un tema, non di poco conto, che riguarda il fatto che Marco Polo raccontò a Rustichello da Pisa le sue avventure, dopodiché Rustichello le traspose in racconto. Ma Rustichello era autore anche di un Romanzo Arturiano, poco noto, ma che certo non aveva lesinato su episodi fantasiosi e soprannaturali. Questo per introdurre un tema che in mostra non viene minimamente affrontato: Marco Polo ha fatto davvero quel viaggio? E ha raccontato esattamente quello che ha visto o ha romanzato? Perché non cita minimamente la Muraglia Cinese che pure all’epoca della sua visita a Pechino esisteva? Il dibattito sulla figura di Marco Polo e sul reale svolgimento del suo viaggio sono al centro di un dibattito cui in mostra non si fa minimamente cenno. Per i curatori non vi sono dubbi sulla realtà del viaggio eccezionale compiuto da Marco Polo. E io stessa non mi sento di metterla in dubbio. Ma certo ci sono dei passaggi nel Milione che ricordano certi racconti riportati da Erodoto su popolazioni tipo i Lotofagi o simili… Consiglio invece la lettura di un capitolo di Pierre Bayard, Come parlare di luoghi senza esserci mai stati, in cui per la prima volta ho appreso di questo dubbio sulla verità dell’esperienza di Marco Polo.

La sala dedicata alla Cina della dinastia Yuan, in carica all’epoca del viaggio di Marco Polo. Credits: palazzoducale.visitmuve.it

Dopo le prime tre sale dedicate effettivamente a Marco Polo, alla produzione letteraria che deriva dalla pubblicazione e traduzione in più lingue del Devisement dou monde, poi Milione, la mostra cambia registro. Marco Polo progressivamente sparisce per lasciare spazio solo ed esclusivamente alle regioni geografiche e alle culture con le quali è venuto in contatto. Salvo il fatto in cui, spesso, i reperti esposti, ancorché poco spiegati, appartengono a epoche ben diverse al viaggio di Marco Polo, quindi totalmente avulse dal contesto e dalla narrazione. Ancora ancora nella sala dedicata all’Armenia, la narrazione, almeno a livello di pannello, parte dal viaggiatore veneziano. Ma poi andando avanti, questo rapporto si perde. Nelle sale successive si parla di Islam, di arte al tempo dei Mongoli, e quindi di Gengis Khan, presso la cui corte Marco Polo giunse (?).

I reperti esposti, da qui in avanti, mostrano uno scollamento con ciò che i pannelli raccontano (ogni tanto infatti si ricordano di Marco Polo): opere di indubbia magnifica fattura, spiegati da risicate didascalie non sempre troppo esplicative, anzi che innestano più di un dubbio. Bellissime, per esempio, le opere scelte per illustrare la sala dedicata all’India: statuette di Vishnu con le due mogli Parvati e Sarasvati, addirittura una Madonna con bambino in avorio, segno di una convivenza religiosa che però non risale al XIII secolo, quando si svolse il viaggio di Marco Polo e compagni, ma è ben successiva, appartenente a un’epoca in cui l’Occidente si era espanso in Asia volendo imporre anche la propria religione.

In tutta questa serie di sale abbiamo perso di vista il nostro eroe, Marco Polo, sia nella narrazione sulla pannellistica – che diventa ora didascalica, a descrivere culture materiali e situazioni politico/religiose nella regione centroasiatica, in particolare India e Cina – che nei reperti effettivamente esposti. Con la sola eccezione di quella “coppa di Marco Polo” nella sezione mongola, ma di cui in effetti non ci viene detto molto di più: perché si chiama così? Ci ha bevuto Marco Polo? é un prodotto di origine o provenienza veneziana? Dalla sparuta didascalia in nero su fondo oro non è dato sapere di più.

La sala finale, destinata alla fortuna di Marco Polo. Credits: palazzoducale.visitmuve.it

Recuperiamo la figura di Marco Polo nell’ultima sala, destinata alla sua fortuna tra la fine del Settecento e la prima metà del Novecento. Tra dipinti, manifesti pubblicitari di una marca di té tedesca, edizioni recenti de Il Milione, forse gli viene resa giustizia. Soprattutto quest’anno, in cui ricorrono i 700 anni dalla morte (1324), forse avrei speso qualcosa in più, qualche approfondimento, qualche narrazione diversa.

Info pratiche: comprare il biglietto a Palazzo Ducale Venezia

Scriverò quanto segue senza essere empatica, ma anzi essendo il più fredda e rigida possibile.

Per accedere alla mostra “I mondi di Marco Polo” occorre fare il biglietto cumulativo per il Palazzo Ducale e il Museo Correr alla modica cifra di 30 €. In più, se vuoi visitare la mostra, non dare per scontato che essa sia compresa nel prezzo del biglietto: se la vuoi visitare infatti avrai un sovrapprezzo di 2 € (a meno che tu non abbia la tessera ICOM, nel qual caso entri gratis al Palazzo Ducale, ma devi pagare prezzo intero a parte la mostra (9 €). Il bello, in tutto questo, è che il prezzo d’accesso al Palazzo Ducale non è specificato da nessuna parte in biglietteria. 30€ oggettivamente fanno paura in una persona, anzi famiglia, che oggi visita il Ducale e domani potrebbe visitare il Correr (con cui fa sistema il biglietto integrato). E se oltre ai 30 mettiamo il sovrapprezzo della mostra… beh, forse stiamo andando un po’ fuori scala, che dite?

Dicevo, in biglietteria al Ducale non c’è una sola indicazione dei prezzi dei biglietti. La sorpresa arriva quando si è in cassa, e si rischia di fare gli spilorci davanti a 30 € di spesa a capoccia. E poi, c’è il rischio – sperimentato sulla mia pelle – di dare per scontato da parte del visitatore che la mostra sia compresa nel prezzo del già esoso biglietto, visto che, nuovamente, non è scritto da nessuna parte, in biglietteria, che la mostra ha un biglietto a sé. Né il personale in biglietteria ce lo fa notare. Solo all’ingresso in mostra, al primo piano, ci viene segnalato, e solo al primo piano, all’ingresso in mostra, in effetti tale indicazione è data.

Ho attinto alle uniche foto ufficiali pubblicate dal sito ufficiale della mostra. Credits: palazzoducale.visitmuve.it

“I mondi di Marco Polo”: concludendo

L’avrete capito: mi aspettavo qualcosa di più. Mi aspettavo che, regione dopo regione del suo viaggio, mi illustrasse qualche sito, qualche rovina delle città da lui toccate nel suo viaggio: tra l’altro il tema sarebbe storiograficamente interessante. Tornando al focus di questa recensione: Marco Polo c’è ma si vede poco, nelle prime due sale e nell’ultima, in cui si celebra la sua fortuna tra la fine del Settecento e l’inizio del Novecento.

Nel mezzo c’è un viaggio lunghissimo, un’esperienza pazzesca che conosciamo solo attraverso la mediazione di Rustichello da Pisa.

Mi aspettavo contenuti più centrati sull’uomo Marco Polo e un apparato critico che non fosse semplicemente didascalico, ma che introducesse – o sviluppasse meglio – temi storiografici di una certa rilevanza a partire da chiedersi quanto c’è di vero, quanto di falso, quanto di inventato di sana pianta da Rustichello da Pisa che, avendo intuito il potenziale, magari volle infarcire il racconto con qualche trovata fantasiosa.

Dal punto di vista dell’allestimento, la luce bassa non aiuta la lettura delle didascalie nere su fondo oro. Un problema non indifferente, che stanca nella lettura.

Infine, va detto, alcuni oggetti in mostra sono pazzeschi: il testamento autografo di Marco Polo fa venire i brividi, perché appare in maniera lampante, davanti a noi, l’uomo Marco Polo che, dopo aver intensamente vissuto fa le cose che fanno tutti i cristiani: redige testamento per ripartire le sue proprietà tra gli eredi. Anche alcune mappe e alcuni manoscritti del Devisement dou monde con le loro illustrazioni sono magnifici. E, certamente, molti reperti dall’Armenia, dall’India, dalla Mongolia e dalla Cina sono notevoli. Mi sarebbe piaciuto mostrarvi qualche esempio, ma a causa del divieto di fare fotografie non ve ne posso mostrare. Peccato, ribadisco.

4 risposte a “Recensione alla mostra “I mondi di Marco Polo” al Palazzo Ducale di Venezia”

  1. […] Nel 2024 si celebrano i 700 anni dalla morte di Marco Polo (1324) e proprio ora è in corso al Palazzo Ducale di Venezia la mostra “I mondi di Marco Polo”. Una mostra s… e sulla quale non mi dilungo qui. Qui mi piace invece andare a scovare la casa di Marco Polo, o […]

    "Mi piace"

  2. Avatar CRISTINA CORTESE
    CRISTINA CORTESE

    molto interessante e ricca

    "Mi piace"

  3. Buongiorno, interessante la sua recensione! Però per quanto riguarda il costo del biglietto della mostra vedo che sul sito l’importo è di € 13 (biglietto intero, solo mostra, con selezione di giorno e orario).

    Saluti, Laura.

    "Mi piace"

  4. Buongiorno, grazie per l’articolo. Anche io non sono rimasta soddisfatta della mostra, didascalie scarne e rare spiegazioni sui singoli pezzi esposti né era chiara la loro connessione con Marco Polo, a parte la provenienza geografica (ma non necessariamente la stessa epoca, dunque qual è il legame?). Per esempio per il Libro di Rashid al-Din Hamadani non era spiegata l’importanza, c’era un QR code per gli approfondimenti sul sito web dell’università di Edinburgh, peccato che il mio cellulare non avesse Internet in quelle sale e ho potuto leggere la spiegazione solo una volta uscita, dunque perché non mettere uno schermo touch in cui poterlo sfogliare e relative spiegazioni? Non credo ci fosse un problema di budget dato che l’allestimento è molto curato nel design e nei materiali. Significativo che per il manifesto sia stata scelta un’opera tessile del 1951, come a dire che non c’era un’opera antica abbastanza di richiamo per il grande pubblico. Ho trovato esagerata la vetrina in ultima sala con una pila disordinata di libri moderni su Marco Polo provenienti dalle biblioteche veneziane, dunque per sei mesi si è sottratta all’utenza la possibilità di consultare o prendere in prestito quei volumi – sarebbe stato sufficiente un pannello con la lista bibliografica. Mi è parso insomma che la mostra non possa reggere il confronto con le collezioni permanenti di Palazzo Ducale e del Correr, né con le mostre temporanee che si possono visitare al Palazzo Reale di Milano o alle Scuderie del Quirinale.

    "Mi piace"

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.

Search

canale-telegram-generazione-di-archeologi-logo